Successioni: la rinuncia all'eredità esclude l'obbligo di pagare i debiti

Successioni: la rinuncia all'eredità esclude l'obbligo di pagare i debiti

La rinuncia all’eredità da parte del chiamato esclude l’obbligo di quest’ultimo di pagare i debiti del de cuius anche se ha depositato la dichiarazione di successione.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 21006/2021, pubblicata il 22 luglio 2021.

Giovedi 29 Luglio 2021

IL CASO: Nel caso esaminato, l’Agenzia delle Entrate notificava ai presunti eredi del titolare di una ditta individuale un avviso di accertamento per il recupero di IRES, IRAP e IVA.

Il predetto avviso veniva impugnato dai destinatari i quali, avendo rinunciato all’eredità, deducevano la loro carenza di legittimazione passiva.

Il ricorso veniva rigettato dalla Commissione Tributaria Provinciale, mentre in sede di gravame, interposto dagli originari ricorrenti, la Commissione Tributaria Regionale riformava la sentenza di primo grado e nell’accogliere l’appello, osservava che gli appellanti non potevano considerarsi eredi dell’originario debitore in quanto nelle more avevano rinunciato all’eredità e tale rinuncia non era preclusa dalla presentazione da parte di questi ultimo della dichiarazione di successione.

La sentenza della Commissione Tributaria Regionale veniva impugnata dall’Agenzia delle Entrate innanzi alla Corte di Cassazione.

L’amministrazione finanziaria deduceva l’erroneità della decisione impugnata in quanto, anche se gli appellanti avevano dichiarato di rinunciare all'eredità, è riconosciuta a questi ultimi la possibilità di revocare la rinuncia entro il termine di dieci anni previsto per l’accettazione da parte di altri chiamati. Pertanto, non essendo definitiva non era ad essa opponibile. Inoltre, secondo l’amministrazione finanziaria la sola delazione è sufficiente ai fini della configurabilità della soggettività passiva del chiamato.

LA DECISIONE: I giudici della Suprema Corte di Cassazione hanno dato torto all’Agenzia delle Entrate, ritenendo infondato il motivo del ricorso e nel rigettarlo hanno ribadito il principio di diritto secondo il quale "Il chiamato all'eredità, che abbia ad essa validamente rinunciato, non risponde dei debiti tributari del "de cuius", neppure per il periodo intercorrente tra l'apertura della successione e la rinuncia, neanche se risulti tra i successibili "ex lege" o abbia presentato la dichiarazione di successione (che non costituisce accettazione), in quanto, avendo la rinuncia effetto retroattivo ex art. 521 c.c., egli è considerato come mai chiamato alla successione e non deve più essere annoverato tra i successibili" (Cass. n. 15871 del 2020).

Secondo gli Ermellini, non può essere considerato in alcun modo titolare della soggettività passiva rispetto ai debiti del de cuius, neanche in ambito tributario, il chiamato all'eredità che non abbia accettato e che vi rinunci.

Non è affatto casuale, hanno continuato, che l’art. 65 del D.P.R. n. 600 del 1973 individui proprio gli eredi del contribuente quali soggetti tenuti in solido al pagamento delle imposte gravanti sullo stesso de cuius.

Pertanto, hanno concluso, il fisco, onde evitare di incorrere nella relativa decadenza per intempestività, come qualsiasi altro creditore, ben può utilizzare gli strumenti offerti dal codice civile a tutela della relativa posizione, come ad esempio l'impugnazione della rinuncia (art. 524 codice civile), o la richiesta di nomina di un curatore dell'eredità giacente (art. 528 codice civile) al quale validamente notificare l'avviso di accertamento.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza 21006 2021

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