La Cassazione interviene in tema di responsabilità del datore per infortuni sul lavoro, chiarendo la corretta ripartizione degli oneri di allegazione e prova nell’ambito della responsabilità contrattuale ex art. 2087 c.c.
Giovedi 9 Ottobre 2025 |
Fatti di causa. Il lavoratore R.H., dipendente di una Spa con mansioni di trafiliere, subisce un grave infortunio sul lavoro mentre taglia un tondino di ferro con una cesoia: viene colpito all’occhio sinistro da un pezzo di ferro, e riporta una gravissima lesione (iperemia e lesione corneale) che comporta la perdita funzionale dell’occhio.
L’INAIL riconosce un danno biologico permanente del 28%. Il lavoratore agisce in giudizio per ottenere il risarcimento del danno differenziale. Il Tribunale di Piacenza respinge la domanda ritenendo che - essendo il danno biologico riconosciuto dall’INAIL pari a quello accertato in sede civile - non vi sia alcun danno differenziale da risarcire; condanna, inoltre, il lavoratore alla rifusione delle spese processuali.
La Corte d’Appello di Bologna rigetta il motivo di appello proposto da R.H. relativamente alla responsabilità del datore di lavoro, confermando quindi sul punto la decisione di primo grado. Accoglie invece il motivo di gravame riguardante la condanna alle spese legali e di c.t.u., disponendo la compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio “considerata la variegata e non sempre uniforme giurisprudenza in materia di responsabilità ex art. 2087 c.c. e il disposto dell’articolo 92 c.p.c. quale risultante dalla pronuncia della Corte costituzionale che fanno ritenere sussistenti gravi ed eccezionali ragioni per la compensazione”.
La decisione della Corte d’Appello. La Corte territoriale fonda il rigetto della domanda risarcitoria su tre ordini di considerazioni:
- Il lavoratore non avrebbe provato l’esatta dinamica dell’infortunio e le modalità con cui stava effettuando l’operazione di taglio.
- Il datore di lavoro aveva fornito i dispositivi di protezione individuale (DPI), tra cui gli occhiali protettivi, aveva formato il lavoratore sul loro utilizzo e aveva valutato il rischio nel Documento di Valutazione dei Rischi (DVR).
Non era possibile ritenere la responsabilità del datore per omessa vigilanza sull’utilizzo dei DPI, poiché tale circostanza non era stata dedotta nell’atto introduttivo ma solo genericamente nell’atto di appello, risultando incompatibile con quanto originariamente lamentato (mancata formazione e consegna dei DPI). Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione R.H.
La decisione della Cassazione si fonda su una ricostruzione sistematica e rigorosa dei principi in materia di responsabilità contrattuale del datore di lavoro per infortuni sul lavoro.
I principi di diritto affermati La sentenza affronta in modo organico e definitivo “lo spinoso tema” della ripartizione degli oneri di allegazione e prova, e formula “una sintetica ricostruzione dello stato della questione” (§ 3) richiamando e valorizzando i precedenti più autorevoli in materia.
La natura contrattuale della responsabilità ex art. 2087 c.c. La Corte ribadisce che la responsabilità del datore di lavoro per infortuni sul lavoro ha natura contrattuale, in quanto l’obbligo di sicurezza si inserisce nel contenuto del contratto di lavoro per effetto dell’integrazione legale prevista dall’art. 1374 c.c. Conseguentemente, la ripartizione degli oneri probatori segue le regole generali dell’art. 1218 c.c. sull’inadempimento delle obbligazioni.
Gli oneri del lavoratore. Richiamando espressamente le Sezioni Unite n. 13533/2001 e la successiva giurisprudenza consolidata (in particolare Cass. n. 9817/2008 e Cass. n. 12041/2020), la Corte chiarisce che il lavoratore che agisce per il risarcimento del danno deve:
-) richiamare il contratto di lavoro quale fonte dell’obbligo legale di protezione;
-) allegare l’inadempimento della controparte;
-) provare il danno subito;
-) provare il nesso di causalità tra l’infortunio (o la malattia) e le conseguenze dannose.
La sentenza afferma con estrema chiarezza che “La formulazione che si rinviene in alcune pronunce di questa Corte, secondo cui il lavoratore infortunato ha l’onere di provare il fatto costituente l’inadempimento del datore di lavoro all’obbligo di sicurezza (Cass. 24 febbraio 2006 n. 4184, Cass. 11 aprile 2006 n. 8386, Cass. 25 maggio 2006 n. 12445, Cass. 8 maggio 2007 n. 10441,19 luglio 2007 n. 16003) non appare conforme al principio enunciato dalle Sezioni Unite (e con l’applicazione coerente che ne ha fatto questa Sezione Lavoro nei casi sopra citati), e non può pertanto essere seguita.”
Cosa NON deve provare il lavoratore. La Corte precisa in modo inequivocabile che non spetta mai al lavoratore:
-) provare l’inadempimento ovvero la colpa del debitore;
-) provare la violazione da parte del datore di regole a contenuto cautelare, tipiche o atipiche;
-) provare gli “indici della nocività dell’ambiente” o i “concreti fattori di rischio circostanziati”;
-) provare che l’evento è stato causato dalla mancata adozione di misure di sicurezza innominate ed atipiche.
Questi elementi costituiscono infatti elementi costitutivi della colpa del datore, la cui assenza (nella responsabilità contrattuale) dev’essere provata dal debitore, non dal creditore.
Gli oneri del datore di lavoro. Il datore di lavoro convenuto è gravato dell’onere di provare il fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento. In particolare, deve dimostrare: -) di aver adempiuto al suo obbligo di sicurezza, apprestando tutte le misure per evitare il danno;
-) che il danno è dipeso da causa a lui non imputabile;
-) che l’ambiente di lavoro sia salubre e non presenti pericoli per la salute e la sicurezza.
L’oggetto dell’onere probatorio a carico del datore attiene al rispetto di tutte le prescrizioni specificamente dettate dalla legge, oltre che a quelle suggerite dall’esperienza, dall’evoluzione tecnica e dalla specificità del caso concreto, comprendendo: -) la valutazione dei rischi (tipici e atipici); -) l’organizzazione dell’apparato di sicurezza; -) l’informazione, la formazione e l’addestramento dei lavoratori; -) l’adozione di tutte le misure prescritte; -) la vigilanza sul rispetto di tali misure.
L’obbligo di vigilanza. La sentenza dedica particolare attenzione all’obbligo di vigilanza, affermando che il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al dipendente “sia quando ometta di adottare le misure protettive, comprese quelle esigibili in relazione al rischio derivante dalla condotta colposa del dipendente medesimo, sia quando, pur avendole adottate, non vigili affinché queste siano di fatto rispettate”.
Richiamando Cass. n. 25597/2021, la Corte ribadisce che “in tutte le ipotesi in cui vi sia inadempimento datoriale rispetto all’adozione di cautele, tipiche o atipiche, concretamente individuabili, nonché esigibili ‘ex ante’ ed idonee ad impedire il verificarsi dell’evento dannoso, la condotta colposa del prestatore non può avere alcun effetto esimente e neppure può rilevare ai fini del concorso di colpa”.
Il rischio elettivo. L’unica ipotesi in cui la responsabilità del datore viene meno è quella del rischio elettivo, configurabile soltanto quando il lavoratore abbia posto in essere “un contegno abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, sulla base di una scelta arbitraria volta a creare e ad affrontare, volutamente, per ragioni o impulsi personali, una situazione diversa da quella inerente l’attività lavorativa, creando condizioni di rischio estranee alle normali modalità del lavoro da svolgere e ponendosi, in tal modo, come causa esclusiva dell’evento dannoso”.
La concezione moderna della sicurezza sul lavoro. La sentenza sottolinea come l’orientamento restrittivo seguito dalla Corte d’Appello risulti espressione di una “superata concezione” della sicurezza sul lavoro, intesa come “complesso di misure tecnologiche” secondo l’impostazione del D.P.R. n. 547/55 (“ispirata dal criterio del contenimento del rischio attraverso l’obbligo di specifici accorgimenti”). Nella concezione attuale, delineata dal D. Lgs. n. 81/2008, l’obbligazione di sicurezza va commisurata al criterio prioritario dell’eliminazione del rischio di matrice comunitaria, anche in base a misure di natura organizzativa, procedimentali e partecipative, individuate con la valutazione del rischio. Il datore di lavoro deve valutare tutti i rischi, tipici e atipici, approntando le corrispondenti misure protettive secondo la migliore scienza ed esperienza.
L’applicazione al caso concreto. Applicando questi principi al caso di specie, la Cassazione rileva che:
1. Il lavoratore aveva ampiamente soddisfatto i propri oneri, avendo allegato e provato che le lesioni erano state cagionate da un pezzo di ferro conficcatosi nell’occhio durante il taglio di un tondino con le forbici. Tale allegazione identificava al contempo la causa del fatto e il fattore di rischio presente nell’ambito del lavoro svolto.
2. La dinamica del sinistro risultava acquisita in giudizio anche per le ammissioni del convenuto.
3. La Corte d’Appello aveva erroneamente richiesto al lavoratore di provare l’esatta dinamica dell’infortunio, onere non gravante su di lui.
4. La Corte territoriale aveva parimenti errato nell’affermare che la violazione dell’obbligo di vigilanza dovesse essere dedotta e provata dal lavoratore, rientrando invece tale obbligo tra quelli posti a carico del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. e art. 18 D.Lgs. n. 81/2008.
5. Occorreva valutare la condotta tenuta dalla datrice di lavoro per evitare l’evento anche sotto il profilo della vigilanza, rientrando tale deduzione nell’ambito della pretesa azionata.
In conclusione. La sentenza rappresenta un punto fermo nella materia della responsabilità datoriale per infortuni sul lavoro, chiarendo definitivamente che il sistema di ripartizione degli oneri probatori segue le regole generali della responsabilità contrattuale, con conseguente inversione dell’onere della prova a carico del datore di lavoro. La decisione valorizza la natura “proattiva” dell’art. 2087 c.c., che impone al datore di attivarsi per prevenire gli infortuni, e sottolinea l’ampiezza dell’obbligo di sicurezza nella concezione moderna del D. Lgs. n. 81/2008, che comprende non solo l’adozione delle misure protettive ma anche la vigilanza sul loro effettivo rispetto da parte dei lavoratori.