Non sono soggette al regime della sospensione feriale, stante la loro natura previdenziale, le controversie relative alla ripartizione della quota della pensione di reversibilità tra il coniuge superstite e il coniuge divorziato, anche con riferimento al giudizio di Cassazione.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 21935/2018, pubblicata il 7 settembre scorso.
LA DECISIONE: nella vicenda esaminata dagli Ermellini, l’ex coniuge depositava domanda intesa ad ottenere la quota della pensione di reversibilità del coniuge divorziato. La domanda veniva accolta dal Tribunale che attribuiva all’ex coniuge la quota nella misura del 10%, mentre veniva elevata al 40% dalla Corte di Appello.
Avverso la sentenza della Corte territoriale proponeva ricorso per Cassazione il coniuge superstite, il quale nel calcolare i termini per proporre il gravame teneva conto della sospensione feriale.
Nel costituirsi nel giudizio di legittimità, il coniuge divorziato eccepiva l’inammissibilità del ricorso per tardività in quanto proposto oltre il termine di legge previsto dall’articolo 325 del codice di procedura civile, sostenendo la non applicabilità, nella fattispecie, della sospensione feriale.
LA DECISIONE: Con l’ordinanza in commento, i Giudici di legittimità hanno accolto pienamente l’eccezione formulata dal coniuge divorziato e di conseguenza hanno dichiarato l’inammissibilità del ricorso.
Secondo la Corte di Cassazione:
le controversie avente ad oggetto la ripartizione dell’unica pensione di reversibilità fra il coniuge divorziato e il coniuge superstite hanno natura previdenziale;
l’esclusione delle controversie di lavoro e previdenziali dalla sospensione feriale dei termini processuali si applica anche ai giudizi in Cassazione.