Con l’ordinanza n. 2308/2021, pubblicata il 2 febbraio 2021, la Corte di Cassazione si è pronunciata sul termine entro il quale può essere depositata, a pena di inammissibilità, l’istanza di ammissione al passivo di una società fallita per i crediti sorti nel corso di una procedura fallimentare, affermando che il limite è quello di un anno decorrente dal momento in cui si verifichino le condizioni di partecipazione al passivo fallimentare oppure dalla maturazione del credito.
IL CASO: Una compagnia di assicurazione depositava domanda di ammissione al passivo nel fallimento di un società chiedendo il riconoscimento del proprio credito, derivante da una polizza fideiussoria che era stata escussa dall’Agenzia delle Entrate. Il credito era sorto nel corso della procedura fallimentare.
L’istanza era stata depositata a distanza di quattro anni e mezzo dall’insorgenza del credito.
La domanda veniva rigettata dal Giudice delegato che la dichiarava inammissibile, osservando che la mancata comunicazione da parte del curatore alla compagnia di assicurazione dell’avviso ex art. 92 della legge fallimentare, non integrava, di per sé, una causa non imputabile del ritardo ai sensi dell’art. 101, ultimo comma, della citata legge fallimentare.
Avverso il decreto di rigetto del giudice delegato, la compagnia di assicurazione proponeva opposizione allo stato passivo, che veniva rigettata.
Pertanto, la questione giungeva all’esame della Corte di Cassazione chiamata a pronunciarsi sul ricorso proposto dall’assicurazione la quale deduceva la violazione e la falsa applicazione dell’art. 101, comma 4, l.f. nonché del principio giurisprudenziale secondo cui all’insinuazione dei crediti sorti dopo la dichiarazione di fallimento non dovrebbe applicarsi nessun termine decadenziale.
LA DECISIONE: Il motivo del ricorso è stato ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione la quale nel rigettarlo ha ribadito i seguenti principi giurisprudenziali:
l’insinuazione al passivo dei crediti sorti nel corso della procedura fallimentare non è soggetta al termine di decadenza previsto dall'art. 101 L. Fall., comma 1 e 4 (Cass. 16218/2015, 20310/2018, 1391/2019, 13461/2019, 18544/2019, 28799/2019);
non è possibile, in questi casi, ritenere che i crediti così sorti rimangano privi di un adeguato spazio temporale per la presentazione dell'insinuazione, non costituendo a ciò rimedio adeguato (Cass. 16218/ 2015) l'opinione secondo cui, "costituendo il carattere sopravvenuto del credito stesso ragione di non imputabilità del ritardo dell'insinuazione, quest'ultima sarebbe comunque ammissibile ai sensi dell'art. 101 L. Fall., u.c."
“tale insinuazione incontra comunque un limite temporale, da individuarsi - in coerenza e armonia con l'intero sistema di insinuazione che è attualmente in essere e sulla scorta dei principi costituzionali di parità di trattamento di cui all'art. 3 Cost. e del diritto di azione in giudizio di cui all'art. 24 Cost. - nel termine di 1 anno, espressivo dell'attuale sistema in materia", decorrente "dal momento in cui si verificano le condizioni di partecipazione al passivo fallimentare" (Cass. 3872/2020), o "dalla maturazione del credito" (Cass. 18544/2019).
Nel caso di specie, hanno concluso gli Ermellini, la conferma della sentenza impugnata deriva dal fatto che la domanda di ammissione al passivo era stata proposta dopo quattro anni e mezzo dal momento in cui era sorto il credito “postfallimentare” e da quanto era stato accertato dal giudice di merito, il ricorrente non aveva nemmeno allegato (anche in sede di legittimità) le ragioni del ritardo della presentazione della domanda, ai sensi dell’art. 101, ultimo comma della legge fallimentare, secondo il quale le domande tardive sono ammissibili se l'istante prova che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile.