Con la sentenza n. 9238 del 20 maggio 2020 la Corte di Cassazione chiarisce quale sia l'onere della parte notificante nel caso in cui il difensore della controparte indichi nei propri atti un indirizzo di posta elettronica certificata errato.
Lunedi 25 Maggio 2020 |
Il caso: Nell'ambito di un procedimento per risarcimento danni, il Giudice di Pace condannava una società A.V.C. s.r.l. a risarcire il danno cagionato a P.Z., che liquidava in euro 3.185,14 oltre interessi.
La sentenza di primo grado veniva notificata in data 2.12.2016 presso la Cancelleria del Giudice di Pace, ai sensi dell'art. 82 r.d. 22 gennaio 1934 n. 37, in quanto il procuratore della società comvenuta iscritto ad albo "extra districtum", aveva indicato nella comparsa di risposta un indirizzo di posta elettronica ordinaria (m.b.@tin.it ), peraltro dichiarando che tale indirizzo veniva "specificato ai soli fini della comunicazioni di Cancelleria", senza ottemperare al disposto dell'art. 125, comma 1, secondo periodo, c.p.c. per cui, nell'atto difensivo, "il difensore deve, altresì, indicare l'indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine ed il proprio numero di fax".
La società proponeva impugnazione notificando l'atto di citazione in appello, per via telematica, in data 17.5.2017, oltre il termine breve di decadenza di giorni trenta previsto dall'art. 325 c.p.c., ed il Tribunale Ordinario, in grado di appello, dichiarava inammissibile la impugnazione in quanto tardiva.
La società quindi ricorre in Cassazione impugnando sia l'ordinanza dichiarativa della inammissibilità dell'atto di appello, sia la sentenza di prime cure.
La Suprema Corte, nell'accogliere il ricorso, in merito alla presunta tardività dell'impugnazione, osserva quanto segue:
a) la indicazione dell'indirizzo PEC negli atti difensivi del legale della società era corretta quanto all' "username" (m.b.) ma errata quanto alla estensione "tin.it" anziché "pec", mentre del tutto differente era l'indirizzo di posta elettronica ordinaria (…...@tin.it );
b) le Sezioni Unite hanno chiarito che a partire dalla data di entrata in vigore delle modifiche degli artt. 125 e 366 cod. proc. civ., apportate dall'art. 25 della legge 12 novembre 2011, n. 183, la domiciliazione "ex lege" presso la cancelleria dell'autorità giudiziaria, innanzi alla quale è in corso il giudizio consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all'obbligo prescritto dall'art. 125 cod. proc. civ. per gli atti di parte e dall'art. 366 cod. proc. civ. specificamente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l'indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine, oppure, più in generale, ex art. 16 sexies D.L. 179/2012, quando non sia possibile, per causa imputabile al destinatario, la notificazione presso l'indirizzo di posta elettronica certificata, risultante dagli elenchi di cui all'articolo 6 -bis del decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82, nonché dal registro generale degli indirizzi elettronici gestito dal ministero della giustizia"
c) nel caso in esame, il difensore della società aveva comunque assolto alla prescrizione di indicare l'indirizzo PEC nella comparsa di risposta -seppure in modo errato, quanto alla "estensione”, per cui il notificante - individuato agevolmente l'errore commesso dal difensore della società - era tenuto a ricercare presso i registri pubblici quale fosse il corretto indirizzo PEC, disponendo di tutti gli altri dati identificativi del legale avversario, rimanendo escluso, peraltro, che l'errore commesso dal difensore della società -proprio perchè facilmente accertabile ed emendabile da parte del notificante- potesse integrare quella "impossibilità tecnica" di individuazione dell'indirizzo elettronico cui la legge condiziona in via eccezionale la notifica alla parte mediante deposito dell'atto in Cancelleria;
d) pertanto, è principio di diritto che “la errata indicazione negli atti giudiziari di parte dell'indirizzo di posta elettronica certificata del difensore, non esonera in ogni caso la parte notificante dall'onere di diligenza di accertarsi preventivamente, mediante accesso ai registri pubblici, del corretto domicilio digitale del legale destinatario cui dirigere la notifica telematica, diversamente dovendo essere dichiarata invalida la notifica eseguita ai sensi dell'art. 82, comma 1, del r.d. n. 37/1934, anche se il destinatario ha omesso di eleggere il domicilio nel comune in cui ha sede quest'ultimo, a meno che, oltre a tale omissione, non ricorra altresì la circostanza che l'indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario”
Cassazione civile sentenza n.9238/2020