Con l'ordinanza n. 33606/2021 la Corte di Cassazione si pronuncia in merito alla opportunità che il giudice rivaluti il contributo al mantenimento della prole da parte del padre qualora la casa coniugale venga assegata all'altro coniuge, collocataria dei figli.
Martedi 23 Novembre 2021 |
Il caso: Il Tribunale, all'esito della CTU, disponeva l'affidamento congiunto dei figli ad entrambi i genitori, con collocamento paritario e alternato, revocava l'assegnazione della casa familiare alla madre, incaricava i servizi sociali di compiti di vigilanza, monitoraggio e sostegno, rimetteva a liberi accordi tra i due la disciplina degli incontri fra il padre e il figlio sedicenne, regolava i contatti fra il padre e il figlio minore, ed infine fissava in Euro 300,00 mensili il contributo paterno, oltre al 50% delle spese straordinarie.
La Corte d'appello, adita dall' ex moglie, accoglieva il gravame, disponendo il collocamento prevalente dei minori presso la casa coniugale, assegnata alla madre; le spese processuali venivano compensate al 50% e per il resto poste a carico del padre, sig. T.
T. ricorre in Cassazione, deducendo, come secondo motivo, la violazione o falsa applicazione di legge in relazione all'articolo 2697 c.c., agli articoli 147, 148 e 316 bis c.c., articolo 337 ter c.c., comma 4, articolo 337 sexies c.c., e articoli 115 e 116 c.p.c., con riferimento all'entita' del contributo al mantenimento della prole; per il ricorrente la Corte d'Appello aveva errato per i seguenti motivi:
a) il Collegio aveva mancato di attribuire all'assegnazione della casa familiare il congruo valore economico corrispondente all'affitto di un alloggio di pari tipologia;
b) poiche' i redditi della signora erano superiori a quelli del sig. T. e i figli trascorrevano periodi uguali con l'uno e con l'altro, con la conseguente contribuzione diretta del mantenimento da parte dei genitori e poiche' la casa familiare era stata assegnata alla madre, non si giustificava la contribuzione messa a carico del padre nella misura di Euro 300,00 mensili.
Per la Corte il motivo è fondato; sul punto osserva che:
- l'assegnazione della casa familiare e' provvedimento distinto da quelli strettamente economici ed viene disposta in considerazione delle esigenze della prole; tuttavia e' innegabile che essa possieda anche precisi risvolti di carattere economico, laddove incide sulla disponibilita' di un cespite suscettibile di essere utilizzato direttamente, con risparmio di risorse, o di generare un reddito attraverso atti di disposizione negoziale;
- tali risvolti erano piu' che sufficienti, almeno potenzialmente, a giustificare la revisione dell'assegno, da parte del giudice di appello, o almeno dovevano essere specificamente valutati in tale prospettiva, anche in difetto di specifico gravame;
- sussiste quindi, la denunciata violazione dell'articolo 337 sexies c.c., che prevede che dell'assegnazione della casa familiare "il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l'eventuale titolo di proprieta'";
- l'assegnazione della casa familiare, oltre un capo di sentenza a se', costituisce anche parte del capo relativo alle disposizioni di carattere economico, o comunque che i due capi sono cosi' strettamente connessi che la modifica dell'uno, se non implica necessariamente che sia modificato anche l'altro, ne richiede quantomeno una specifica e puntuale riconsiderazione, anche d'ufficio.
- a tale principio la Corte di appello non si e' attenuta e la sentenza deve percio' essere cassata sul punto.