Fallimento: istanza di ammissione al passivo “ultratardiva” e onere della prova

Fallimento: istanza di ammissione al passivo “ultratardiva” e onere della prova
Lunedi 2 Luglio 2018

Con l’ordinanza n. 16103/2018, pubblicata il 19 giugno scorso, la Corte di Cassazione si è nuovamente occupata della questione, abbastanza frequente, relativa all’individuazione dei presupposti per l’ammissibilità dell’istanza di ammissione al passivo (c.d. Ultratardiva) depositata oltre il termine di 12 mesi dal decreto di esecutività dello stato passivo, (prorogabile dal Tribunale fino a 18 mesi), fino a quando non siano esaurite tutte le ripartizioni dell'attivo fallimentare.

In questi casi il creditore istante deve provare che il ritardo sia dipeso da una causa a lui non imputabile. Come è noto ai sensi dell’articolo 92 della legge fallimentare, il curatore deve senza indugio inviare a tutti i creditori, la comunicazione dell’intervenuto fallimento. Secondo i Giudici di legittimità, non sempre la mancata comunicazione ai creditori prevista dalla suddetta disposizione rende ammissibile il deposito, da parte di questi ultimi, dell’istanza di ammissione al passivo c.d. Ultratardiva”.

Infatti, ai fini della sua ammissibilità, la conoscenza dell’intervenuto fallimento può essere desunta anche da altre circostanze. In altri termini, il mancato invio dell’avviso da parte del curatore al creditore non costituisce causa non imputabile a quest’ultimo, se il curatore fornisce la prova della tempestiva ed effettiva conoscenza aliunde della sentenza di fallimento da parte del creditore.

IL CASO: Il Tribunale respingeva l’opposizione avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza di ammissione al passivo depositata da un istituto bancario in quanto inammissibile per essere stata proposta oltre il termine previsto dall’articolo 101, comma 1, legge fallimentare nonostante che il suddetto istituto fosse venuto a conoscenza dell’intervenuto fallimento nel momento in cui il curatore era intervenuto in una procedura esecutiva immobiliare intrapresa contro la fallita e continuata poi dallo stesso istituto bancario.

Nel caso di specie nessuna comunicazione ex art. 92 della legge fallimentare era stata inviata dal Curatore all’istituto bancario. A seguito del rigetto dell’opposizione, quest’ultimo proponeva ricorso per Cassazione.

LA DECISIONE: Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione ha ritenuto immune da censure la conclusione del tribunale che aveva rigettato l’istanza di ammissione al passivo “ultratardiva, in quanto il curatore ha fornito la prova, ai fini dell’inammissibilità della domanda, che la banca ha avuto notizia dell’intervenuto fallimento, indipendentemente dalla ricezione dell’avviso ex articolo 92 della legge fallimentare e pertanto il creditore avrebbe potuto procedere tempestivamente all’insinuazione del credito. Di conseguenza, gli Ermellini hanno rigettato il ricorso dell’istituto bancario ribadendo il principio secondo il quale: “ il mancato avviso al creditore da parte del curatore del fallimento, previsto dalla citata norma (articolo 92 legge fallimentare, n.d.r.), integra si la causa non imputabile del ritardo da parte del creditore, ma il curatore ha facoltà di provare, ai fini dell’inammissibilità della domanda, che il creditore abbia avuto notizia del fallimento, indipendentemente dalla ricezione dell’avviso predetto (cfr. Cass n. 2330 del 2015; Cass n. 4310 del 2012).

Prova fornita nel caso di specie.

Inoltre, secondo i giudici di Piazza Cavour, la valutazioje della sussistenza di una causa non imputabile, che giustifichi il ritardo del creditore, implica un accertamento di fatto, rimesso alla valutazione del giudice di merito, che, se congruamente e logicamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità (Cfr. Cass. n. 19017 del 2017; Cass. n. 23302 del 2015; Cass. n. 20686 del 2013), come avvenuto nel caso di specie.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza n.16103/2018

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