La Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 16053 del 10 giugno 2024 torna a occuparsi dei criteri di ripartizione della pensione di reversibilità tra l'ex coniuge titolare dell'assegno di divorzio e il coniuge superstite.
Venerdi 28 Giugno 2024 |
Il caso: Mevia, coniuge superstite di Tizio, proponeva appello avverso la sentenza con la quale, nell'ambito del procedimento avente ad oggetto domanda di accertamento della quota di pensione di reversibilità promossa dal coniuge divorziato Lucilla, il Tribunale di Milano, tenuto conto della durata dei relativi rapporti, riteneva congruo attribuire al coniuge divorziato e non risposato il 70% della pensione di reversibilità, in forza del matrimonio durato 47 anni, e la quota del 30% al coniuge superstite il cui matrimonio è durato meno di sei anni.
La Corte d'appello confermava la sentenza ritenendo preminente la circostanza fattuale della durata del matrimonio, anche in rapporto alla valutazione degli ulteriori elementi emersi in fase di istruttoria, come l'ammontare dell'assegno divorzile goduto dalla Ci.An. (Euro 150,00 mensili) al momento del decesso dell'ex coniuge e le rispettive condizioni economiche delle parti in causa.
Mevia ricorre in Cassazione, deducendo la violazione e falsa applicazione dell'art. 360 n. 5 c.p.c., la erroneità e illegittimità dell'omesso esame dell'elemento ponderale rappresentato dall'entità dell'assegno divorzile, riconosciuto che, al momento del decesso di Tizio, era beneficiaria di un assegno divorzile di Euro 150,00 mensili, ragion per cui il riconoscimento della quota del 70% della reversibilità si tradurrebbe in una ingiustificata moltiplicazione del suo reddito a spese esclusive del coniuge superstite.
Per la Cassazione il motivo è inammissibile; sul punto ribadisce quanto segue:
a) la ripartizione del trattamento di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite, deve essere effettuata, oltre che sulla base del criterio della durata dei matrimoni, ponderando ulteriori elementi correlati alla finalità solidaristica dell'istituto, tra i quali la durata delle convivenze prematrimoniali, tenendo tuttavia distinta la durata della convivenza prematrimoniale da quella del matrimonio - cui soltanto si riferisce il criterio legale - e senza individuare nell'entità dell'assegno divorzile un limite legale alla quota di pensione attribuibile all'ex coniuge, data la mancanza di qualsiasi indicazione normativa in tal senso;
b) la durata del rapporto matrimoniale resta preminente anche in rapporto alla valutazione degli ulteriori elementi emersi in fase di istruttoria come l'ammontare dell'assegno divorzile goduto da Lucilla nella misura Euro 150,00 al momento del decesso dell'ex coniuge.