Con l’ordinanza 23851/2025, pubblicata il 25 agosto 2025, la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla complessa e sempre attuale questione relativa alla natura e alla decorrenza della pensione di reversibilità tra il coniuge superstite e l’ex coniuge divorziato.
Mercoledi 10 Settembre 2025 |
La norma di riferimento è l'articolo 9 della legge 898 del 1970, il quale al secondo comma dispone che in assenza di un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, il coniuge divorziato ha diritto alla pensione di reversibilità se non contratto un nuovo patrimonio e se titolare di assegno divorzile.
Il rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico deve essere anteriore alla sentenza di divorzio. Il terzo comma della predetta disposizione, stabilisce che, in caso di concorso tra il coniuge superstite ed un ex coniuge divorziato, sempre titolare di assegno divorzile, il Tribunale attribuisce a quest’ultimo una quota della pensione tenendo conto della durata del rapporto,
IL CASO: La vicenda esaminata dai giudici della Suprema Corte prende le mosse dal ricorso promosso dalla prima moglie di un uomo deceduto la quale chiedeva che venisse dichiarato il suo diritto a percepire la pensione di reversibilità.
Il Giudice innanzi al Tribunale si concludeva con il riconoscimento alla ricorrente alla percezione del 20 % della quota disponibile della pensione di reversibilità del defunto ex coniuge e il restante 80% in favore del coniuge superstite al momento del decesso. Il tutto in applicazione del criterio della durata dei due matrimoni.
Diversa la decisione della Corte di Appello la quale, chiamata a pronunciarsi sul reclamo proposto dall’originaria ricorrente lo ha parzialmente accolto aumentando la percentuale della quota disponibile in favore della reclamante al 35%, valorizzando anche il periodo di convivenza more uxorio intercorsa.
L’originaria ricorrente, non soddisfatta della decisione della Corte di Appello, investiva della questione la Corte di Cassazione, deducendo tra i motivi dell’impugnazione della decisione di secondo grado l’omessa pronuncia sulla decorrenza del diritto alla corresponsione della quota di reversibilità che era stata fissata a far data dal deposito del ricorso anziché dal primo giorno del mese successivo al decesso dell'ex coniuge.
LA DECISIONE: Il motivo del ricorso è stato ritenuto fondato dalla Cassazione la quale nell’accoglierlo decidendo nel merito ha dichiarato la decorrenza del riparto delle quote di reversibilità dal primo giorno del mese successivo al decesso.
Nel decidere, gli Ermellini hanno richiamato un precedente degli stessi giudici di legittimità del 2013 (sentenza n. 2259), secondo il quale "Nel caso di concorso del coniuge superstite con quello divorziato, il diritto alla quota di reversibilità deve farsi decorrere dal primo giorno del mese successivo al decesso del coniuge assicurato o pensionato”.
Gli Ermellini hanno, inoltre evidenziato che:
la pronuncia che ripartisce la pensione di reversibilità tra il coniuge superstite ed il coniuge divorziato ha carattere costitutivo;
la norma contenuta nella L. n.898 del 1970 art. 9, nel testo novellato dalla L. n.74 del 1987, permette di affermare che la medesima disposizione attribuisce sia al coniuge superstite sia all'ex coniuge un diritto iure proprio alla pensione di reversibilità, nel caso in cui il Tribunale ravvisi l'esistenza di determinate circostanze in fatto ed in diritto;
si tratta, inoltre, di una sentenza costitutiva con efficacia ex tunc, perché fa sorgere un diritto di natura previdenziale, al quale deve intendersi applicabile la relativa normativa previdenziale che espressamente prevede che il diritto alla pensione di reversibilità in favore dei superstiti abbia decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello in cui si è verificato il decesso dell'assicurato o del pensionato, e quindi il coniuge divorziato ha diritto alla corresponsione della quota di pensione di reversibilità, attribuitagli dalla sentenza pronunciata ex art. 9 della L.n.898/1970, con la decorrenza anzidetta;
il soggetto obbligato all'adempimento di una prestazione previdenziale non può essere che l'ente previdenziale tenuto all'erogazione della pensione di reversibilità e non l'assistito cui la pensione sia stata corrisposta, anche perché solo l'ente previdenziale ha titolo per effettuare, in modo corretto, i conteggi relativi al computo delle somme spettanti ai diversi beneficiari in relazione vigente normativa, provvedendo, quindi, al recupero delle somme versatele in eccesso e pagando quelle effettivamente spettanti in base alla ripartizione delle quote stabilite dal giudice.