Con l'ordinanza n. 9359 dell' 8 aprile 2021 la Corte di Cassazione si pronuncia in merito ai presupposti che devono ricorrere affinchè il coerede comproprietario di un immobile possa esserne riconosciuto unico proprietario per intervenuta usucapione.
Martedi 13 Aprile 2021 |
Il caso: Con atto di citazione Tizio conveniva in giudizio la cugina, la zia, la madre e la sorella, chiedendo che venisse accertato in suo favore l'intervenuto acquisto per usucapione dell'intera proprietà di un immobile sito in Roma, immobile di cui l'attore e le convenute erano comproprietari pro indiviso e iure hereditario; costituendosi in giudizio, la cugina e la zia, convenute, chiedevano in via riconvenzionale di accertare l'illegittima occupazione dell'immobile da parte dell'attore e la sua condanna al pagamento dell'indennità dovuta per l'occupazione abusiva.
Il Tribunale di Roma rigettava sia la domanda dell'attore che quella riconvenzionale delle convenute, mentre la Corte d'Appello, adita da Tizio, accoglieva il gravame e, in totale riforma dell'impugnato provvedimento, dichiarava Tizio "esclusivo proprietario, per intervenuta usucapione, dell'appartamento sito in Roma”.
Le convenute soccombenti ricorrono in Cassazione, denunciando:
a) violazione e falsa applicazione, ex art. 360, n. 3 c.p.c., degli artt. 1158 e 2697 c.c., in tema,rispettivamente, di usucapione ventennale di immobili e relativo onere probatorio": la Corte d'appello ha erroneamente ritenuto sufficiente ai fini della sussistenza dell'animus excludendi la mancata disponibilità della chiavi in capo alle ricorrenti;
b) violazione e falsa applicazione, ex art.360, n. 3, c.p.c., degli artt. 1140 e 1144 c.c., in tema, rispettivamente, di possesso e di tolleranza: la Corte d'appello ha erroneamente affermato che il possesso esercitato da Tizio non poteva essere conseguenza di un atteggiamento di mera tolleranza da parte degli altri compossessori, non solo perché ciò doveva essere provato da questi ultimi, ma anche perché l'uso prolungato nel tempo di un bene non è normalmente compatibile con la tolleranza.
La Cassazione, nell'accogliere il gravame, sul punto svolge le seguenti considerazioni:
a) la circostanza della mancata disponibilità delle chiavi dell'appartamento da parte delle ricorrenti non può essere ritenuta "elemento di per sé sufficiente ad attestare il possesso" necessario per l'acquisto per usucapione della proprietà del bene;
b) è vero che il coerede che, a seguito della morte del de cuius, sia rimasto nel possesso del bene ereditario può, prima della divisione, usucapire la quota degli altri eredi, senza necessità di interversione del titolo del possesso, ma a tal fine, egli, che già possiede animo proprio e a titolo di comproprietà, è tenuto ad estendere tale possesso in termini di esclusività, il che avviene quando il coerede goda del bene con modalità incompatibili con la possibilità di godimento altrui e tali da evidenziare una inequivoca volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus" "non essendo sufficiente l'astensione degli altri partecipanti dall'uso della cosa comune";
c) pertanto, il fatto che l'attore, che già abitava con il padre l'appartamento e quindi aveva le chiavi del medesimo, abbia continuato ad essere il solo ad averne la disponibilità non indica, di per sé, il possesso esclusivo dell'immobile;
d) diverso valore, invece, può avere la sostituzione della serratura - della quale tutti i coeredi hanno però la chiave - anche se, per tale ipotesi, devesi, comunque,provare che l'azione sia stata voluta e manifestata al fine d'escludere il compossesso dei coeredi e non piuttosto a fini d'ordinaria manutenzione o di migliore preservazione dell'immobile e di quanto in esso contenuto;
e) per quanto riguarda poi la questione della tolleranza da parte degli altri compossessori, va precisato che "in tema di usucapione, per stabilire se un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o altro diritto reale sia stata compiuta con l'altrui tolleranza e sia quindi inidonea all'acquisto del possesso, la lunga durata dell'attività medesima può integrare un elemento presuntivo nel senso dell'esclusione della tolleranza qualora non si tratti di rapporti di parentela, ma di rapporti di mera amicizia o buon vicinato, giacché nei secondi, di per sé labili e mutevoli, è più difficile, a differenza dei primi, il mantenimento della tolleranza per un lungo arco di tempo.