Violenza di genere: l’istituzione dei Centri C.U.A.V.

Violenza di genere: l’istituzione dei Centri C.U.A.V.
Giovedi 22 Maggio 2025

E’ stato pubblicato sulla G.U. il Decreto Interministeriale del 22/1/2025 con il quale vengono definiti, in attuazione dell’art. 18 della legge 24 novembre 2023 n.168 che concerne le “Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica”, i criteri e le modalità per il riconoscimento e l’accreditamento degli Enti e delle Associazioni abilitati a organizzare percorsi di recupero in favore di:

  • soggetti condannati per reati di violenza contro le donne e di violenza domestica, ai fini e per gli effetti di cui all’art. 165, quinto comma, del codice penale, che impone, già in sede di prima concessione della sospensione condizionale della pena, la necessaria subordinazione del beneficio alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati;

  • soggetti indagati o imputati per reati di violenza contro le donne e di violenza domestica, ai fini e per gli effetti di cui all’art. 282-quater, primo comma, terzo periodo, del codice di procedura penale, che prevede la facoltà per il giudice di valutare la positiva partecipazione a un programma di prevenzione della violenza relativamente alla scelta di revoca o sostituzione delle misure cautelari eventualmente disposte.

In particolare, il Decreto dispone che i programmi di recupero e di prevenzione possano essere erogati esclusivamente da parte di Enti e Organismi specificatamente individuati, anche in forma associata tra di loro.

A tal fine, è stato istituito un Elenco Nazionale unico presso il Ministero della Giustizia, al quale possono iscriversi, previa verifica di rigorosi requisiti strutturali, esperienziali e di onorabilità, come definiti dagli artt.6 e 7,, Enti Pubblici e locali, Enti del servizio sanitario, Enti e organismi del terzo settore.

Il procedimento di accreditamento, la gestione pubblica e trasparente dello Elenco, le cause e le procedure di sospensione e cancellazione degli Enti accreditati sono dettagliatamente normati, unitamente alla previsione relativa alla garanzia di completamento dei percorsi già avviati per il caso di uscita anticipata dell’Ente dall’Elenco (v.artt. 8,9,10,11,13 e 14 del decreto).

Fondamentali per l’operatività dei C.U.A.V.-Centri per uomini autori o potenzialmente autori di violenza) sono le Linee Guida che integrano il decreto, che concernono la necessità di operare in rete con i servizi territoriali, avvalendosi di team multidisciplinari qualificati e di garantire, come priorità assoluta, la sicurezza della vittima.

Tra gli aspetti oggetto di regolamentazione, figurano, altresì, le modalità di definizione del programma e di svolgimento dei percorsi, le eventuali modifiche da adottare sulla base dell’andamento degli stessi e gli strumenti di valutazione iniziale e finale.

Sul punto, va sottolineato che, in fase di avvio del programma, è fondamentale registrare la volontà del soggetto di partecipare agli interventi proposti, mentre in sede di valutazione finale è necessario operare un giudizio unitario conclusivo, che non può mai basarsi in maniera esclusiva sulla regolare partecipazione alle attività previste.

Infine, il Decreto emanato prevede delle disposizioni transitorie e finali per consentire il graduale adeguamento degli enti già operanti ai nuovi criteri.

La istituzione dei C.U.A.V. appare, nelle sue finalità, in linea con quanto deciso dalla Unione Europea per un’efficace assistenza delle Vittime nei confronti dei responsabili di violenza di genere e domestica, unitamente ad altri provvedi menti di natura preventiva che, tuttavia, hanno rivelato gravi carenze strutturali (vedasi la questione della efficacia del c.d. braccialetto elettronico (v.articolo dello stesso Autore su questa Rivista).

  • L’istituzione dei Centri di Assistenza per le vittime di reato

Come ricordato, di recente, dal Difensore Civico della Regione Emilia Romagna, ” si tratta di una questione di grande rilievo per la quale occorre intervenire, a partire dall’art.111 della Costituzione del c.d.Giusto Processo per assicurare un diverso, forte ruolo della Vittima in ogni fase del procedimento, accompagnato da una efficace rete di Centri di Assistenza, oltre che da pratiche concrete di mediazione e di conciliazione”come delineati dalla recente Riforma della Giustizia Penale.

In questa direzione va letto l’orientamento adottato fin dall’inizio dal Legislatore europeo, ad esempio, nella Raccomandazione (85) 11 del Consiglio d’Europa relativa alla posizione della vittima nell’ambito del diritto e della procedura penale.

Riconoscendo la realtà di sistemi di giustizia essenzialmente incentrati sul rapporto fra Stato ed autore del reato, e con ciò destinati di fatto a “trascurare” la persona offesa, la Raccomandazione citata si richiamava all’opportunità di garantire al soggetto un insieme di diritti in ogni fase del procedimento, alla luce dei bisogni espressi dai cittadini.

Tali diritti possono essere riassunti nell’esigenza di ottenere le informazioni necessarie a sporgere denuncia e a porsi in relazione col sistema di giustizia;di ricevere le informazioni relative alle modalità da intraprendere al fine di ottenere il risarcimento del danno; di essere trattati dalle Forze dell’ordine e dagli operatori del sistema di giustizia in modo comprensivo e rassicurante, così da evitare ulteriori processi di vittimizzazione; di essere tutelati nella privacy, vedendo garantito il rispetto per la propria vita privata dalle incursioni dei mass media, limitando la divulgazione di notizie e informazioni a quanto non risulti strettamente necessario alla prosecuzione delle indagini; ed infine di essere protetti, all’occorrenza estendendo tale tutela ai propri familiari, dalle possibili minacce e ritorsioni che, non di rado, provengono dall’autore di reato o dalle organizzazioni illegali alle quali egli appartiene.

Gli Organismi Europei ed Internazionali hanno ripetutamente richiamato l’attenzione degli Stati membri sull’esigenza di dar vita a strutture di assistenza adeguate, capaci di far fronte alle necessità delle vittime.

Un primo atto di rilevanza internazionale è certamente la Convenzione europea relativa al risarcimento delle vittime di reati violenti siglata dagli stati membri del Consiglio d’Europa il 24 novembre 1983, a Strasburgo, che promuove la specifica attenzione verso “coloro che hanno subìto gravi pregiudizi al corpo o alla salute causati direttamente da un reato violento intenzionale (e di) coloro che erano a carico della persona deceduta in seguito a tale atto” (art. 2).

L’attenzione rivolta a tali soggetti concerne prevalentemente il riconoscimento di danni da risarcire economicamente, chiamando gli Stati a garantirne la copertura anche nei casi in cui l’autore di reato rimanga ignoto, o sia privo di mezzi economici di sussistenza.

Appena due anni dopo, il 28 giugno 1985,il Comitato dei Ministri, Organo decisionale del Consiglio d’Europa, sottoscriveva la Raccomandazione (85) 11 concernente la Posizione delle vittime nell’ambito del diritto penale e della procedura penale, relativa alla creazione di una rete pubblica e professionale di strutture di assistenza alle vittime.

È stato un atto di rilevanza fondamentale, in base al quale gli Stati Membri prevedano, sia in termini legislativi che operativi in tutte le fasi del procedimento, una serie di misure a tutela delle vittime.

Una particolare attenzione è stata rivolta agli strumenti della giustizia riparativa quali la mediazione e la conciliazione, riconoscendone altresì i vantaggi che, in termini di deflattività, potrebbero conseguirne per il sistema penale, alleggerendo il carico dei processi.(!!), nonostante alcune criticità che abbiamo segnalato del provvedimento.

Tale Raccomandazione racchiude, dunque, diverse proposte per l’epoca certo innovative: innanzitutto proprio la creazione di una rete professionale e statale di strutture di assistenza alle vittime; l’incentivazione di pratiche alternative di risoluzione del conflitto, quali la mediazioneeconciliazionetraautoreevittimadireato;l’importanza, da non sottovalutare anche nei suoi effetti psicologici ecioè ricostruttivi per il soggetto che ha patito il reato, del risarcimentodel danno, darealizzarsi con ognimezzoadisposizione.

Quindi, viene per la prima volta compiutamente espresso un concetto centrale nel dibattito su questi temi, riconoscendo il diritto alla partecipazione diretta e attiva della vittima in tutto il procedimento penale, un aspetto che stenta tuttavia ancora oggi ad essere recepito nel nostro Ordinamento (v articolo dello stesso Autore sulle criticità della Riforma Cartabia in questa Rivista).

Con la Decisione quadro del Consiglio dell’Unione Europea, relativa alla Posizione della vittima nel procedimento penale (2001/220/GAI) del 15 marzo 2001, si giunse ad una svolta decisiva per quanto concerne la percezione e il trattamento in concreto delle problematiche concernenti la vittimizzazione e si afferma che “Ciascun Stato membro prevede nel proprio sistema giudiziario penale un ruolo effettivo ed appropriato delle vittime.

Ciascuno Stato si adopererà affinché alla vittima sia garantito un trattamento debitamente rispettoso della sua dignità personale durante il procedimento e ne riconosce i diritti e gli interessi giuridicamente protetti con particolare riferimento al procedimento penale.

Ciascuno Stato membro assicura che le vittime particolarmente vulnerabili beneficino di un trattamento specifico che risponda in modo ottimale alla loro situazione”

Fondamentale è il “diritto di ottenere informazioni” (art. 4), implicando che “ciascuno Stato membro garantisca, e già dal primo contatto con le autorità incaricate dell’applicazione della legge, che la vittima abbia accesso – con i mezzi che lo Stato ritiene adeguati e, per quanto possibile, in una lingua generalmente compresa – alle informazioni rilevanti ai fini della tutela dei suoi interessi”.

Tali informazioni si riferiscono appunto ai servizi o alle organizzazioni in grado di rispondere positivamente alle sue nuove esigenze.

Inoltre, si afferma che “Ciascun Stato membro, promuove, sviluppa e migliora la cooperazione tra gli Stati membri, in modo da consentire una più efficace protezione degli interessi della vittima nel procedimento penale o sotto forma di reti direttamente collegate al sistema giudiziario o di collegamenti tra organizzazioni di assistenza alle vittime.”.

Inoltre l’art. 13 ribadisce che “Ciascuno Stato membro è tenuto a promuovere “l’intervento, nell’ambito del procedimento, di servizi di assistenza alle vittime, con il compito di organizzare la loro accoglienza iniziale e di offrire loro sostegno e assistenza successivi attraverso la messa a disposizione di persone all’uopo preparate nei servizi pubblici o mediante il riconoscimento e il finanziamento di organizzazioni di assistenza alle vittime”.

Va, tuttavia, evidenziato che presupposto naturale e imprescindibile di ogni Riforma a favore delle vittime di reato è costituito dalla modifica da apportare alla nostra Carta Costituzionale, con particolare riferimento all’art. 111 dove trova la sua corretta collocazione, .

Quest’ultimo infatti, nel delineare i principi del c.d. “giusto processo”, non presenta alcun riferimento al soggetto passivo del reato.

Senza tale preliminare modifica, dunque, ogni proposta di riforma è destinata a rimanere un atto meramente formale privo di qualsivoglia conseguenza sostan ziale, come lamentato dalla Dottrina prevalente.

  • La Formazione degli Operatori dei Centri

Argomentando sulla questione dell’apertura nel nostro Paese dei Centri di Assistenza per le Vittime (e di recupero degli autori delle violenze in basse al Decreto in commento) occorre soffermarsi sulla importanza della Formazione degli Operatori.richiamata più volte – come si è detto – anche dalla normativa europea.

In questa prospettiva, alle Regioni potrebbe spettare essenzialmente un ruolo di impulso e di coordinamento centrale, in particolare riguardo alla:

  • formazione degli operatori,

  • promozione, radicamento e diffusione delle esperienze,

  • valutazione dei progetti di intervento elaborati

per far fronte sia a problemi di portata più ampia, sia a questioni più specifiche (si vedano come esempi, in questo secondo caso, progetti rivolti alle persone vittime di tratta, ai minori vittime di violenza assistita; ed ancora progetti anti bullismo nelle scuole e rivolti ai genitori; interventi verso gli anziani vittime di reati contro la proprietà etc.)

In particolare, una strada percorribile potrebbe essere quella di potenziareearricchireil bagaglio conoscitivo degli Operatori attualmente impegnati, ampliando il ventaglio delle loro competenze grazie ad approfondimenti sulle materie sociologiche, psicopedagogiche, sulle scienze giuridiche, nell’ambito della criminologia e della vittimologia, nonché richiamando le funzioni ed il ruolo svolto dal servizio sociale territorialeedaquellosanitario.

Nel contempo, occorrerebbe rafforzare l’empatia dell’Operatore, magari attraverso esercitazioni e corsi ad hoc, enfatizzandone la capacità di esercitare un ascolto attivo e partecipe nei confronti di altri soggetti e della loro sofferenza.

Senza per questo dimenticare la necessaria capacità organizzativa e gestionale, la capacità di lavorare in équipe e, dunque, le effettive risorse a livello relazionale.

Ovviamente si tratterebbe di promuovere in taluni casi una formazione iniziale, mentre in altri casi, si potrebbe già dar vita a momenti di formazione continua nelle modalità dei corsi di aggiornamento.

  • Il ruolo delle Associazioni per le Vittime di Reato

D’obbligo in fase d’esecuzione, e certo non rinviabile oltre, la collaborazione intersettoriale, concreta e fattiva, fra i vari attori che, a diverso titolo, si occupano di queste problematiche:operatori di victim support, Forze dell’ordine, Magistratura, Servizi Sociali, Associazioni di volontariato sul territorio, partendo dal presupposto che senza una reale, seria e generosa, sinergia fra pubblico e privato, fra terzo settore e volontariato, ogni sforzo volto a tutelare le vittime della criminalità e dell’ingiustizia sociale è destinato a cadere nel nulla, producendo invece ulteriori danni alle Vittime.

L’attuale carenza di Centri di Assistenza per le Vittime rende necessario avviare una collaborazione tra Istituzioni ed Associazioni per sopperire a tale esigenza.

Grazie alla loro diffusione capillare sul territorio e a un contatto più diretto con la domanda, infatti, gli Enti del Terzo Settore si configurano come le realtà maggiormente in grado di ricomporre i bisogni delle famiglie e l’offerta di servizi disponibili sul Territorio.

Gli Enti del Terzo Settore (ETS) costituscono “enti privati che promuovono e realizzano attività di interesse generale” e, dunque, con una finalità analoga a quella della pubblica amministrazione, indipendentemente dal modo di operare che li caratterizza.

L’art. 55 del Codice del Terzo Settore, in particolare, ha contribuito in modo decisivo ad una svolta nelle relazioni tra Enti Pubblici e Terzo Settore, dovendosi intendere questi ultimi non più come soggetti contrapposti, bensì come alleati.

Partendo dalla nuova impostazione dei rapporti tra Istituzioni Pubbliche ed ETS si può pervenire agevolmente alla realizzazione dei Centri di Assistenza per le Vittime di Reato.

Va pure sottolineato che il recepimento della Direttiva Europea del 2012 nella Riforma Cartabia ha consentito l’ingresso nel processo dalle Associazioni che si occupano dei diritti delle vittime di reati violenti e degli operatori del diritto preposti all’assistenza delle stesse anche in fase di Giustizia Riparativa e Mediazione Penale.

La Direttiva ha imposto agli Stati membri di attivare un sistema di protezione per le vittime di tutti i reati così da garantire una assistenza integrata che sia emotiva, psicologica, economica, medica, legale, linguistica.

È’ una rivoluzione culturale, quella che l’Europa ha chiesto all’Italia a cui occorre uniformarsi senza perdere altro tempo.

Secondo l’ex Ministro della Giustizia Orlando«Per costruire un servizio nazionale di assistenza alle vittime di reato va superato l’approccio limitato alle prerogative processuali della “persona offesa” quale titolare di diritti, per arrivare a una più evoluta concezione della vittima quale portatrice di bisogni, occorre procedere quanto prima il monitoraggio delle esperienze similari in Italia ed, in tale direzione, avviare un percorso di sensibilizzazione delle Associazioni che operano già sul territorio per l’assistenza alle Vittime coinvolgendole nel progetto, anche attingendo dalle esperienze già svolte dalle stesse e dalle buone pratiche poste in essere” e, prosegue, «Lo spazio per una sinergia tra pubblico, privato e l’Associazionismo c’è”, senza escludere la possibilità di un finanziamento pubblico del servizio integrato di assistenza svolto dalle Associazioni su base volontaristica che, in base al Censimento effettuato dal Ministero, sono oltre mille, ciascuna con una sua peculiarità ma comunque tutte utili e radicate sul Territorio di apparte nenza ovvero su quello nazionale, avvalenosi di una propria Rete ed Operatori specializzati.

Le risposte dei Governanti alla crescente domanda di Giustizia devono tenere conto delle opinioni, dei sentimenti, delle valutazioni che la “gente comune” nutre sui temi della criminalità, della giustizia penale e delle scelte di politica criminale degli ultimi decenni e di cui le Vittime di reato ne costituiscono l’inelut tabile quanto doloroso prodotto.

Non va dimenticato che le Regioni hanno istituito, quasi tutte, un Garante Regionale per le Vittime mentre manca ancora quello Nazionale, da più parti invocato come tramite tra le Associazioni e le Istituzioni.

Sarebbe utile, anche, avviare la costituzione di un FORUM, liberamente eletto, in cui le Associazioni possano confrontarsi sulle tematiche comuni ed unificare i Servizi da rendere alle Vittime.

Sta di fatto che il Governo, contrariamente a quanto disposto dalla Direttiva Europea, non ha ritenuto, neppure con la recente Riforma, di avviare uno Sportello delle Vittime”a carattere più generale, poiché tale innovazione non è apparsa perseguibile “non essendo imposta dalla Direttiva e che, peraltro, richiede, una necessaria sinergia fra diverse amministrazioni, con conseguente impegno economico” come pure affermato in relazione alla nomina del Garante Nazionale che ha già ottenuto la designazione da parte dell’Ass.Nazionale dei Difensori Civici.

In conseguenza, per realizzare tale progetto occorrerà avviare una riflessione congiunta tra lo Stato e le Regioni, funzionalmente coinvolte in materia, ma con l’ormai indifferibile urgenza di provvedere

In proposito, va ricordato che ogni reato richiede una tipologia di supporto e spesso ad un singolo reato corrispondono e sono necessari diversi supporti che vanno ad intersecarsi tra di loro.

Gli interventi di supporto e le figure predisposte a interagire con le Vittime, a seconda della loro specificità e tipologia di reato sofferto, possono essere classificati in come segue:

  • supporto psicologico

la figura preposta a dare supporto è in questo caso lo psicologo che, attraverso un percorso di ascolto del vissuto traumatico della vittima, accompagna e sostiene la persona fino alla elaborazione dell’evento e al ritrovare una condizione di equilibrio e serenità.

  • supporto medico legale

occorre fornire uno specifico supporto di medici legali pediatri, psichiatri, che forniscano la necessaria assistenza alla vittima di violenze fisiche e di lesioni, a volte anche perma nenti, subite dalla vittima del reato.

  • supporto legale

gli sportelli sono destinati anche a fornire anche un’assistenza legale alle vittime affinché possano ricevere un aiuto per difendersi nei confronti dell’autore del reato anche per richiedere i danni fisici e morali, con l’intento di assicurare alla vittima ed ai suoi familari, spesso impossibilitati, una difesa legale efficace dei propri interessi lesi.

  • supporto criminologico

lo sportello deve comprendere anche un supporto criminologico, a servizio delle istituzioni presenti sul territorio, con il compito di svolgere una compiuta analisi della situazione territoriale per tutti gli episodi di violenza e quant’altro necessiti per le istituzioni nazionali e locali e le forze dell’ordine per garantire una sicurezza effettiva e scongiurare il ripetersi di tali episodi, anche attraverso un’azione preventiva e campagne di sensibilizzazione in ambito scolastico e pubblico.

Merita di essere ricordato che molto spesso le vittime, specie quelle più anziane, non si rivolgono direttamente agli operatori della sicurezza come Carabinieri, Polizia, Ospedali, Medici poiché, nonostante la loro professionalità, non sempre possiedono le competenze necessarie per poter accogliere la vittima nel modo corretto senza il rischio di vittimizzarla ulteriormente e dare origine ad una “Vittimizzazione secondaria”, come da più parti rilevato.

Accade, quindi, che la vittima eviti di rivolgersi a tali operatori per sfiducia nella Giustizia o per tema di conseguenze gravi nel denunciare i fatti di cui sono rimaste vittime ovvero per vergogna nel denunciare le violenze subite, finendo così per isolarsi nella propria abitazione privandosi di ogni assistenza, con gravi conseguenze sullo stato di salute e psicologiche.

In questo contesto risulta, quindi, molto importante formare una nuova classe di Operatori che, a seguito di una specifica formazione, possano svolgere il loro lavoro fornendo alle vittime del Reato un primo supporto che risulta fondamentale lungo tutto il percorso successivo da seguire, se applicato con la giusta sensibilità e metodologia.

I Centri per Uomini Autori di Violenza (C.U.A.V.) nascono come strutture che offrono programmi e percorsi di sostegno per soggetti che hanno commesso o possono potenzialmente commettere atti di violenza di genere o domestica che si aggiungono ai C.A.V. già istituiti sul Territorio.

Questi Centri hanno l'obiettivo di promuovere il cambiamento di atteggiamenti e comportamenti, responsabilizzando gli autori rispetto alla violenza arrecata e favorendo un percorso di consapevolezza e non violenza.

Per concludere, va detto che i diritti delle Vittime sono stati rafforzati con innesti (quasi sempre) coerenti con quella prospettiva protezionistica avanzata dall’Europa ma occorre andare oltre con interventi ancora più specifici e fattuali sia nel Procedimento Penale che sul Territorio specie sul piano della Formazione degli Operatori dei Centri.

Iscriviti gratis alla nostra newsletter


Aggiungi al tuo sito i box con le notizie
Prendi il Codice





Sito ideato dall’Avvocato Andreani - Ordine degli Avvocati di Massa Carrara - Partita IVA: 00665830451
Pagina generata in 0.023 secondi