Con la sentenza 9456, pubblicata il 6 aprile 2023, le Sezioni Unite della Cassazione si sono pronunciate su come e quando la parte contro la quale è diretta una prova testimoniale deve eccepire l’incapacità del teste ai sensi dell’art. 246 c.p.c.
Mercoledi 12 Aprile 2023 |
Secondo tale disposizione non possono essere assunte come testimoni le persona aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio.
IL CASO: La vicenda riguarda un giudizio avente ad oggetto la richiesta di risarcimento danni derivanti da un incidente stradale.
Nel corso del giudizio veniva espletata la prova testimoniale richiesta dagli attori.
Il fondo di garanzia vittime della strada, convenuto nel giudizio, eccepiva l’incapacità a testimoniare da parte di uno dei testimoni escussi e più precisamente della terza trasportata al momento del sinistro.
La domanda attorea veniva rigettata in entrambi i gradi di giudizio per mancanza di prova.
Dopo l’escussione delle prove testimoniali con due testi, i giudici avevano dichiarato inattendibile le dichiarazioni rese dal primo teste ed inutilizzabili le dichiarazioni rese dal secondo teste.
La vertenza, giungeva così all’esame della Corte di Cassazione a seguito del ricorso promosso dagli originari attori.
LA DECISIONE: Il ricorso veniva assegnato alle Sezioni Unite che si sono pronunciate sull’effettiva portata dell’art. 246 c.p.c., osservando che:
l’impianto del processo civile non è improntato ad un assetto autoritario. Pertanto, l’eccezione sull'incapacità a testimoniare di un testimone deve essere sempre formulata dalla parte interessata;
la nullità di una testimonianza resa da persona incapace ai sensi dell'articolo 246 c.p.c., essendo posta a tutela dell'interesse delle parti, è configurabile come una nullità relativa;
essa deve essere eccepita subito dopo l'espletamento della prova o al più nell'udienza successiva quando il difensore della parte interessata non sia stato presente all'assunzione del mezzo istruttorio. L’omessa eccezione comporta la sanatoria della stessa ai sensi del secondo comma dell’art. 157 c.p.c.;
se l’eccezione viene respinta, è onere della parte interessata riproporla in sede di precisazione delle conclusioni e nei successivi atti di impugnazione. In caso contrario, l’eccezione si ritiene rinunciata con la conseguente sanatoria della nullità per acquiescenza.
Gli Ermellini, nell’interesse della legge, ai sensi dell’art. 363 c.p.c. hanno affermato i seguenti principi di diritto:
“l’incapacità a testimoniare disciplinata dall’articolo 246 c.p.c. non è rilevabile d'ufficio, sicché, ove la parte non formuli l’eccezione di incapacità a testimoniare prima dell’ammissione del mezzo, detta eccezione rimane definitivamente preclusa, senza che possa poi proporsi, ove il mezzo sia ammesso ed assunto, eccezione di nullità della prova”;
“Ove la parte abbia formulato l’eccezione di incapacità a testimoniare, e ciò nondimeno il giudice abbia ammesso il mezzo ed abbia dato corso alla sua assunzione, la testimonianza così assunta è affetta da nullità, che, ai sensi dell’articolo 157 c.p.c., l'interessato ha l’onere di eccepire subito dopo l’escussione del teste ovvero, in caso di assenza del difensore della parte alla relativa udienza, nella prima udienza successiva, determinandosi altrimenti la sanatoria della nullità”;
“La parte che ha tempestivamente formulato l’eccezione di nullità della testimonianza resa da un teste che si assume essere incapace a testimoniare, deve poi dolersene in modo preciso e puntuale anche in sede di precisazione delle conclusioni, dovendosi altrimenti ritenere l’eccezione rinunciata, così da non potere essere riproposta in sede d'impugnazione”.