Con l'ordinanza n. 26873/2022 la Corte di Cassazione si occupa nuovamente dei profili di responsabilità nell'ipotesi in cui in un sinistro stradale sia rimasto coinvolto un pedone.
Giovedi 15 Settembre 2022 |
Il caso: Tizio conveniva in giudizio la società Alfa Assicurazioni S.p.a. e Mevia rispettivamente assicuratrice per la "RCA" e proprietaria dell' autovettura per sentirle condannare al risarcimento del danno per le lesioni subite nel sinistro stradale nel quale era rimasto coinvolto: in particolare Mevia alla guida della propria autovettura aveva investito Tizio mentre questi si trovava a camminare a piedi in una strada extraurbana in orario notturno.
Sia il tribunale che la Corte d'Appello rigettavano la domanda risarcitoria.
Tizio ricorre in Cassazione, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 2054, 1227, 2697, comma 1, cod. civ., degli artt. 140 e 141 cod. strada, nonché degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., "con riferimento alla selezione e alla valutazione delle prove nella ricostruzione dei fatti".
La Cassazione, nel rigettare il ricorso, osserva quanto segue:
a) la presunzione di colpa del conducente di un veicolo investitore, prevista dall'art. 2054, comma 1, cod. civ., non opera in contrasto con il principio della responsabilità per fatto illecito, fondata sul rapporto di causalità fra evento dannoso e condotta umana, e, dunque, non preclude, anche nel caso in cui il conducente non abbia fornito la prova idonea a vincere la presunzione, l'indagine sull'imprudenza e pericolosità della condotta del pedone investito, che va apprezzata ai fini del concorso di colpa, ai sensi dell' art. 1227, comma 1, cod. civ., ed integra un giudizio di fatto che, come tale, si sottrae al sindacato di legittimità se sorretto da adeguata motivazione;
b) nella specie, la sentenza impugnata - nel valorizzare la presenza del pedone, in orario notturno e in assenza di illuminazione, su strada extraurbana, in violazione dell'art. 175 cod. strada - non pare esibire profili di manifesta illogicità o irriducibile contraddittorietà, tanto che le ulteriori censure del ricorrente si sostanziano in un non consentito tentativo di mettere in discussione il giudizio di fatto operato dal giudice di merito, mettendo in dubbio proprio le circostanze sopra riferite;
c) peraltro, il principio secondo cui l'eventuale “cattivo esercizio” del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell'art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ.