Secondo quanto disposto dall’art. 390 del Codice di procedura civile, nel caso di ricorso per cassazione la parte può rinunciare al ricorso principale o incidentale finché non sia cominciata la relazione all'udienza, o sino alla data dell'adunanza camerale.
Martedi 31 Dicembre 2024 |
Alla rinuncia del ricorso per cassazione non si applica quanto previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del Dpr 115/2002, nel testo introdotto dall'articolo 1, comma 17, della legge 228/2012, che pone a carico del ricorrente rimasto soccombente l’obbligo di versare un ulteriore contributo unificato.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 32622/2024, pubblicata il 15 dicembre 2024.
IL CASO: La vicenda riguarda il ricorso promosso avverso una sentenza emessa dalla Corte di Appello che aveva confermato integralmente la decisione del Tribunale di rigetto della domanda di accertamento della nullità di un testamento per “inesistenza in capo al testatore dei beni lasciati in eredità” e di divisione dei beni e in subordine, in caso di ritenuta validità del testamento, di accertamento della lesione delle loro quote di legittima.
Successivamente al deposito del ricorso, i ricorrenti notificavano ai controricorrenti la rinuncia al gravame, che veniva accettata da questi ultimi.
LA DECISIONE: In virtù della rinuncia al ricorso, la Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 391 cod. proc. civ., senza pronunciarsi sulle spese.
Nel decidere, gli Ermellini, hanno escluso l’applicazione dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, osservando che, come affermato in altri arresti giurisprudenziali di legittimità, la norma “che pone a carico del ricorrente rimasto soccombente l'obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non trova applicazione in caso di rinuncia al ricorso per cassazione in quanto tale misura si applica ai soli casi - tipici - del rigetto dell'impugnazione o della sua declaratoria d'inammissibilità o improcedibilità e, trattandosi di misura eccezionale, "lato sensu" sanzionatoria, è di stretta interpretazione e non suscettibile, pertanto, di interpretazione estensiva o analogica” (cfr., ad es Cass. 12 novembre 2015, n. 23175 e Cass. 5 dicembre 2023, n. 34025).