Con l'ordinanza n. 5097/2023 la Corte di Cassazione specifica in quali casi il professionista deve essere considerato un consumatore allorchè acquisti un bene, nello specifico un telefono c.d. Smartphone.
Sabato 25 Febbraio 2023 |
Il caso: Il Tribunale confermava la sentenza di primo grado che aveva condannato la società Alfa a restituire all'avvocato Caio la somma di Euro 829,00 per la sussistenza di vizi della cosa venduta (un telefono c.d. smartphone), nonche' di Euro 200,00 per responsabilita' aggravata ai sensi dell'articolo 96 c.p.c. La società Alfa ricorre in Cassazione, lamentando la violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 206 del 2005, articolo 3 e conseguentemente delle ulteriori disposizioni ivi contenute, con particolare riferimento agli articoli 129 e 132.
In particolare il tribunale aveva errato nel riconoscere in capo all'avvocato Caio la qualifica di consumatore nonostante lo stesso avesse confessato nel corso di entrambi i precedenti gradi di giudizio di avere acquistato lo smartphone oggetto della vertenza per scopi professionali.
Per la Corte il ricorso è fondato:
a) la disposizione citata definisce il consumatore quale "persona fisica che agisce per scopi estranei all'attivita' imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta";
b) al riguardo e' principio consolidato nella giurisprudenza di legittimita' che, ai fini dell'assunzione della veste di consumatore l'elemento significativo non e' il non possesso, da parte della persona fisica che ha contratto con un operatore commerciale, della qualifica di imprenditore commerciale bensi' lo scopo (obiettivato o obiettivabile) avuto di mira dall'agente nel momento in cui ha concluso il contratto, con la conseguenza che la stessa persona fisica svolgente attivita' imprenditoriale o professionale deve considerarsi consumatore quando conclude un contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all'esercizio di dette attivita;
c) non puo' quindi essere considerato consumatore un avvocato che faccia uso della telefonia mobile anche per l'esercizio della sua attivita' professionale: secondo la Corte di Giustizia non puo' invocare la normativa che ha l'obiettivo di proteggere "la persona che presumibilmente si trova in posizione di debolezza rispetto alla sua controparte" il "soggetto che conclude un contratto per un uso anche solo in parte relativo alla sua attivita' professionale", a meno che il nesso tra il contratto e l'attivita' professionale sia "talmente modesto da divenire marginale”.