L'avvocato che accetta l'incarico sapendo dell’impossibilità del cliente di far fronte alle spese del giudizio non può essere obbligato ad anticipare le spese del contributo unificato in luogo del cliente.
In tal senso ha deciso il Consiglio nazionale Forense con la sentenza n. 410/2024, pubblicata sul sito del Codice deontologico in data 16 giugno 2025.
Lunedi 23 Giugno 2025 |
Il caso: L’Avv. Tizio del Foro di Catania veniva sottoposto a procedimento disciplinare dal Consiglio Distrettuale di Disciplina di Catania per rispondere dei fatti di cui al seguente capo di incolpazione: “Violazione degli artt. 9 e 37 C.D.F. per avere omesso, al momento della iscrizione delle cause a ruolo, di versare il contributo unificato in relazione a 126 (centoventisei) cause da celebrarsi innanzi al Tribunale di Catania, IV Sezione Civile. In Catania dal 01 07 2014 al 26 10 2017.”
Il procedimento disciplinare traeva origine da una segnalazione con cui il Presidente della IV Sezione Civile del Tribunale di Catania segnalava il mancato pagamento del contributo unificato in relazione a n. 126 (centoventisei) cause iscritte a ruolo dall’Avv. Tizio, il quale nelle proprie deduzioni difensive evidenziava che:
- la ragione del mancato versamento del contributo unificato nelle n. 126 cause in questione era dovuta al fatto che i clienti interessati non avevano né il diritto al patrocinio a spese dello Stato (perché il loro reddito sforava di qualche centinaia di euro l’anno la soglia massima per averne diritto), né, tuttavia, la disponibilità economica per sostenere le non indifferenti somme dovute per il versamento del suddetto contributo;
- la materia di cui trattavano le n. 126 cause era sempre la stessa: cause di anatocismo e usura contro banche e finanziarie, in presenza di esposizioni debitorie derivanti da mutui e finanziamenti contratti negli anni, che poi i clienti dell’Avv.Tizio non erano riusciti a pagare;
- i clienti, pur di tutelarsi preventivamente dall’azione delle banche e così evitare di perdere la casa o vedersi pignorato lo stipendio o la pensione senza che venisse prima accertato l’eventuale abuso bancario, preferivano agire giudizialmente a debito verso lo Stato, consapevoli che questo avrebbe comportato una sanzione pari quasi al doppio dell’importo del contributo unificato.
Il CDD di Catania dichiarava l'Avv. Tizio responsabile delle violazioni allo stesso ascritte e disponeva farsi luogo al provvedimento disciplinare della censura, sulla base delle seguenti considerazioni:
- l’art. 13 della Legge n. 247/2012, laddove dispone che all’avvocato è dovuto, oltre al compenso, anche il rimborso delle spese sostenute dallo stesso e di tutti gli oneri e contributi eventualmente anticipati nell’interesse del proprio cliente, prevede la facoltà del difensore, che non rinunci sin dall’inizio al mandato, di anticipare le spese nell’interesse del proprio assistito e, quindi, di assumere un aggravio economico, sia al fine di tutelare gli interessi economici dell’assistito stesso, sia perché, deontologicamente, ciò risponde all’affidamento riposto nella professione forense;
- il professionista che accetta l’incarico sapendo dell’impossibilità del cliente di far fronte alle spese del giudizio e non lo tutela anticipandogli le spese, viola i doveri di lealtà e correttezza e lede l’immagine della professione anche nei confronti dei colleghi che fanno versare e/o versano il contributo unificato, il tutto aggravato dall’avere preteso e ottenuto dai clienti un importo, sia pure modesto, a titolo di onorario;
- peraltro, l’elevato numero dei procedimenti per i quali l’incolpato ha richiesto ai propri clienti solo un modesto onorario, ha presumibilmente consentito all’incolpato stesso di acquisire una vasta clientela, suggestionata dalla prospettiva di non versare alcun importo per le spese introduttive del giudizio, in violazione dell’art. 37 del C.D.F. per i metodi non conformi a correttezza e decoro.
L'Avv. Tizio propone impugnazione dinanzi al Consiglio Nazionale Forense, il quale, disattendendo quanto affermato dal CDD di Catania, accoglie il ricorso e annulla la decsione impugnata, argomentando come segue:
a) l’art. 13 della Legge n. 247/2012 non può in alcun modo essere interpretato nel senso di imporre ad un avvocato l’obbligo di dover anticipare le spese per il cliente, né tanto meno nel senso di imporre ad un avvocato l’obbligo di dover anticipare di tasca propria le spese per il versamento del contributo unificato: la norma citata si limita, infatti, a prevedere il diritto dell’avvocato a richiedere, oltre al compenso dovutogli, il rimborso delle spese effettivamente sostenute e di tutti gli oneri e contributi da lui eventualmente anticipati nell’interesse del cliente, ma non gli impone assolutamente l’obbligo di provvedere alla relativa anticipazione;
b) la legge (art. 14, comma 1, e art. 248 del D.P.R. n. 115/2002) pone l’obbligo del versamento del contributo unificato esclusivamente a carico della parte che instaura il giudizio (e, quindi, a carico della parte assistita e difesa dall’avvocato, ovverosia del cliente), individuando poi solo nella parte stessa la destinataria della procedura di riscossione nel caso di mancato pagamento, senza prevedere alcuna solidarietà in capo all’avvocato per il relativo onere;
c) in un simile contesto, non si può ritenere che l’avvocato possa incorrere in una responsabilità disciplinare per il fatto di avere promosso e/o iscritto a ruolo una causa o più cause (a prescindere dal loro numero) in difetto del pagamento del contributo unificato, trattandosi appunto di un’infrazione riferibile solo al cliente e/o ai clienti;
d) al contrario, l’avvocato incorrerebbe in una responsabilità disciplinare se, per il fatto che non è stato pagato (dal cliente) il contributo unificato, egli non promuova una causa o non provveda alla sua iscrizione a ruolo, atteso che, così facendo, l’avvocato violerebbe le disposizioni del Codice Deontologico Forense (nonché del Codice Civile), che gli impongono di dare esecuzione al mandato ricevuto;
e) analogamente, l’avvocato, che si rifiuti di promuovere una o più cause, perché il cliente e/o i clienti non sono in grado di provvedere al pagamento del contributo unificato, verrebbe meno alla funzione sociale della professione forense e violerebbe, egli per primo, il precetto costituzionale secondo cui la difesa è un diritto inviolabile;
f) pertanto, il mero fatto che un avvocato abbia iscritto a ruolo, senza il pagamento del contributo unificato,126 cause civili, che rappresentano circa il 10% delle cause da lui iscritte a ruolo nello stesso periodo, in difetto di contestazione (e di prova) circa una mancata informativa ai clienti sulle conseguenze di tale omissione contributiva e in difetto di contestazione (e di prova) circa un’attività dell’avvocato diretta a pubblicizzare la cosa per conseguire il rilascio dei mandati da parte dei clienti, non costituisce illecito disciplinare e, in particolare, contrariamente a quanto ritenuto dal CDD di Catania, non costituisce violazione degli articoli 9 e 37 del Codice Deontologico Forense.