Secondo quanto disposto dall’art. 246 del Codice di procedura civile “Non possono essere assunte come testimoni le persone aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio.” Quando si è in presenza dell’interesse personale che configura l’incapacità a testimoniare del teste?
Giovedi 2 Dicembre 2021 |
Sulla questione si è pronunciata di recente la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 37226/2021, pubblicata il 29 novembre 2021.
IL CASO: La vertenza esaminata riguarda un giudizio svoltosi innanzi al Tribunale avente ad oggetto la richiesta di rilascio di un terreno di proprietà dell’attore. Nel costituirsi nella causa, i convenuti, oltre a chiedere il rigetto della domanda attorea, formulavano domanda riconvenzionale tesa all’accertamento dell’acquisto della proprietà del terreno per usucapione.
All’esito dell’istruttoria, nel corso della quale venivano escussi alcuni testimoni, il Tribunale rigettava la domanda attorea ed accoglieva la domanda riconvenzionale formulata dei convenuti. La decisione di primo grado veniva confermata dalla Corte di Appello chiamata a decidere sul gravame interposto dall’attore.
Pertanto, la questione approdava innanzi alla Corte di Cassazione a seguito del ricorso promosso dall’attore principale il quale, fra i motivi di doglianza deduceva la violazione e la falsa applicazione dell’art. 246 c.p.c., per avere la Corte territoriale fondato la sua decisione sulla deposizione di un testimone che secondo il ricorrente era incapace a testimoniare in quanto figlio di uno dei convenuti, coadiuvante dell’azienda del padre e, quindi, titolare di interesse all’esito della lite.
LA DECISIONE: Anche la Corte di Cassazione, ha dato torto all’attore originario ritenendo motivo del ricorso inammissibile sulla scorta delle seguenti osservazioni:
1. l'incapacità a testimoniare prevista dall'art. 246 c.p.c., si configura solo quando il teste è titolare di un interesse personale, attuale e concreto, che lo coinvolga nel rapporto controverso, alla stregua dell'interesse ad agire di cui all'art. 100 c.p.c., tale da legittimarlo a partecipare;
2. è, invece, irrilevante l'interesse di fatto a un determinato esito del processo né un interesse, riferito ad azioni ipotetiche, diverse da quelle oggetto della causa in atto, proponibili dal teste medesimo o contro di lui;
3. come affermato in altri arresti giurisprudenziali degli stessi giudici di legittimità, la valutazione della sussistenza o meno dell'interesse che dà luogo ad incapacità a testimoniare, ai sensi dell'art. 246 c.p.c., è rimessa - così come quella inerente all'attendibilità dei testi e alla rilevanza delle deposizioni - al giudice del merito, ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivata (cfr. tra le varie, Cass. civ., sez. 111, 19 gennaio 2007, n. 1188; Cass. civ., sez. lii, 20 gennaio 2006, n. 1101; Cass. civ., sez. lii, 7 didcembre 2000, n. 15526; Cass. civ., sez. lav., 28 luglio 2010, n. 17630);
4. in merito al rapporto di parentela, l'insussistenza, per effetto della decisione della Corte costituzionale ord. 9 giugno 1994, n. 248, del divieto di testimoniare sancito per i parenti dall'art. 247 c.p.c. non consente al giudice di merito un'aprioristica valutazione di non credibilità delle deposizioni rese dalle persone indicate da detta norma, ma neppure esclude che l'esistenza di uno dei vincoli in essa indicati possa, in concorso con ogni altro utile elemento, essere considerato dal giudice di merito - la cui valutazione non è censurabile in sede di legittimità, ove motivata - ai fini della verifica della maggiore o minore attendibilità delle deposizioni stesse (Cass. civ., sez. VI, 4 gennaio 2019, n. 98).
Nel caso esaminato, hanno evidenziato gli Ermellini, la Corte di Appello ha valutato l’attendibilità del testimone unitamente alle altre fonti di prova, escludendo che la posizione di coadiutore dell’azienda del padre ed il rapporto di familiarità potesse legittimare la sua partecipazione in giudizio.
Cassazione civile ordinanza n.37226 2021