Avvocati: natura della domanda di cancellazione delle frasi ingiuriose o offensive dagli scritti difensivi

Avvocati: natura della domanda di cancellazione delle frasi ingiuriose o offensive dagli scritti difensivi

La cancellazione delle frasi ingiuriose o offensive, oltre che essere disposta d'ufficio, può conseguire all'istanza di parte, la quale non costituisce una domanda giudiziale e pertanto non incide sul merito della causa.

Giovedi 30 Ottobre 2025

Lo ha specificato la Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 25714/2025.

Il caso: Tizio proponeva opposizione dinanzi al Giudice di pace di Bologna, avverso il decreto ingiuntivo ottenuto dall'avv. Caio per il pagamento di € 3.500,00 a titolo di compensi professionali, spiegando riconvenzionale per far valere un controcredito di €. 17.808,00 per attività di supporto informatico.

II Giudice di pace respingeva l'opposizione, dichiarandosi incompetente per valore sulla riconvenzionale; in sede di riassunzione, il Tribunale riteneva insussistente il controcredito vantato da Tizio e compensava le spese.

L'avv. Caio impugnava la sentenza, sostenendo che il primo giudice aveva erroneamente disposto la compensazione in virt? dell'accoglimento della richiesta di cancellazione delle frasi offensive contenute negli scritti difensivi di primo grado e che non aveva pronunciato sulla richiesta di risarcimento per responsabilità processuale aggravata ex art. 96 c.p.c.

La Corte distrettuale respingeva il gravame, ritenendo che negli scritti dell'appellante erano effettivamente presenti frasi offensive e non pertinenti rispetto alle esigenze di difesa e che, essendo l'istanza di cancellazione una vera e propria domanda di parte, era possibile disporre la compensazione ai sensi dell'art. 92 ?.?.?.

L'avv. Caio ricorre in Cassazione, lamentando che la compensazione delle spese processuali era stata disposta sull'erroneo presupposto che il ricorrente fosse soccombente perché destinatario dell'ordine di cancellazione delle frasi ingiuriose.

La Cassazione, nel ritenere fondata la censura, rileva che:

a) l'art. 89, comma secondo c.p.c. dispone che "il giudice, in ogni stato dell'istruzione, può disporre con ordinanza che si cancellino le espressioni sconvenienti od offensive", mentre, con la sentenza che decide la causa "può" assegnare alla persona offesa una somma a titolo di risarcimento del danno anche non patrimoniale sofferto, quando le espressioni offensive non riguardano l'oggetto della causa";

b) la cancellazione delle frasi ingiuriose o offensive, oltre che essere disposta d'ufficio, può conseguire all'istanza di parte, la quale non costituisce una domanda giudiziale, valendo quale semplice sollecitazione all'esercizio di un potere officioso del giudice, strumentale all'obbligo delle parti di comportarsi in giudizio con lealtà e probità;

c) il provvedimento adottato nel corso dell'istruttoria (a differenza della sentenza imposta per l'eventuale assegnazione, alla persona offesa, di una somma a titolo di risarcimento del danno anche non patrimoniale sofferto) è privo di effettivo contenuto decisorio, non incide sul merito della causa e riveste una mera funzione ordinatoria avente rilievo esclusivamente entro l'ambito del rapporto endo-processuale tra le parti;

d) peraltro, l'esame della richiesta, pur se affidato al potere discrezionale del giudice, che può provvedere al riguardo anche d'ufficio, non per questo può essere omesso, potendo configurarsi la violazione dell'art. 112 c.p.c., poiché la cancellazione è oggetto di preciso diritto processuale e sostanziale a difesa dell'onore e della reputazione; al contrario, sostanzia, una vera e propria domanda giudiziale, la richiesta di risarcimento del danno ai sensi dell'art. 89 c.p.c. che, difatti, deve esser proposta con modalità tali da garantire il rispetto del contraddittorio;

e) la soccombenza si misura rispetto alle domande che riguardano il bene della vita preteso in giudizio e non rispetto a quelle, meramente accessorie, ricollegabili alla condotta processuale delle parti e, tantomeno, a mere istanze di natura sollecitatoria: ha errato quindi la Corte d'appello laddove ha affermato che ricorrevano gravi ragioni di compensazione consistenti nell'accoglimento della richiesta di cancellazione poiché ritenuta una vera e propria domanda giudiziale.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza 25714 2025

Vota l'articolo:
0 / 5 (0voti)

Iscriviti gratis alla nostra newsletter


Aggiungi al tuo sito i box con le notizie
Prendi il Codice





Sito ideato dall’Avvocato Andreani - Ordine degli Avvocati di Massa Carrara - Partita IVA: 00665830451
Pagina generata in 0.006 secondi