Pensione di reversibilita’: criteri di ripartizione tra prima e seconda moglie del de cuius

Pensione di reversibilita’: criteri di ripartizione tra prima e seconda moglie del de cuius

Con l’ordinanza n. 25656/2020, pubblicata il 13 novembre 2020, la Corte di Cassazione si è occupata dei criteri che devono essere utilizzati nel ripartire la quota della pensione di reversibilità spettante alla prima e alla seconda moglie del de cuius.

Giovedi 19 Novembre 2020

Norma di riferimento: art. 9, secondo e terzo comma- legge 1 dicembre 1970 n. 898 – revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli, la misura e la modalita’ dei contributi

2. In caso di morte dell'ex coniuge e in assenza di un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, il coniuge rispetto al quale è stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e sempre che sia titolare di assegno ai sensi dell'art. 5, alla pensione di reversibilità, sempre che il rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza.

3. Qualora esista un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, una quota della pensione e degli altri assegni a questi spettanti è attribuita dal tribunale, tenendo conto della durata del rapporto, al coniuge rispetto al quale è stata pronunciata la sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e che sia titolare dell'assegno di cui all'art. 5. Se in tale condizione si trovano più persone, il tribunale provvede a ripartire fra tutti la pensione e gli altri assegni, nonché a ripartire tra i restanti le quote attribuite a chi sia successivamente morto o passato a nuove nozze.

IL CASO: La vicenda esaminata trae origine dal giudizio insorto tra la moglie divorziata e la seconda moglie di un soggetto che era deceduto avente ad oggetto la determinazione della quota di reversibilità a loro spettante. All’esito del giudizio di primo grado, il Tribunale riconosceva al coniuge divorziato la quota del 35% della pensione di reversibilità, mentre la Corte di Appello, in riforma della sentenza impugnata, rideterminava la quota aumentandola dal 35% al 40%, riconoscendo, quindi, alla seconda moglie la quota del 60%.

Avverso la sentenza della Corte di Appello il coniuge divorziato proponeva ricorso per Cassazione deducendo la violazione degli artt. 5 e 9, comma 3, legge. n. 898/1070.

LA DECISIONE: La sentenza impugnata è stata ritenuta corretta dalla Corte di Cassazione, la quale nel dichiarare il ricorso inammissibile, ha ribadito l’orientamento secondo il quale “La ripartizione del trattamento di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite, entrambi aventi i requisiti per la relativa pensione, va effettuata, oltre che sulla base del criterio della durata dei matrimoni, ponderando ulteriori elementi correlati alla finalità solidaristica dell’istituto, tra i quali la durata delle convivenze prematrimoniali, dovendosi riconoscere alla convivenza “more uxorio” non una semplice valenza “correttiva” dei risultati derivanti dall’applicazione del criterio della durata del rapporto matrimoniale, ove il coniuge interessato provi stabilità ed effettività della comunione di vita prematrimoniale” (Cassazione n. 26358/2011).

Secondo gli Ermellini, per la ripartizione della pensione di reversibilità, la convivenza more uxorio non ha una mera valenza “correttiva” rispetto all’elemento della durata del rapporto matrimoniale, ma assume un distinto ed autonomo rilievo giuridico nel caso in cui il coniuge interessato fornisca la prova della stabilità e dell’effettività della comunione di vita prematrimoniale e la sua durata non deve essere confusa con quella del matrimonio, a cui si riferisce il criterio legale e non deve essere individuato nell’entità dell’assegno divorzile un limite legale alla quota di pensione attribuibile all’ex coniuge, non esistendo nessuna norma in tal senso.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza n. 25289 2020

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