La Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 25369/2022 torna ad occuparsi dei criteri di ripartizione della pensione di reversibilità tra il coniuge divorziato e il coniuge superstite, ribadendo la finalità solidaristica dell'istituto che porta ad escludere la misura del 50% a ciascun coniuge.
Venerdi 16 Settembre 2022 |
Il caso: Il Tribunale di Ravenna attribuiva a Mevia, coniuge divorziata di Tizio, deceduto, il 50% della pensione di reversibilità in relazione alla durata effettiva quasi equivalente dei matrimoni di Tizio con Lucilla, coniuge superstite, e con Mevia; la Corte d'appello di Bologna, presentato appello da entrambe le parti e in accoglimento di quello proposto da Mevia, rideterminava la quota della pensione di reversibilità spettante a Lucilla nella misura del 5% (pari a 300,00 euro), ritenendo prevalente rispetto al criterio della durata del matrimonio, quello della condizione economica delle parti.
Lucilla ricorreva in Cassazione, che riteneva insufficiente e contraddittoria la motivazione della sentenza impugnata, affermando che:
- la Corte distrettuale aveva dato atto della durata di trent'anni del matrimonio di Lucilla e della sua età avanzata, ma aveva opposto un riferimento del tutto generico alla situazione patrimoniale della stessa senza raffrontarla con quella di Mevia e finendo, sulla base di tale presupposto, per attribuire all'entità dell'assegno un valore presuntivo, del tutto indimostrato e da verificare in concreto, circa l'autosufficienza economica di Lucilla;
- il riferimento all'assegno di divorzio non poteva costituire un criterio generale e astratto idoneo a sostituire quello della durata del matrimonio o essere ritenuto un antecedente vincolante nella determinazione della quota della pensione di reversibilità, non essendo consentito al giudice di individuare nell'entità dell'assegno divorzile un limite legale alla quota di pensione attribuibile all'ex coniuge, data la mancanza di qualsiasi indicazione normativa in tale senso.
Pertanto la Cassazione rinviava ad altra sezione della Corte d'appello, che calcolando la durata dei matrimoni, l'eta' e le condizioni economiche del coniuge divorziato e del coniuge superstite,determinava la percentuale del 25% della pensione di reversibilita' spettante a Lucilla.
Mevia impugna la suddetta sentenza avanti alla Corte di Cassazione (adita per la seconda volta),che, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ribadisce il proprio orientamento secondo cui:
a) in caso di decesso dell'ex coniuge, la ripartizione dell'indennità di fine rapporto tra il coniuge divorziato e il coniuge superstite, che abbiano entrambi i requisiti per la pensione di reversibilità, deve essere effettuata ai sensi dell'art. 9, comma 3, della legge n. 898 del 1970, oltre che sulla base del criterio legale della durata dei matrimoni, anche ponderando ulteriori elementi, correlati alla finalità solidaristica dell'istituto e individuati dalla giurisprudenza, quali l'entità dell'assegno riconosciuto al coniuge divorziato e le condizioni economiche di entrambi, tenendo inoltre conto della durata della convivenza, ove il coniuge interessato alleghi, e provi, la stabilità e l'effettività della comunione di vita precedente al proprio matrimonio con il «de cuius»;
b) nel caso in esame, la Corte territoriale, attenendosi al suddetto principio, ha determinato la percentuale del 25% della pensione di reversibilità spettante a Lucilla, tenendo conto non soltanto del criterio della durata dei matrimoni, ma anche dell'età e delle condizioni economiche dei due coniugi, divorziato e superstite.