Iscrizione a ruolo telematica tardiva: il superamento dell’errore fatale

Iscrizione a ruolo telematica tardiva: il superamento dell’errore fatale
Martedi 28 Ottobre 2025

Con ordinanza n°27766 del 17.10.2025, la Cassazione ha stabilito che il deposito telematico respinto per cause imputabili al sistema informatico e non al difensore -nella fattispecie, a seguito di avviso di rigetto contenente la dicitura errore fatale- non può comportarne la improcedibilità, qualora il deposito sia ripetuto tempestivamente.

IL CASO

Nella vicenda in esame i ricorrenti impugnavano la dichiarazione di improcedibilità di un appello per affermata tardività della iscrizione a ruolo, sostenendo di aver ritenuto il relativo deposito telematico perfezionato con la generazione della ricevuta di avvenuta consegna entro il termine di dieci giorni dalla notifica; - esponevano che solo successivamente avevano ricevuto la pec del rifiutato deposito per “errore fatale”; - riferivano che, chiesti chiarimenti in cancelleria, quella solo dopo alcuni giorni aveva spiegato che si era trattato di un malfunzionamento del sistema telematico del Ministero e consigliava quindi di effettuare un nuovo deposito, al quale avevano immediatamente provveduto, e di proporre una istanza di rimessione in termini, al quale pure essi avevano dato seguito, ma solo dopo alcuni mesi, a seguito dell’eccezione di tardività presentata dagli appellati.

LA DECISIONE

Il complesso meccanismo del deposito telematico, come ben analizzato dalla Suprema Corte, si articola in quattro fasi, coincidenti con il rilascio di altrettanti messaggi pec da parte del sistema informatico e, precisamente:

  • una “ricevuta di accettazione deposito”, ossia la ricevuta di presa in carico del messaggio da parte del gestore p.e.c. del mittente; attraverso questa ricevuta (c.d. RAC o RdA) il sistema attesta che l’atto è stato inviato dalla postazione di lavoro (PDL) ed è stato accettato dal sistema per essere inoltrato all’ufficio giudiziario destinatario;

  • una “ricevuta di avvenuta consegna” (RdAC), con la quale il gestore p.e.c. del Ministero della Giustizia, destinatario del messaggio, attesta che lo stesso è stato ricevuto nella sua casella (c.d. “seconda pec”);

  • una p.e.c. avente ad oggetto l’“esito controlli automatici deposito”, inviata dal gestore dei servizi telematici del Ministero della Giustizia contenente l'esito dei controlli che il sistema effettua automaticamente sulla busta telematica (c.d. “terza pec”), il quale potrebbe contenere la segnalazione di c.d. anomalie bloccanti, alcune delle quali tali da non consentire al procedimento di proseguire oltre senza l'intervento del cancelliere o, in ipotesi estrema, anche senza possibilità di intervento dello stesso;

  • un quarto messaggio p.e.c. (cd. “quarta p.e.c.”) infine, che attesta l’esito del controllo manuale del cancelliere, ovvero l’accettazione, o meno, del deposito da parte della cancelleria; in caso di accettazione e in seguito alla lavorazione da parte della cancelleria, l’atto ed i suoi eventuali allegati saranno dunque -e solo allora- visibili all'interno del fascicolo telematico.

Così definito l’articolato meccanismo di iscrizione a ruolo telematica, siccome disciplinato dalle norme di riferimento, la giurisprudenza di legittimità è ad oggi pervenuta all’interpretazione consolidata secondo la quale la tempestività del deposito va verificata con riferimento al momento in cui viene generata, da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della Giustizia, la ricevuta di avvenuta consegna (RdAC) e, cioè, la cosiddetta “seconda p.e.c., che attesta l’ingresso della comunicazione nella sfera di conoscibilità del “sistema giustizia.

Sul punto in effetti i Giudici di Piazza Cavour si erano già molto chiaramente espressi, recentemente affermando che:

Il deposito telematico degli atti processuali si perfeziona quando viene emessa la seconda PEC, ovvero la ricevuta di avvenuta consegna, da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia, come disposto dall’art. 16 bis, comma 7, del D.L. n. 179 del 2012, così che, ferma l’applicabilità delle disposizioni di cui all’art. 155, commi 4 e 5, c.p.c., il deposito è tempestivamente effettuato quando la ricevuta di avvenuta consegna viene generata entro la fine del giorno di scadenza. Inoltre, se l’illeggibilità dei files è dipesa da fatto fortuito non è imputabile alla parte, cosa questa che per intrinseca coerenza giustifica la rimessione in termini.

La presenza di un errore, non imputabile al depositante, che provoca l’impossibilità per il sistema di accettare il deposito, legittima questi alla istanza di rimessione in termini ai fini della rinnovazione del deposito ove possa ritenersi che questi siano decorsi incolpevolmente a causa dell’affidamento riposto nell’esito positivo del deposito stesso. Ciò? posto, il deposito della istanza di rimessione in termini entro un mese dalla scadenza del termine in oggetto, non appare eccessivamente ritardato, posto che la particolarità? del sistema notificatorio telematico lascia concrete incertezze sull’esito del secondo tentativo, sul quale non vi è stata la PEC di errore” (Cass. 13 novembre 2023, n.31592; Cass. 21 novembre 2023, n.32296; Cass. 21 novembre 2023, n.32287).

Ad ulteriore indicazione del momento esatto di perfezionamento della fattispecie complessa de qua, il costante lavoro interpretativo della Cassazione ha condotto poi alla conclusione che, se il deposito si considera perfezionato al momento del rilascio della RdAC, tale effetto rimane «anticipato e provvisorio rispetto all’ultima p.e.c.» e, cioè, subordinato «al buon fine dell'intero procedimento di deposito, che è quindi fattispecie a formazione progressiva», sicché esclusivamente con l’accettazione del cancelliere (la quarta p.e.c.), «e solo a seguito di essa, si consolida l’effetto provvisorio anticipato di cui alla seconda PEC e, inoltre, il file viene caricato sul fascicolo telematico, divenendo così visibile alle controparti» (v. Cass. n. 28982 dell’8/11/201 9; Cass. n. 17404 del 20/08/2020; Cass. n. 27654 del 21/09/2022; Cass. n. 29357 del 10/10/2022; Cass. Sez. U. n. 28403 del 2023; Cass. n. 69 del 3/01/2025; n. 15801 del 1 3/06/2025).

Se ne trae la conseguenza, hanno proseguito gli Ermellini nella sentenza in commento, che “in caso di esito negativo del procedimento di deposito dell’atto (e cioè quando non risulti che il deposito abbia superato i controlli automatici e i controlli manuali) e, dunque, di rifiuto (corretto o meno che sia) dell’atto da parte della cancelleria, la parte deve procedere alla sua rinnovazione, previa rimessione in termini a norma dell'art. 153, secondo comma, c.p.c., ove possa ritenersi che questi siano decorsi incolpevolmente a causa dell'affidamento riposto nell’esito positivo del deposito (v. in tal senso Cass. n. 17404 del 2020), a meno che la stessa parte abbia provveduto senza indugio ad un ulteriore deposito con esito positivo, rendendo così superflua la pronuncia sull’istanza di rimessione in termini da parte del giudice” (cosi testualmente in motivazione Cass. n. 69 del 2025, cit.)”.

Altra questione particolarmente rilevante, affrontata nel giudizio de quo, è quella se, a fronte di un esito dei controlli automatici che segnala l’esistenza di un errore bloccante, e segnatamente di un “errore fatale, perché il depositante possa essere rimesso in termini ai sensi dell’art. 153 c. p.c. o, in alternativa utilmente provvedere ad un successivo pronto nuovo invio, sia o meno necessario che egli alleghi e dimostri anche l’origine di tale errore e la sua non imputabilità a negligenza del mittente/depositante.

Questo infatti è quanto sostenevano i controricorrenti, i quali obiettavano che le controparti non avevano dimostrato quanto da essi dedotto circa la natura dell’errore “fatale” e la sua imputabilità ad un malfunzionamento del gestore dei servizi telematici in uso al Ministero.

L’eccezione, potendo essere come intuibile la prima e la più temibile tra quelle proponibili in casi analoghi, è stata dalla Cassazione completamente disattesa.

Analizzando ancora una volta il contenuto delle norme di riferimento, i giudici di legittimità hanno dedotto una serie di brevi, esplicativi principi interpretativi afferenti detti, fatidici controlli automatici, che appare certamente utile riassumere qui di seguito:

  • il controllo automatico obbedisce a criteri meramente tecnici (può anche accadere che i sistemi non riescano ad aprire il messaggio contenuto nella busta per un problema nella crittografia dello stesso o per momentanei malfunzionamenti del sistema);

  • sono condotti automaticamente dal sistema informatico di cui si avvale il gestore dei servizi telematici;

  • mentre le anomalie warn ed error consentono, comunque, ai cancellieri di forzare il sistema e di accettare l'atto, quella fatale è invece insuperabile e non consente al cancelliere alcuna operazione;

  • la segnalazione di "errore fatale", in genere, e in particolare quella codificata come "codice esito: -1" non fornisce all’utente alcuna indicazione utile per la sua soluzione: il sintagma "errore fatale" è infatti espressione generica e omnicomprensiva che di per sé non evoca necessariamente un errore del depositante, ma esprime soltanto l'impossibilità del sistema di caricare l'atto nel fascicolo telematico.

Discende da ciò che, ove il rifiuto del deposito dipenda dall’esito negativo dei controlli automatici per “errore fatale”, senza ulteriori specificazioni o con indicazioni mute e generiche, non vi è spazio per una indagine ulteriore circa l'imputabilità dell’errore bloccante al fatto del depositante.

Non può dunque ritenersi giustificata l’idea, come quella sottesa alle repliche dei controricorrenti, che a fronte di una tale emergenza sorga l’obbligo per il depositante di dimostrare, per ottenere di essere rimesso in termini, anche la natura od origine di tale errore e la non imputabilità dello stesso a sua negligenza.

L’“errore fatale”, sancisce la Cassazione, è in tal caso già di per sé causa non imputabile dell’esito negativo del controllo automatico.

I rimedi riservati alla parte in simili casi, e dunque gli oneri su di essa gravanti, sono (solo) due e alternativi l’uno all'altro: la formulazione dell'istanza di rimessione in termini o la ripresa spontanea del procedimento di deposito telematico dell’atto mediante un nuovo invio.

Ne discende che il deposito dell’appello avrebbe dovuto ritenersi tempestivo mentre, posto che al nuovo invio la parte aveva prontamente provveduto, con successo, nessun rilievo poteva attribuirsi alla mancata presentazione di tempestiva istanza di rimessione in termini, resa non necessaria proprio dal già avvenuto secondo invio (cfr. Cass. n. 29 357 del 2022, cit.), nel descritto contesto da considerare alla stregua di legittima ed efficace continuazione della precedente attività”.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza 27766 2025

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