Con l'ordinanza n. 28935/2025, la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione si è pronunciata sull’importante e sempre attuale questione concernente la gestione dei libretti di risparmio postali cointestati con clausola di "pari facoltà di rimborso" in caso di decesso di uno dei cointestatari.
| Venerdi 7 Novembre 2025 |
IL CASO: La controversia approdata all’esame dei giudici della Suprema Corte originava dal rifiuto da parte di Poste italiane di liquidare al cointestatario superstite la metà della somma depositata su un libretto postale nominativo con la madre deceduta aperto nel 1991 e convertito nel giugno 2003 in un libretto di risparmio.
Il rifiuto delle Poste si fondava sul presupposto di aver ricevuto la formale opposizione da parte di una degli eredi della cointestataria deceduta, la quale contestava la spettanza delle somme.
Avendo ricevuto il diniego al rimborso, il cointestatario superstite agiva giudizialmente richiedendo ed ottenendo dal Tribunale un decreto ingiuntivo nei confronti delle Poste per un importo pari a quello rifiutato.
Avverso il decreto ingiuntivo, le Poste proponevano opposizione, che veniva accolta dal Tribunale con conseguente revoca del decreto ingiuntivo.
Diversa la decisione della Corte di Appello che riformava la decisione di primo grado confermando, quindi, la legittimità dell’ingiunzione emessa dal Tribunale.
Nel decidere i giudici della Corte territoriale osservano che:
- il rapporto tra l’originario ricorrente e le Poste, essendo sorto nel 2003 a seguito della sostituzione del vecchio libretto, era regolato dalla nuova disciplina del D.M. 6 giugno 2002, che aveva abrogato le precedenti normative (D.P.R. n. 156/1973 e D.P.R. n. 256/1989), essendo irrilevante la circostanza che il vecchio libretto fosse stato acceso nel 1991, in quanto oggetto di sostituzione con il nuovo libretto di risparmio;
- in applicazione dei principi civilistici sulle obbligazioni solidali (art. 1298, co. 2, c.c.), le quote dei cointestatari, in mancanza di prova contraria, si presumono uguali. Pertanto, in mancanza di prova circa l’esclusiva appartenenza delle somme depositate sul libretto postale alla deceduta, il blocco richiesto dall'erede poteva interessare al massimo la metà delle somme depositate, corrispondente alla quota presuntivamente di spettanza della de cuius;
- l'opposizione dell'erede aveva fatto venir meno il "patto di solidarietà fiduciaria" che legava la madre e il figlio, cointestatari del libretto postale, ma ciò non impediva al cointestatario superstite di richiedere la propria quota.
Pertanto, le Poste investivano della questione la Corte di Cassazione impugnando la sentenza della Corte di Appello. Con il ricorso, le Poste deducevano, tra i motivi, la violazione dell’art. 8 del Decreto Ministeriale 6 giugno 2002 e l’errata applicazione del secondo comma dell’art. 1298 del Codice Civile. Secondo la tesi delle Poste, l’art. articolo 8 del suddetto Decreto Ministeriale, impediva “la liquidazione delle somme in seguito al venir meno di una effettiva paritaria operatività a valere sul libretto di parte di ciascuno dei cointestatari, la qual cosa accade con la notifica del decesso di uno di essi. Poste in tali casi ove effettui il pagamento non è liberata nei confronti di tutti gli aventi diritto”.
LA DECISIONE: Il ricorso delle Poste è stato ritenuto inammissibile dalla Cassazione, che, nel rigettarlo, ha ricostruito l'evoluzione legislativa sui libretti postali, evidenziando la profonda differenza tra il vecchio e il nuovo regime.
Nella vecchia disciplina, l'art. 157 D.P.R. 156/73 ammetteva l'opposizione al rimborso da parte dei coeredi e l'art. 187 D.P.R. 256/1989 imponeva, in caso di decesso di un cointestatario, la "quietanza di tutti gli aventi diritto" per il rimborso a saldo, anche in presenza della clausola di pari facoltà. In virtù di tale disciplina qualsiasi conflitto tra gli aventi diritto paralizzava la possibilità di rimborso.
Con l’entrata in vigore del Decreto Ministeriale del 6 giugno 2002, attuativo del D.Lgs. 284/1999, la normativa precedente è stata abrogata. Al comma 3 dell’art. 8, del predetto Decreto Ministeriale è stabilito che: “I versamenti e i prelevamenti, effettuati da ciascun intestatario separatamente, o dal suo rappresentante debitamente legittimato, liberano pienamente Poste Italiane S.p.a. nei confronti degli altri intestatari, eccettuati i casi di notifica di atti da cui risulti che il credito non è più nella disponibilità di ciascun intestatario”.
Poiché in un libretto cointestato ciascun cointestatario può disporre dell’intera somma ivi versata anche separatamente, hanno osservato i giudici di legittimità, la questione si incentra sull’interpretazione del terzo comma dell’art. 8 del suddetto Decreto Ministeriale e più in precisamente se il decesso di uno dei cointestatari comporta il venir meno del diritto al rimborso da parte del cointestatario superstite e se la notifica del decesso da parte degli eredi o, anche di uno solo di essi, che intende opporsi a qualunque prelievo della somma giacente, legittima le Poste a rifiutare il pagamento richiesto dal cointestatario superstite anche della metà della somma versata.
L’espressione "atti da cui risulti che il credito non è più nella disponibilità di ciascun intestatario", contenuta nella suddetta disposizione, non può essere equiparata a una mera opposizione di un erede, hanno evidenziato gli Ermellini, chiarendo che:
- la "disponibilità del credito" si riferisce alla legittimazione alla riscossione, non alla titolarità interna;
- la locuzione "di ciascun intestatario" va intesa nel senso che il pagamento può essere rifiutato solo se nessuno degli originari intestatari è più legittimato a riscuotere (ad esempio, per un provvedimento di sequestro penale);
- la semplice notifica del decesso o l'opposizione di un erede non sono sufficienti a far venir meno la legittimazione del cointestatario superstite.
A supporto della propria tesi, dopo aver dato atto che sulla questione esaminata non esistono precedenti decisioni di legittimità, hanno richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale in materia di buoni postali fruttiferi cointestati con clausola "pari facoltà di rimborso" secondo il quale, il cointestatario superstite è legittimato a ottenere il rimborso dell'intera somma, senza che possa essere applicata per analogia la vecchia disciplina dei libretti postali (art. 187 D.P.R. 256/1989), in quanto i buoni postali fruttiferi circolano “a vista” e tale diversa natura impedisce l’applicazione analogica della suddetta disciplina.
Ne deriva che, una volta abrogata tale norma per i libretti, i principi affermati per i buoni postali diventano pienamente applicabili anche ai libretti di risparmio sorti sotto la nuova disciplina. Il cointestatario superstite ha diritto di pretendere il pagamento, e il debitore, effettuandolo, è liberato, restando le questioni sulla titolarità delle somme confinate ai rapporti interni tra gli aventi diritto.
In conclusione, in caso di decesso di un cointestatario, il superstite conserva la piena legittimazione a operare sul conto e a riscuotere le somme, quantomeno per la sua quota presunta del 50%. Le Poste non possono rifiutare il pagamento eccependo la contestazione di uno degli eredi in quanto la nuova disciplina non prevede più un meccanismo di blocco automatico del libretto.
Le controversie sulla proprietà delle somme riguardano i rapporti interni tra il cointestatario superstite e gli eredi del defunto. Ciò in applicazione dei principi generale stabiliti dal Codice civile in materia di obbligazioni solidali e comunione dei diritti di credito.