Una sentenza importante perche’ non si ferma al solo dato privatistico costituito dall’iscrizione all’anagrafe canina
Martedi 14 Ottobre 2025 |
La sentenza del Tribunale di Livorno, n. 1275 del 2024, merita di essere raccontata. Il problema è ormai un classico, purtroppo, e si riferisce alla sorte di un cane quando finisce l’amore. Quello degli umani ma non quello con il quadrupede. Anche se a volte, come forse in questo caso, era anche, o soprattutto, in discussione l’amore (il legame) tra uno dei fidanzati e il cane. Come sempre partiamo dal fatto nel quale non poche persone si riconosceranno.
Tizio e Caia, fidanzati, adottano di comune accordo un cane che chiameremo Pippo intestandolo a Caia (sol perchè’ il microchip dei cani può essere intestato ad un unico soggetto). Poche settimane dopo l’affido la coppia si separa e Caia inizialmente si trasferisce presso il di lei padre portandosi anche Pippo. Decideranno poi che avrebbero tenuto il cane una settimana ciascuno, con l’accordo che entrambi avrebbero suddiviso le spese per cibo, cure veterinarie e addestramento.
Ad un certo punto Caia decide che il cane sarebbe dovuto rimanere esclusivamente con lei permettendo a Tizio di vederlo occasionalmente, nella città dove si era trasferita Caia e nei pressi della sua abitazione, per una o due ore (imposizione non infrequente.) Tizio preoccupato dalle condizioni di salute del cane e non avendo risposte rassicuranti da Caia (che nulla rispondeva), chiede un affido condiviso del cane.
Come da copione, Caia replica che, oltre ad essere l’unica proprietaria del cane, l’adozione era frutto di un suo desiderio. Che il temporaneo soggiorno alternativo tra i due ex fidanzati era stato da entrambi inteso come temporaneo per poi Pippo rimanere esclusivamente con Caia. Non ultimo evidenzia come l’azione di Tizio altro non è che un tentativo di continuare ad avere contatti con Caia sottolineando come la breve frequentazione e convivenza tra Pippo e Tizio faceva escludere l’instaurazione di un significativo rapporto tra l’ex fidanzato ed il cane.
Veniamo alla decisione del Tribunale la cui premessa è già importante.
La fattispecie in esame, si legge in sentenza, non trova, al momento, una disciplina normativa ad hoc, non essendo stato creato uno statuto giuridico specifico dedicato agli animali; pertanto, ai fini del decidere, ed in ottemperanza al divieto di non liquet, occorre trarre dall’ordinamento nel suo complesso, anche eventualmente facendo ricorso alla analogia legis ed alla analogia iuris, principi e riferimenti normativi e giurisprudenziali utili per decidere il caso in esame. Tradotto significa che i giudici navigano al buio, neanche a vista. Nella consapevolezza acquisita (de iure condendo) di una sorta di best interest dell’animale. E tanto non impedisce di affermare che, almeno allo stato attuale, gli animali (e nello specifico gli animali domestici) sono ancora giuridicamente inquadrati come res, atteso che, diversamente opinando, non sarebbe possibile immaginare discipline che ne regolano “l’acquisto, il mantenimento, l’allevamento di tipo commerciale o non commerciale, la cessione ed il commercio”, e tuttavia sono anche esseri senzienti, verso i quali la normativa e la giurisprudenza sopra richiamate dettano ampie regole volte alla loro salvaguardia.
In questo passaggio il Tribunale di Livorno a mio modo di vedere, consapevolmente o meno, evidenzia l’assoluta distonia del sistema normativo laddove ci parla di animali.
E dunque il Tribunale individua i criteri rilevanti per risolvere il conflitto per cui è causa che, nell’ordine, sono individuati nel benessere del cane, nell’intensità del rapporto del cane con le parti di un giudizio e nel titolo di proprietà del cane.
Secondo quello che sarebbe risultato dalla espletata istruttoria il Tribunale ritiene che corrisponde al miglior interesse del cane quello di restare con una persona sola (Caia). Tizio peraltro ha acquistato medio tempore un altro cane con il quale non è affatto scontato che Pippo serenamente possa convivere. Quanto alla valutazione dell’intensità del rapporto del cane con le parti, Tizio ha convissuto per un tempo molto breve e comunque non avrebbe dimostrato l’esistenza di alcun legame speciale con il cane.
E’ vero, si legge in sentenza, che Tizio usciva più volte al giorno con il cane ma si tratta all’evidenza, ed anche per quella che è sicuramente una massima di comune esperienza, di circostanza irrilevante atteso che è naturale (e non dimostra certamente né una particolare dedizione alla cura del cane né un particolare attaccamento a questo) che un cane venga portato fuori, quantomeno per espletare i suoi bisogni, come minimo quattro volte al giorno. Anche in questo caso il Tribunale è stato coraggioso e ha evidenziato un principio che non andrà sottovalutato.