La Corte di Cassazione torna ad occuparsi del tema dell’affido condiviso e lo fa in una recente ordinanza, stabilendo che “l’affido condiviso non presuppone automaticamente che i figli minori trascorrano tempi paritetici con entrambi i genitori, essendo sempre demandata al Giudice di merito la valutazione, nel caso concreto, del prioritario interesse del minore”.
Mercoledi 30 Settembre 2020 |
Il caso pratico ha visto protagonista un padre che ha proposto ricorso in Cassazione avverso il provvedimento della Corte di Appello che aveva stabilito (modificando le condizioni assunte in sede di separazione) che il figlio minore trascorresse con il papà weekend alternati con i genitori, anziché trascorrere tutti i fine settimana con il padre.
Ebbene la Suprema Corte ha ritenuto il ricorso infondato, motivando come segue la sua decisione.
Sebbene in regime di affido condiviso, infatti, è ben possibile che il Giudice di merito disponga tempi di permanenza diversi tra i genitori se questo assetto consente una maggiore realizzazione dell’interesse del minore.
La Corte, in buona sostanza, ritiene legittima la decisione del Giudice che, seppure in regime di affido condiviso, disponga tempi di frequentazione non paritari tra la mamma e il papà.
Per la Cassazione l'affidamento condiviso non si traduce infatti sempre in tempi di permanenza paritetici poiché occorre valutare nel caso concreto quale sia effettivamente la situazione più consona al minore e quella che gli consenta una crescita psicofisica serena ed armoniosa.
Si pensi infatti al caso in cui le abitazioni dei genitori non siano vicine: in questi casi i tempi di permanenza e frequentazione con il genitore non collocatario possono ragionevolmente non essere esattamente paritetici: questo al fine di evitare al minore troppi spostamenti che si tradurrebbero in sacrifici eccessivi a scapito della vita sociale del bambino, del riposo o dello studio.
Per questo in tali ipotesi è possibile che il bambino trascorra un tempo maggiore presso il genitore collocatario e meno tempo con il genitore non collocatario.
Resta inteso che in tema di affidamento la giurisprudenza tende effettivamente a preferire la scelta dell'affidamento condiviso al fine di garantire il diritto del minore "di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori" e consentire altresì ai genitori di mantenere una continuità nella gestione dei figli minori anche dopo la disgregazione del nucleo familiare.
Tuttavia, come si legge nell’ordinanza in oggetto, tale principio non implica alcun automatismo in ordine ai tempi di permanenza che non dovranno essere necessariamente paritetici ma dovranno rispettare le esigenze concrete del minore e potranno quindi anche essere “asimmetrici” se ciò rappresenta la migliore soluzione per il minore.
Naturalmente sarà il Giudice a valutare in concreto caso per caso quale sarà la soluzione ideale e maggiormente corrispondente agli interessi del minore .
In conclusione, quindi, se da un lato è vero che l’affido condiviso, in mancanza di serie ragioni ostative, deve comportare in via generale una frequentazione dei genitori possibilmente paritaria (che resta, ricordiamolo, la scelta preferibile) dall’altro lato è però altrettanto vero che - nell'interesse del minore ed in presenza di ragioni oggettive che possano ostacolare la sua sana e serena crescita psicofisica - il giudice possa individuare un assetto di frequentazione diverso e non necessariamente paritario .
Nel caso dell’ordinanza in oggetto, sulla decisione della Suprema Corte ha inciso in modo particolare la distanza le rispettive abitazioni dei genitori, che avrebbe imposto al bambino dei sacrifici di viaggio tali da comprometterne gli studi, il riposo e la vita di relazione.
E’ dunque compito del giudice stabilire in concreto, secondo il superiore interesse del minore, le modalità in cui l’affido condiviso dovrà concretamente realizzarsi tenendo conto di tutte le circostanze fattuali conosciute e prevedibili al momento della decisione che dovrà essere adeguatamente motivata.