Assegno divorzile e pensione di reversibilità: non sufficiente l'accordo tra i coniugi

Assegno divorzile e pensione di reversibilità: non sufficiente l'accordo tra i coniugi

Come è noto la pensione di reversibilità è il trattamento economico che lo stato eroga in favore dei componenti il nucleo familiare (il coniuge, i figli, e, a particolari condizioni, anche ai nipoti minori, i genitori, i fratelli e le sorelle), del titolare pensionato dopo la morte di quest’ultimo.

Martedi 31 Ottobre 2017

L’articolo 9 della legge 898 del 1 dicembre 1970, meglio conosciuta come legge sul divorzio, riconosce la pensione di reversibilità in favore dell’ex coniuge rispetto al quale è stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio. Il suddetto diritto è subordinato al fatto che l’ex coniuge non sia passato a nuove nozze, sia titolare di assegno di divorzio e che il rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza di divorzio.

Con l’ordinanza n. 25053/2017, pubblicata il 23 ottobre sorso, la Corte di Cassazione si è occupata della questione relativa alla necessità o meno, ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilità in favore dell’ex coniuge del defunto, che il diritto all’assegno divorzile sia riconosciuto con un provvedimento del Tribunale o sia sufficiente il semplice accordo tra le parti.

Secondo i giudici di legittimità è necessario il provvedimento giudiziale, non essendo sufficiente la semplice debenza in astratto del suddetto assegno, né la percezione in concreto del mantenimento, né che lo stesso sia oggetto di accordi intercorsi tra le parti.

IL CASO: Nel caso esaminato dalla Suprema Corte di Cassazione, il Tribunale riconosceva al coniuge superstite il 70% della pensione di reversibilità spettante al marito deceduto e il 30% all’ex coniuge divorziato da quest’ultimo.

La sentenza di prime cure veniva impugnata dal coniuge superstite, il quale chiedeva il riconoscimento in suo favore dell’intera quota della pensione di reversibilità. La Corte di Appello rigettava il gravame e la sentenza di secondo grado veniva impugnata in Cassazione dall’appellante.

Nel caso di specie, con la sentenza di divorzio, nessun diritto all’assegno divorzile era stato statuito in favore dell’ex coniuge. Il suddetto diritto era il frutto di un accordo raggiunto dai coniugi all’udienza presidenziale e nessuna domanda di riconoscimento del suddetto assegno era stata proposta nel giudizio. Il Tribunale, nel pronunciare il divorzio, si era solo limitato a dare atto in motivazione dell’intervenuto accordo, senza adottare alcuna statuizione al riguardo.

LA DECISIONE: La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, ha accolto il ricorso, cassato la sentenza impugnata e decidendo nel merito ha dichiarato il diritto del coniuge superstite apercepire per intero la pensione di reversibilità. Quindi nessuna quota a titolo di pensione di reversibilità è stata riconosciuta all’ex coniuge divorziato.

Secondo i Giudici di legittimità:

  1. L’articolo 9 della legge n. 898 del 1970 , nel subordinare il diritto alla pensione di reversibilità ovvero ad una quota di essa alla circostanza che il coniuge superstite divorziato sia titolare di assegno ai sensi dell’art. 5 della medesima legge, presuppone «l’avvenuto riconoscimento dell’assegno medesimo da parte del tribunale»;

  2. Pertanto, ai fini del riconoscimento del suddetto diritto, occorre che l’assegno sia stato liquidato dal giudice nel giudizio di divorzio ai sensi dell'art. 5 della legge 898/1970, ovvero successivamente, quando si verifichino le condizioni per la sua attribuzione ai sensi dell'art. 9 della suddetta legge, non essendo sufficiente la mera debenza in astratto di un assegno di divorzio, e neppure la percezione in concreto di un assegno di mantenimento in base a convenzioni intercorse tra le parti, (cfr. Cass., Sez. lav., 18/11/2010, n. 23300; Cass., Sez. I,  1/08/ 2008, n. 21002;  24/05/2007, n. 12149);

  3. Relativamente all’assegno divorzile, la giurisprudenza di legittimità ha costantemente ribadito il principio secondo cui il riconoscimento del relativo diritto, anche nella disciplina introdotta dalla Iegge 6 marzo 1987 n. 74, non rientra nei poteri d’ufficio del tribunale ma presuppone un'apposita domanda della parte interessata (cfr. Cass., Sez. VI, 14/04/2016, n. 7451; Cass., Sez. I, 15/11/2002,  n. 16066; 7/05/ 1998, n. 4615), precisando  che la stessa dev'essere formulata nella fase contenziosa successiva all'udienza presidenziale, ed escludendo la possibilità di valorizzare, a tal fine, le istanze formulate in detta udienza, in quanto esclusivamente correlate ai provvedimenti temporanei ed urgenti (cfr. Cass., Sez. I, 26/06/ 1991, n.7203).

Allegato:

Cass. civile Sez. VI - 1 Ordinanza del 23/10/2017 n.25053

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