Si segnala la sentenza del 26 gennaio 2022 nella quale la Corte d'Appello di Roma ha comminato all'appellante una pena pecuniaria per aver fatto istanza di sospensione della esecuzione della sentenza di primo grado manifestamente infondata.
Mercoledi 16 Febbraio 2022 |
Il caso: Tizio chiedeva ex art. 283 c.p.c. al Collegio la sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza emessa dal Tribunale di Roma che aveva revocato il decreto ingiuntivo e confermato l'ordinanza di ingiunzione ex art. 186 ter c.p.c.
La Corte d'Appello, nel rigettare l'istanza di sospensione, chiarisce la portata e i presupposti di applicabilità della norma in esame:
a) la sospensione richiesta costituisce un'eccezione ai principi, desumibili dall'art. 282 c.p.c., secondo cui il giudizio di primo grado deve esaurire qualsiasi questione proponibile fra le parti e l'impugnazione dev'essere finalizzata non già principalmente ad ottenere l'inibitoria, ma alla correzione dei vizi denunciati sulla base di una concreta possibilità di riforma della sentenza impugnata;
b) la nuova formulazione della norma non solo restringe il campo di operatività dell'inibitoria al caso che l'esito dell'impugnazione appaia senza meno in via prognostica favorevole all'istante, ma richiede altresì che il pregiudizio - che non può esaurirsi nella mera fisiologica produzione degli effetti propri dell'esecuzione della sentenza impugnata - non sia soltanto allegato, ma altresì comprovato;
c) l'appellante, nel caso in esame, ha sostanzialmente omesso di formulare reali ed oggettive considerazioni in ordine alla sussistenza del periculum con la conseguenza che l'istanza - considerato che il requisito del fumus è tutt'altro che palese - deve ritenersi infondata.
d) si deve quindi applicare l'ultimo comma dell'articolo 283 c.p.c. (inserito dall'art. 27 della L. 12 novembre 2011, n. 183) secondo cui "se l'istanza prevista dal comma che precede è inammissibile o manifestamente infondata il giudice, con ordinanza non impugnabile, può condannare la parte che l'ha proposta ad una pena pecuniaria non inferiore ad euro 250 e non superiore ad euro 10.000..."
e) è da ritenersi conforme ad equità la pena pecuniaria nell'importo di euro 500,00, tenuto conto del rilievo economico della controversia, della evidente insussistenza dei presupposti di legge per l'accoglimento dell'istanza, del tempo occorso al collegio (elemento rilevante, dato il carattere sanzionatorio della disposizione) per scrutinare la vicenda, del numero e della quantità degli atti esaminati e delle parti e del tempo così sottratto alla decisione di istanze invece ammissibili.
Corte Appello Roma sentenza 26 gennaio 2022