Con l'ordinanza n. 30394 del 2 novembre 2023 la Corte di Cassazione ribadisce i principi in tema di responsabilità per cose in custodia e rilevanza della condotta del danneggiato idonea ad escludere il nesso causale.
Venerdi 3 Novembre 2023 |
Il caso: Tizio conveniva in giudizio davanti al Tribunale il Comune, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni dal medesimo patiti a seguito di una caduta avvenuta di sera, alle ore 19 circa, in un viale dell’abitato cittadino, causata (a suo dire) dal dissesto del marciapiede (per mancanza di mattonelle), non visibile né segnalato, in punto ove peraltro risultavano posizionati due tombini, talché si presentava insidioso per qualunque utente.
Il Comune si costituiva contestando la domanda nell’an e nel quantum: osservava che una condotta prudente dell’attore avrebbe consentito di evitare la caduta; escludeva che le condizioni dei luoghi configurassero un’insidia e deduceva l’insussistenza del nesso causale tra la res e le lesioni, richiamando comunque la previsione di cui all’art. 1227 primo comma.
Il Tribunale rigettava la domanda attorea; Tizio proponeva appello avanti alla Corte Distrettuale, che respingeva l'impugnazione, confermando integralmente la sentenza di primo grado.
Tizio ricorre in Cassazione, che, nel rigettare il ricorso, ribadisce i principi già espressi in precedenti decisione:
a) in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione - anche ufficiosa - dell’art. 1227, comma 1, c.c., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost.;
b) pertanto, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro;
c) la Corte di merito, nel caso in esame, si è attenuta a tali principi,evidenziando che:
- l’incidente era avvenuto in pieno centro cittadino, in luogo dove era presente illuminazione pubblica che garantiva la visibilità dei luoghi;
- dalle acquisite fotografie raffiguranti il dissesto era risultato che l’assenza di mattonelle fosse di estensione tale da essere agevolmente visibile a chiunque e, da chiunque, facilmente apprezzabile;
- tale “evidenza” dell’anomalia, percepibile ad occhio nudo (tanto era vero che era stata notata sia dal testimone presente al fatto che dalle due testimoni successivamente intervenute), non poteva essere trascurata da alcuno e quindi neppure da Tizio, non essendo risultato dall’espletata istruttoria che il dislivello, non segnalato, fosse occultato dalla presenza di ingombri o ostacoli specifici.