Con l'ordinanza n. 22342/2021 la Corte di Cassazione delinea i presupposti e le circostanze ricorrendo le quali è ammissibile l'istanza di rimessione in termini nel caso sia eccepita la tardività della costituzione in giudizio.
Venerdi 27 Agosto 2021 |
Il caso: Tizio presentava domanda di ammissione in via di privilegio artigiano nel passivo fallimentare della s.r.l. Alfa in liquidazione; il giudice delegato ammetteva il credito per una minor somma, sulla base di una nota di credito a suo tempo emessa dall'istante e di un controcredito a sua volta vantato dalla società poi fallita e portato in compensazione.
Tizio proponeva opposizione ex art. 98 s.legge fall. avanti al Tribunale, che la rigettava , ritenendo che:
- l'eccezione sollevata dal ricorrente, di tardività della costituzione in giudizio del Fallimento e di conseguente avvenuta decadenza della facoltà di allegare documenti alla memoria difensiva di costituzione appariva infondata, in quanto la tardività della costituzione in giudizio era ascrivibile a caso fortuito (disguido tecnico del sistema informatico a causa del quale l'istanza, che il curatore aveva rivolto al GD per ottenere l'autorizzazione a costituirsi in giudizio, non era tempestivamente pervenuta alla cancelleria e al GD);
- pertanto nessuna decadenza si era verificata a carico della Curatela del Fallimento.
Tizio ricorre in Cassazione, lamentando che nel caso di specie,
- da un lato, il Fallimento opposto non aveva in alcun modo provato il "disguido informatico" che avrebbe impedito al curatore di costituirsi tempestivamente,
- dall'altro lato, non era seriamente credibile che un disguido tecnico avesse impedito allo stesso curatore di adire la cancelleria (e il giudice delegato) per ben cinque mesi.
Per la Suprema Corte la censura è fondata: nell'esaminare l'istituto della rimessione in termini, osserva che:
1) la concreta applicazione dell'istituto della rimessione in termini passa attraverso l'espletamento di due necessarie verifiche:
- la prima attiene alla presenza, in fattispecie, di un fatto ostativo che risulti oggettivamente estraneo alla volontà della parte e che dalla stessa non risulti governabile, neppure con “difficoltà”,
- l'altra condizione attiene alla c.d. “immediatezza della reazione”, da intendere come tempestività del comportamento della parte di fronte al verificarsi del “fatto ostativo” in sé rilevante: nella prontezza dell'attivarsi, appunto, per superarlo o comunque per porre rimedio alla situazione che si è così venuta a determinare;
2) Nel caso in esame non risultano ricorrere né l'una, né l'altra delle condizioni sopra indicate:
- quanto al fatto dell'essersi verificato un “disguido tecnico nel sistema informatico”, lo stesso (al di là della genericità dell'evocazione così formulata) non risulta coniugabile con la nozione di “caso fortuito” ovvero di causa in sé stessa “non imputabile”, se non altro per l'oggettiva possibilità - e non difficile – di utilizzare altri mezzi, diversi da quello informatico, per sottoporre l'istanza di autorizzazione al giudice delegato;
- tanto meno potrebbe poi risultare giustificata, nella prospettiva della tempestività della reazione, una soluzione di continuità (tra l'invio della istanza di autorizzazione e il rilascio della medesima da parte del giudice delegato) protrattasi per cinque mesi.