Il provvedimento di revoca della casa familiare non può costituire un effetto automatico dell’esercizio paritetico del diritto di visita o del cd. “collocamento paritetico”.
In tal senso si è espressa la Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 5738 del 24 febbraio 2023.
Il caso: La Corte d’Appello di Venezia, in relazione all’affidamento della figlia minore Lucilla nata fuori dal matrimonio, e decidendo sul reclamo proposto dalla madre, Mevia, confermava la pronuncia di primo grado che aveva stabilito l’affido condiviso, il diritto di visita paritetico ad entrambi i genitori, la revoca dell’assegnazione della casa familiare alla madre, la revoca dell’assegno di mantenimento per la minore a carico del padre, la fissazione della residenza formale della minore presso la casa familiare.
Mevia ricorre in Cassazione, censurando la sentenza impugnata laddove non ha considerato l’esigenza della minore di conservare il proprio habitat presso la casa familiare la cui assegnazione è stata revocata senza una determinazione successiva e senza tenere conto che la minore, ancora in tenera età (prescolare al tempo del giudizio di appello), è cresciuta con la madre presso l’abitazione familiare.
Per la Suprema Corte la censura è fondata; sul punto osserva quanto segue:
a) il provvedimento di revoca della casa familiare non può costituire, come nella specie, un effetto automatico dell’esercizio paritetico del diritto di visita o del cd. “collocamento paritetico”; la valutazione che il giudice del merito deve svolgere non può limitarsi alla buona relazione del minore con entrambi i genitori ma deve avere ad oggetto una giustificazione puntuale, eziologicamente riconducibile esclusivamente alla realizzazione di un maggiore benessere del minore da ricondursi al mutamento del regime giuridico dell’assegnazione della casa familiare;
b) deve essere evidenziato come questo rilevante mutamento nella esperienza quotidiana di vita del minore, possa produrre, con giudizio prognostico da svolgersi con particolare rigore ove riferito ad un minore, che per la sua tenera età, non può essere ascoltato, un miglioramento concreto per lo stesso o sia finalizzato a scongiurare un pregiudizio per il suo sviluppo prodotto dal diverso regime di assegnazione anteatto;
c) in questo quadro l’assegnazione della casa familiare ha, come affermato costantemente ed univocamente dalla giurisprudenza di legittimità (Cass.33610 del 2021) l’esclusiva funzione di non modificare l’habitat domestico e il contesto relazionale e sociale all’interno del quale il minore ha vissuto prima dell’inasprirsi del conflitto familiare.