L’emergenza sanitaria che sta colpendo il nostro Paese in questi giorni e i conseguenti provvedimenti adottati dal Governo, portano con sé alcune ormai note problematiche in tema diritto di famiglia. Come si concilia il diritto di visita del genitore non collocatario con i provvedimenti che limitano la libertà di spostamento degli individui nell’interesse della salute pubblica?
Giovedi 26 Marzo 2020 |
A tale domanda ha puntualmente dato risposta il Tribunale di Milano, Sez. IX civile, con decreto dell’11 marzo 2020.
Ebbene, il Tribunale di Milano ha ritenuto che non vi fosse ragione per modificare le condizioni di affido e collocamento dei minori, così come regolate dal verbale di separazione consensuale e successivamente integrate dall’accordo intervenuto tra le parti.
Da un lato infatti, le previsioni di cui all’art. 1, comma 1, lettera a), del DPCM 8 marzo 2020, consentendo gli spostamenti finalizzati ai rientri presso la “residenza o il domicilio”, non sarebbero preclusive dell’attuazione di affido e collocamento dei minori, dall’altro, le “FAQ” diramate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri prevedono espressamente che “gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti, in ogni caso secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio”.
Ma una tale interpretazione, basata da un lato sul DPCM 8 marzo 2020, superato dal DPCM 22 marzo 2020, dall’altra sulle “FAQ” diramate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, allo stato in fase di aggiornamento, può ancora ritenersi valida?
Il DPCM 22 marzo 2020 ha infatti previsto, all’art. 1, comma 1, lettera b) che “è fatto divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute; conseguentemente all’articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 le parole “E’ consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza” sono soppresse”.
Uno degli elementi che avevano fondato la decisione del Tribunale di Milano, id est la possibilità di rientrare presso la propria residenza o domicilio, è dunque venuto meno.
Ma vi è di più.
Mentre infatti, nel vigore del DPCM 8 marzo 2020, erano consentiti gli spostamenti motivati da “situazioni di necessità”, oltre che da comprovate esigenze lavorative e motivi di salute, il DPCM 22 marzo 2020 ha previsto che gli unici spostamenti consentiti siano quelli giustificati da esigenze lavorative comprovate, “di assoluta urgenza”, ovvero per motivi di salute, limitando l’operatività della deroga precedentemente prevista.
Dunque, fermo restando il diritto di visita del genitore non collocatario e più in generale il diritto alla frequentazione del minore e al mantenimento e allo sviluppo del rapporto genitore – figlio, questi devono evidentemente bilanciarsi con il diritto alla salute e alla vita, tutelato oggi anche da disposizioni straordinarie che incidono su diritti fondamentali.
Nell’attesa che le “FAQ” già richiamate vengano aggiornate alla luce delle nuove disposizioni, s’impone un’interpretazione che tenga conto della ratio delle misure adottate, che è certamente quella di evitare ogni spostamento non assolutamente urgente all’interno del territorio nazionale, al fine di evitare la proliferazione del contagio.
Che il diritto di visita possa cedere di fronte ad una tale situazione di emergenza è stato confermato anche dal provvedimento del 20 marzo 2020 del Presidente della I Sezione civile del Tribunale di Bologna con il quale ha autorizzato i servizi sociali territoriali a sospendere gli incontri protetti nel periodo di vigenza delle limitazioni agli spostamenti per l’emergenza Covid-19 nel territorio del circondario di Bologna, invitando le parti interessate a mantenere forme di rapporto telefonico o telematico con i figli.
Non può poi essere trascurata la posizione di coloro i quali si trovano in situazioni di crisi familiare “di fatto”, in cui uno dei genitori ha già lasciato la casa familiare, trasferendosi, formalmente o informalmente, altrove, magari in altro Comune.
La parti, assistite o meno dal proprio legale, in tali circostanze regolano temporaneamente in via autonoma la frequentazione dei minori, non essendoci alcun provvedimento del giudice che abbia formalizzato tali modalità di visita.
Se da un lato il principio di parità di trattamento imporrebbe l’applicazione delle – eventuali – deroghe ai divieti di spostamento previste per coloro per i quali i procedimenti di separazione o divorzio sono pendenti o definiti, dall’altro, vista la mancanza di un provvedimento del giudice da esibire alle autorità, ne rende certamente più difficile l’attuazione.
Ferma restando la necessità di valutare, allo stato, le circostanze concrete che coinvolgono le famiglie interessate, pensiamo ad esempio a fattori come la distanza o la presenza di persone anziane all’interno del nucleo familiare, non dobbiamo dimenticare che il faro che deve guidare ogni scelta non può che essere quello del best interest of the child.
Tale principio non può e non deve cedere il passo a comportamenti ed atteggiamenti “egoistici” da parte dei genitori, volti ad acuire pregressi contrasti tra coniugi piuttosto che ad esercitare la propria responsabilità genitoriale tenendo conto della situazione -temporanea - d’emergenza che stiamo vivendo e del sacrificio che tale contingenza impone.