Secondo quanto disposto dall’art. 246 c.p.c. “Non possono essere assunte come testimoni le persone aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio”.
Pertanto, la testimonianza resa dal soggetto incapace è nulla. Tale nullità non è, però, rilevabile d’ufficio. E’ onere della parte contro la quale la prova è diretta eccepirla. La mancata eccezione della nullità comporta la sanatoria.
Con l’ordinanza n. 25021/2020, pubblicata il 9 novembre 2020, la Corte di Cassazione si è pronunciata su come e quando va eccepita la suddetta nullità.
IL CASO: La vicenda ha origine dal giudizio relativo alla domanda di accertamento dell’acquisto di un terreno per usucapione. All’esito dell’assunzione delle prove testimoniali, il Tribunale accoglieva la domanda attorea ritenendo sussistente il possesso pacifico e continuativo del terreno oggetto di causa per il tempo necessario ad usucapirlo.
La sentenza di primo grado veniva riformata dalla Corte di Appello in sede di gravame proposto dal convenuto che, quindi, rigettava l’originaria domanda dell’attore.
La questione, giungeva, così all’esame della Suprema Corte di Cassazione a seguito del ricorso promosso da quest’ultimo il quale deduceva, fra l’altro, l’erronea valutazione sull’attendibilità dei testimoni effettuata dalla Corte di Appello ed evidenziava l’incapacità a testimoniare degli stessi ai sensi dell’art. 246 c.p.c.,lin quanto danti causa del convenuto.
LA DECISIONE: Il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione la quale, in merito all’eccezione di incapacità a testimoniare prevista dall’art. 246 c.p.c., nel richiamarsi all’orientamento espresso in più occasioni dagli stessi giudici di legittimità, ha osservato che:
l’eccezione della nullità della testimonianza resa da persona incapace (in quanto portatrice di un interesse che avrebbe potuto legittimare il suo intervento in giudizio) deve essere formulata subito dopo l'espletamento della prova, ai sensi dell'art. 157 c.p.c., comma 2 (salvo che il difensore della parte interessata non sia stato presente all'assunzione del mezzo istruttorio, nel qual caso la nullità può essere eccepita nell'udienza successiva);
la mancata tempestiva eccezione comporta la sanatoria della nullità, senza che la preventiva eccezione di incapacità a testimoniare, proposta a norma dell'art. 246 c.p.c., possa ritenersi comprensiva dell'eccezione di nullità della testimonianza comunque ammessa ed assunta nonostante la previa opposizione;
nel caso in cui il Giudice rigetti l'eccezione di nullità della testimonianza resa dall'incapace, incombe sulla parte interessata l'onere di riproporla in sede di precisazione delle conclusioni e nei successivi atti di impugnazione. In caso contrario, l’eccezione si considera rinunciata, con conseguente sanatoria della nullità stessa per acquiescenza, rilevabile d'ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo;
nel caso in cui,invece, l'eccezione di nullità della deposizione del teste incapace, ritualmente proposta, non sia stata esaminata dal giudice davanti al quale la prova è stata espletata, la stessa deve essere formulata con apposito motivo di gravame avanti il giudice di appello, ovvero, se sollevata dalla parte vittoriosa in primo grado, da questa riproposta poi nel giudizio di gravame a norma dell'art. 346 c.p.c.;
Di conseguenza, hanno concluso gli Ermellini, se la parte, come avvenuto nel caso esaminato, con il ricorso per cassazione deduce la violazione dell'art. 246 c.p.c., l'omessa motivazione del giudice d'appello sull'incapacità di alcuni testimoni, senza tuttavia indicare, anche agli effetti dell'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di aver sollevato tempestivamente l’eccezione di nullità delle testimonianze comunque rese, e di aver riproposto la stessa eccezione nel prosieguo del giudizio, ed in particolare in appello a norma dell'art. 346 c.p.c., l'eventuale nullità derivante dall'incapacità dei testi per l'irritualità della relativa eccezione deve ritenersi comunque sanata.