Sanzione per lite temeraria alla parte che redige un ricorso oscuro

A cura della Redazione.
Sanzione per lite temeraria alla parte che redige un ricorso oscuro

La Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 12111 del 7 maggio 2025 si pronuncia in merito alla sanzione per lite temeraria che può essere comminata alla parte che predispone un atto difensivo oscuro e incoerente.

Mercoledi 4 Giugno 2025

Il caso: Tizio ricorre in Cassazione avverso la sentenza della Corte d'appello di Roma.

La Suprema Corte dichiara manifestamente inammissibile il ricorso dichiarandolo privo:

- dell’esposizione dei fatti salienti del giudizio (imposta a pena di inammissibilità dall’art. 366 n. 3 c.p.c.);

- di una chiara esposizione del contenuto della sentenza impugnata;

- di qualsiasi ragionata censura avverso quest’ultima.

La Corte poi osseva che:

a) un ricorso così concepito è incoerente nei contenuti ed oscuro nella forma: e coerenza di contenuti e chiarezza di forma costituiscono l’imprescindibile presupposto perché un ricorso possa essere esaminato e deciso, come ripetutamente affermato da questa Corte;

b) peraltro tali criteri sono presento in tutte le legislazioni degli ordinamenti economicamente avanzati: l’art. 3, comma 2, del codice del processo amministrativo (d. lgs. 2.7.2010 n. 104) impone alle parti di redigere gli atti “in maniera chiara e sintetica”; il § 14, lettera “A”, della Guida per gli avvocati” approvata dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea, prescrive che il ricorso dinanzi ad essa debba essere redatto in modo tale che “una semplice lettura deve consentire alla Corte di cogliere i punti essenziali di fatto e di diritto”.

Alla luce quindi delle suddette considerazioni, la Corte, stante l’incolmabile iato tra i contenuti del ricorso e i requisiti di contenuto-forma prescritti dall’art. 366 c.p.c., rendendo palese - quanto meno - una colpa grave nella proposizione dell’impugnazione, impone la condanna del ricorrente ai sensi dell’art. 96, comma terzo, c.p.c.

Decisione: inammissibilità del ricorso;

  • condanna della parte ricorrente alla rifusione in favore della controparte delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 8.800, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55;

  • condanna del ricorrente al pagamento in favore della controparte della somma di euro 8.800 ex art. 96, terzo comma, c.p.c.;

  • ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto

Allegato:

Cassazione civile ordinanza 12111 2025

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