No alla condanna per lite temeraria se il Fisco si costituisce per comunicare l'avvenuto annullamento dell'atto

No alla condanna per lite temeraria se il Fisco si costituisce per comunicare l'avvenuto annullamento dell'atto

E’ esclusa la condanna dell’amministrazione finanziaria per lite temeraria nel caso in cui quest’ultima si costituisce nel processo tributario per comunicare l’avvenuto annullamento dell’atto impugnato.

Giovedi 7 Ottobre 2021

Così si è espressa la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 24841/2021, pubblicata il 15 settembre 2021.

IL CASO: La vertenza nasce dal ricorso promosso da un contribuente contro un avviso di accertamento notificatole dall’amministrazione finanziaria, che era stato annullato in autotutela.

Il ricorso veniva rigettato dalla Commissione Tributaria Provinciale e la sentenza di primo grado veniva confermata in sede di gravame interposto dal contribuente che denunciava la mancata condanna del fisco al pagamento delle spese processuali e al risarcimento del danno da lite temeraria.

I giudici della Commissione Tributaria Regionale ritenevano tempestivo l’annullamento dell’atto impugnato da parte dell’amministrazione in quanto avvenuto in data precedente alla proposizione del ricorso e non sussistenti i presupposti per la condanna per lite temeraria, essendosi il fisco costituito nel giudizio di primo grado solo per far rilevare di avere già provveduto ad annullare l'atto impugnato.

Pertanto, il contribuente sottoponeva la questione all’esame della Corte di Cassazione, ritenendo errata la decisione dei giudici di merito in merito all’avvenuta presentazione del ricorso successivamente all’emissione del provvedimento di annullamento in autotutela dell’atto impugnato. Secondo il ricorrente nel decidere la questione, i giudici della Commissione Tributaria Regionale avevano preso in considerazione la data di emissione del provvedimento in autotutela e non quello in cui era stato notificato al contribuente violando, quindi, il principio di effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati.

Di conseguenza la presentazione del ricorso si era resa necessaria per impedirne l'acquisizione di definitività dell’atto impugnato.

LA DECISIONE: Anche i giudici della Corte di Cassazione hanno dato torto al contribuente e nel rigettare il ricorso hanno, preliminarmente, dichiarato inammissibile il motivo relativo alla divergenza circa la data di emissione del provvedimento in autotutela e quella di effettiva conoscenza da parte del contribuente per carenza di autosufficienza e specificità, in quanto esso era privo delle indicazione degli atti di causa nei quali era contenuta la prova della ricezione dell'atto in data successiva alla presentazione del ricorso.

Secondo gli Ermellini, in ogni caso il ricorso era infondato in quanto, come affermsto dalla giurisprudenza di legittimità:

1. relativamente alla cessazione della materia del contendere per annullamento dell'atto in sede di autotutela non segue necessariamente la condanna alle spese secondo la regola della soccombenza virtuale, tutte le volte in cui l’annullamento costituisce un comportamento processuale conforme al principio di lealtà, ai sensi dell’art. 88 c.p.c. che può essere premiato con la compensazione delle spese" (Cass. n. 8990/2019, n. 15767 del 2017, n. 3950/2017; v. 7273/2016);

2. in caso di annullamento di un atto in autotutela, la condanna alle spese in presenza di una manifesta illegittimità del provvedimento impugnato sussistente sin dalla sua emanazione (Cass. n. 8990/2019)

3. nel processo tributario alla cessazione della materia del contendere per annullamento dell'atto in sede di autotutela non si correla necessariamente la condanna alle spese per soccombenza virtuale, nel caso in cui l’annullamento non consegua a una manifesta illegittimità del provvedimento impugnato, sussistente sin dal momento della sua emanazione;

4. nel caso in cui l'annullamento integri un comportamento conforme al principio di lealtà ex art. 88 c.p.c. esso può essere premiato con la compensazione delle spese di lite;

5. presupposti per la condanna per responsabilità processuale aggravata (lite temeraria) previsti dall’ art. 96 c.p.c. - che prevede che la parte soccombente abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave (applicabile al processo tributario: v. sez. un. 13899/2013) - sono la dimostrazione dell'elemento soggettivo e la prova del danno.

6. per la configurazione della responsabilità processuale aggravata di cui all’rt. 96 c.p.c., comma 2 c.p.c., sono necessari due presupposti: l'infondatezza della domanda e la violazione dei canoni di normale prudenza, con attività processuali particolarmente invasive della sfera giuridica della controparte, astrattamente idonee a determinare l'insorgenza di un pregiudizio patrimoniale, la cui valutazione spetta al giudice di merito, ed è incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente e logicamente motivata.

Nel caso esaminato, hanno concluso, i giudici di legittimità, nessuna prova circa il presupposto per la condanna alle spese in caso di annullamento in autotutela dell’atto impugnato è stata fornita dal ricorrente consistente nella manifesta illegittimità dell'atto tributario, essendosi lo stesso limitato a censurare semplicemente la sua emissione.


Allegato:

Cassazione civile ordinanza 24841 2021

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