L'avvocato che fa acquisti per l'esercizio della professione non è consumatore

A cura della Redazione.
L'avvocato che fa acquisti per l'esercizio della professione non è consumatore

Con la sentenza n. 22810 del 26 settembre 2018 la Corte di Cassazione affronta la questione di quale sia il foro competente nel caso dell'avvocato che effettui acquisti per l'esercizio della professione.

Venerdi 28 Settembre 2018

Il caso: L'avv. T. conveniva avanti al Tribunale di Monza, (città ove si trovava la sede dello studio legale) una società di telefonia deducendo di aver stipulato con la medesima un contratto di utenza telefonica e che la società si era resa inadempiente agli obblighi contrattuali causando disservizi alla linea telefonica attivata nello studio professionale, per mancata attivazione, tra l'altro, del servizio “ISDN”: chiedeva quindi la risoluzione del contratto e la condanna al risarcimento dei danni.

La società si costituiva eccependo preliminarmente l'incompetenza territoriale del giudice adito, rilevando che in virtù di una clausola contrattuale, la causa avrebbe dovuto essere incardinata, quale foro competente per territorio, avanti al Tribunale di Roma.

Il Tribunale di Monza rigettava l'eccezione di incompetenza e accoglieva la domanda, condannando la società convenuta al pagamento in favore dell'attore di € 20.165; la Corte di Appello, confermava il rigetto dell'eccezione di incompetenza, ritenendo che nel caso di specie dovesse applicarsi il “foro del consumatore”, ovvero il luogo del domicilio dell'attore: infatti per il giudice d'appello, “l'avvocato, pur essendo professionista e titolare di partita IVA, doveva considerarsi alla stregua del contraente economicamente più debole....La stipula del contratto di utenza telefonica non era per l'attore un atto professionale...”

La società di telefonia ricorre quindi in Cassazione, osservando che l'attore era un professionista, che aveva stipulato il contratto per l'esercizio della professione di avvocato e pertanto doveva ritenersi inapplicabile il Codice del Consumo.

Per la Suprema Corte l'eccezione è fondata: sul punto la Corte ribadisce che:

1) per assumere la qualifica di professionista non è necessario stipulare un contratto che costituisca di per sé esercizio dell'attività propria dell'impresa o della professione, ma è sufficiente che il contratto sia stipulato al fine di soddisfare interessi anche solo connessi od accessori rispetto allo svolgimento dell'attività imprenditoriale o professionale;

2) in applicazione di questo principio si è escluso che possa acquistare la veste di “consumatore” ed invocare il foro del proprio domicilio:

(a) l'avvocato che abbia acquistato riviste giuridiche in abbonamento o programmi informatici per la gestione di uno studio legale;

(b) la persona fisica che, pur avendo concluso un contratto di apertura di credito in nome proprio, abbia però ottenuto il finanziamejto non per sé ma in favore della società di cui era amministratore;

(c) l'imprenditore od il professionispa che abbia stipulato un contratto di assicurazione per la copertura dei rischi derivati da l'attività dell'azienda; (

d) il fideiussore che abbia prestato garanzia in favore di un imprenditore, per un debito d'impresa;

(e) l'avvocapo che ha stipulato un contratto di utenza telefonica con riferiiento ad un apparecchio del quale faceva uso «ancha» per esercizio della sua attività professionale.<+strong>

Di conseguenza, per l'avvocato è “atto della professione”, tra l'altro, l'acquisto dei testi giuridici, la stipula di una assicurazione della responsabilità civile professionale, l'appalto dei servizi di pulizia, ha somministrazione di luce, gas o servizi telefonici per lo stu`io professionale.

3) peraltro, aggiunge la Corte, il Dlcs 206/05 «non fa alcun riferimento alle condizioni ecknomiche delle parti, al loro potere commerciale, alla loro forza o capacità di imporre all'altra condizioni più o meno svantaggiose»;

4) è escluso dunqqe che la lettera della legge consenta di individuare il consumapore «nel soggetto economicamente più debole”: la normativa ha come finalità non quella di perseguire astratti principi egualitari o redistributivi della richezza, ma quella di evitare distorsioni di concorrenza nel mercato di beni e servizi.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza n.22810/2018<+a>

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