Il diritto all'oblio: il diritto ad essere dimenticati

Avv. Serena Conte.
Il diritto all'oblio: il diritto ad essere dimenticati
Giovedi 4 Marzo 2021

Con la nascita e lo sviluppo di Internet si è posto il problema del cosiddetto diritto all’oblio, cioè di come tutelare l’interesse dell’individuo a che non vengano riproposte a tempo indeterminato vicende ormai superate.

Sul web, ciascuno di noi può agevolmente pubblicare notizie, foto, video, audio e, in generale, contenuti digitali che riguardano se stessi o soggetti terzi e che possono rimanere in rete per molto più tempo di quello che immaginiamo.

E può capitare che tali contenuti si rivelino, immediatamente o a distanza di tempo, in qualche misura pregiudizievoli per la reputazione della persona che ne è, suo malgrado, protagonista, oltre che lesivi della sua privacy

Pensiamo ad esempio ad un sito di informazioni che pubblica una notizia che riporta la condanna comminata ad una persona per un certo reato. Potrebbe succedere - e succede più spesso di quello che crediamo - che un’azienda che voglia assumere ricerchi i nomi dei candidati su Google per ottenere maggiori informazioni sul loro profilo. La notizia negativa, per quanto veritiera che sia, rischia di segnare la carriera del lavoratore, benché si tratti di fatti che nulla hanno a che fare con la posizione lavorativa individuata.

Non meno rilevante per la reputazione del soggetto è la divulgazione tramite web di contenuti multimediali (video, foto, ecc.) che danno un’immagine distorta o non più attuale del soggetto cui si riferiscono. 

Questi dati e notizie, una volta pubblicati online, diventano facilmente reperibili da chiunque acceda alla rete, nella misura in cui i predetti contenuti siano rintracciabili e raggiungibili attraverso i classici motori di ricerca, come ad esempio Google. 

In simili ipotesi cosa può fare il diretto interessato, per evitare che notizie ritenute pregiudizievoli ed offensive continuino ad essere di pubblico dominio?

Esiste un diritto ad essere “dimenticati”?

È stato riconosciuto il diritto di ottenere la rimozione dai motori di ricerca di tutti i link e riferimenti che rimandano ai contenuti online in questione, invocando il cosiddetto diritto all’oblio.

Cos’è il diritto all’oblio 

Il diritto all'oblio è uno dei molteplici aspetti attraverso i quali si manifesta il diritto alla riservatezza e alla protezione dei dati personali.

Diritto all'oblio e diritto di cronaca sono speculari: il presupposto del primo è che l’interesse pubblico alla conoscenza di un fatto è circoscritto in quello spazio di tempo necessario a informarne la collettività, e con il trascorrere del tempo si affievolisce fino a scomparire.

Il diritto all’oblio è oggi regolato dall'art. 17 del GDPR (Regolamento UE sulla protezione dei dati personali n. 679/2016), che stabilisce una serie di criteri e di eccezioni al riguardo.

L’articolo citato elenca una serie di motivi alternativi che l'interessato può far valere per ottenere la rimozione dei dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo da parte del titolare del trattamento. Per converso, quest’ultimo ha l'obbligo di cancellare i dati senza ingiustificato ritardo. Fra i motivi elencati, vi sono:

  • l’ipotesi in cui i dati personali non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o trattati;

  • l’ipotesi in cui l’interessato abbia revocato il consenso al trattamento;

  • il caso in cui i dati siano stati ottenuti/ trattati illecitamente.

Tuttavia, sempre l'articolo 17 stabilisce che il diritto alla cancellazione non sussiste quando il trattamento dei dati è necessario per soddisfare alcune esigenze, tra cui l'esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione oppure a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica. Non è ben chiaro, però, quando è che il trattamento dei dati personali sia in concreto "necessario" per esercitare la libertà di espressione e informazione o di archiviazione nel pubblico interesse.

L’ultima parola, sotto questo profilo, è lasciata all'interprete, ossia all'autorità (garante privacy o giudice) chiamata a decidere se in una certa vicenda sottoposta al suo esame la persona possa pretendere che una notizia che lo riguarda, pur legittimamente diffusa, non resti esposta per un tempo potenzialmente illimitato alla possibilità di nuova divulgazione.

Come ottenere in concreto la cancellazione di dati o notizie che ci riguardano?

Chiunque intenda esercitare il diritto all'oblio può rivolgere la relativa richiesta direttamente al gestore del motore di ricerca, in qualità di titolare del trattamento, al fine di ottenere la rimozione dai risultati di ricerca associati al suo nome gli indirizzi URL che rinviano alle fonti di informazioni ritenute in qualche misura pregiudizievoli.

In caso di mancata risposta o di risposta negativa, il passo successivo è la presentazione di uni reclamo al Garante Privacy ai sensi dell'articolo 77 del GDPR o, in alternativa, il ricorso dinanzi al giudice. Nel caso in cui si opti per il reclamo al Garante, contro la decisione è poi possibile presentare ricorso all'autorità giudiziaria.

Spesso, nei suoi provvedimenti, il Garante afferma che, per valutare se il diritto all’oblio sia stato esercitato in modo legittimo o meno, occorre considerare non solo il fattore "tempo trascorso", ma anche gli altri criteri individuati dal Gruppo di lavoro “Articolo 29” (WP29 - un organismo indipendente con funzioni consultive, oggi sostituito dal Comitato Europeo per la protezione dei dati - EDPB). Il 26 novembre 2014 il WP29 pubblicava delle Linee guida nelle quali vengono elencati una serie di criteri orientativi di supporto alle autorità garanti nazionali chiamate a gestire i reclami in materia di deindicizzazione. Fra questi, ad esempio: 

- la circostanza che il richiedente sia o meno un personaggio pubblico;

- la minore età dell’interessato;

- il riferimento alla vita professionale o personale;

- il collegamento del risultato di ricerca con informazioni che recano pregiudizio o alla persona o alla sua sicurezza.

Internet “non dimentica”. Ogni nostro passo digitale lascia un’impronta.

È importante essere consapevoli di questo ma è altrettanto importante sapere che un diritto ad essere “dimenticati” esiste e che il suo esercizio può aiutarci ad affrontare in maniera più serena le diverse fasi della vita. 



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