L'interesse dell'Erario ad agire nei confronti dei soci di una società estinta ha natura dinamica, e i soci succedono nei rapporti debitori già facenti capo alla società cancellata anche se non abbiano goduto di alcun riparto in base al bilancio finale di liquidazione.
Incombe sull'Amministrazione Finanziaria l'onere di provare che il contribuente abbia rifiutato di esibire i documenti richiesti.
L'estinzione della società determina l'intrasmissibilità delle sanzioni in virtù del principio della responsabilità personale.
Martedi 13 Giugno 2017 |
Il caso.
Una SRL veniva sottoposta ad accertamento induttivo ai fini IVA, IRAP e imposte dirette per non aver presentato le dichiarazioni dei redditi per gli anni dal 2003 al 2005.
La contribuente impugnava gli avvisi di accertamento sostenendo che le dichiarazioni fossero state presentate tardivamente per ragioni imputabili esclusivamente all'intermediario incaricato della trasmissione telematica.
La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso, e la Commissione Tributaria Regionale respingeva l'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate, annullando anche le sanzioni irrogate alla società a fronte della dichiarazione di responsabilità rilasciata all'intermediario.
L'Ufficio ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza di appello, che viene rigettato.
La decisione.
Il Collegio affronta dapprima la questione della legittimazione passiva della SRL: «Il ricorso è inammissibile nei confronti della società, evocata in giudizio dall'Agenzia sebbene si riferisca in ricorso della sua estinzione per cancellazione dal registro delle imprese dovuta a cessazione di attività e sebbene l'Agenzia ne abbia evocato in giudizio i soci. La stabilizzazione della posizione giuridica della società derivante dall'applicazione del principio dell'ultrattività del mandato, difatti, è venuta meno per effetto giustappunto dell'evocazione e della costituzione in giudizio dei soci, successori, sia pure sui generis, della società (arg. ex Cass., sez.un., 4 luglio 2014, n. 15295; conf., 18 gennaio 2016, n. 710 e 29 luglio 2016, n. 15762)».
E, ugualmente, rileva l'infondatezza del ricorso anche nei confronti del liquidatore: «Il ricorso è poi senz'altro infondato per carenza di legittimazione passiva nei confronti del liquidatore. Ciò in quanto l'Agenzia non ha fatto valere la responsabilità del liquidatore in base all'art. 2495 c.c. o anche in base all'art. 36 del d.P.R. n. 602/73, sibbene l'obbligazione tributaria induttivamente accertata nei confronti della società».
La Suprema Corte passa ad esaminare la questione centrale, ovvero la legittimazione dei soci: «Il ricorso è, invece, ammissibile nei confronti dei soci, contrariamente a quanto sostenuto in controricorso ed in memoria. I soci, a sostegno dell'eccezione di carenza della loro legittimazione, nonché dell'interesse ad agire del fisco, hanno allegato e documentato, ex art. 372 c.p.c., mediante produzione della visura camerale e del bilancio finale di liquidazione risalente al 26 ottobre 2012, successivamente quindi alla pubblicazione della sentenza impugnata, ma antecedentemente alla proposizione del ricorso per cassazione, che nessuna somma è stata loro ripartita per mancanza di attivo. Questa circostanza senz'altro non incide sulla loro legittimazione, giacché non configura una condizione da cui dipende la possibilità di proseguire nei loro confronti l'azione originariamente intrapresa dal creditore sociale verso la società (in termini, Cass., sez.un., 12 marzo 2013, nn. 6070 e 6072)».
E lo fa discostandosi dal recente orientamento espresso dalla stessa Corte e richiamandosi, invece, ai principi affermati dalle Sezioni Unite: «Non può per conseguenza essere condiviso l'orientamento di recente espresso da questa Corte, richiamato in memoria (Cass., ord. 23 novembre 2016, n. 23916 e, in precedenza, 26 giugno 2015, n. 13259; ancora più esplicita Cass. 31 gennaio 2017, n. 2444), secondo cui si può ritenere che gli ex soci siano subentrati dal lato passivo nel rapporto d'imposta solo se e nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione, di modo che l'accertamento di tali circostanze costituisce presupposto della assunzione, in capo a loro, della qualità di successori e, correlativamente, della legittimazione ad causam ai fini della prosecuzione del processo. Queste conclusioni non sono difatti in linea con i principi affermati dalle sezioni unite, che individuano, invece, sempre nei soci coloro che son destinati a succedere nei rapporti debitori già facenti capo alla società cancellata, ma non definiti all'esito della liquidazione, indipendentemente, dunque, dalla circostanza che essi abbiano goduto di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione. .Che i soci abbiano goduto, o no, di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione non è dirimente neanche ai fini dell'esclusione dell'interesse ad agire del fisco creditore».
La Cassazione ne precisa i motivi: «la circostanza si potrebbe riflettere sul requisito dell'interesse ad agire, ma hanno ammonito che il creditore potrebbe avere comunque interesse all'accertamento del proprio diritto».
E afferma, infatti, che l'interesse ad agire ha natura dinamica: «La possibilità di sopravvenienze attive o anche semplicemente la possibile esistenza di beni e diritti non contemplati nel bilancio non consentono di escludere l'interesse dell'Agenzia a procurarsi un titolo nei confronti dei soci, in considerazione della natura dinamica dell'interesse ad agire, che rifugge da considerazioni statiche allo stato degli atti».
Il Collegio affronta anche un'altra questione spesso rilevante nell'ambito delle attività di accertamento: la produzione - per la prima volta in sede di contenzioso - di documentazione contabile.
Nel caso oggetto di decisione, l'Agenzia delle Entrate lamentava la violazione e falsa applicazione dell'art. 52, 5° comma, del D.P.R. 633/1972, ma la cassazione respinge la doglianza precisando che «incombe sull'Amministrazione l'onere di provare i provare i presupposti di fatto di applicazione del 5° comma dell'art. 52 del d.P.R. n. 633/72, ossia che il contribuente abbia nella sostanza rifiutato di esibire la documentazione richiestagli (da ultimo, vedi Cass. 11 agosto 2016, n. 16960)».
Infine, la Suprema Corte affronta il primo motivo di ricorso, con il quale si lamentava la violazione e falsa applicazione «dell'art. 3, 10° co., del d.P.R. n. 322/98, nonché degli artt. 5 e 6 del d.lgs. n. 472/797, là dove la Commissione tributaria regionale ha escluso l'applicabilità delle sanzioni facendo leva sull'asserita mancanza di colpevolezza della società in ordine alla tardiva presentazione delle dichiarazioni, esclusivamente imputabile all'intermediario incaricato» .
Per il Collegio, il motivo è infondato, ed essendo la regola un principio di ordine generale, va applicata anche d'ufficio: «L'estinzione della società ha determinato difatti l'intrasmissibilità della sanzione (arg. ex art. 8 del d.lgs. n. 472/97), regola che costituisce corollario del principio della responsabilità personale, codificato nell'art. 2, 2° co., del medesimo decreto, sia ai soci, sia al liquidatore. E tale principio assume viepiù rilevanza, ove si consideri che l'art. 7, 1 0 comma, del d.l. 30 settembre 2003 n. 269, convertito con I. 24 novembre 2003 n. 326, ha introdotto il canone della riferibilità esclusiva alla persona giuridica delle sanzioni amministrative tributarie (in relazione al quale si veda, tra le più recenti, Cass. 3 luglio 2015, n. 13730)».
Osservazioni.
Questa decisione della Suprema Corte è importante perché affronta alcuni aspetti ricorrenti nel contenzioso tributario relativo alle società.
Anzitutto, ricorda che incombe sull'Amministrazione Finanziaria l'onere di provare che il contribuente abbia rifiutato di esibire i documenti richiesti in occasione delle attività di accertamento.
Poi consolida il principio, affermato dalle Sezioni Unite, che i soci succedono nei rapporti debitori già facenti capo alla società cancellata anche se non abbiano goduto di alcun riparto in base al bilancio finale di liquidazione, che l'interesse dell'Erario ad agire nei confronti dei soci di una società estinta ha natura dinamica e che, pertanto, sussiste l'interesse ad agire nei confronti dei soci anche in vista di potenziali sopravvenienze attive future.
Da ultimo, conferma che l'estinzione della società determina l'intrasmissibilità delle sanzioni in virtù del principio della responsabilità personale.
Giurisprudenza rilevante.
Cass. 15295/2014
Cass. 710/2016
Cass. 15762/2016
Cass. 6070/2013 e 6072/2013, Sezioni Unite
16960/2016, Sezioni Unite
In senso contrario:
Cass. 13259/2015
Cass. 2444/2017
Disposizioni rilevanti.
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 26 ottobre 1972, n. 633
Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto.
Vigente al: 04-06-2017
Art. 52 - Accessi, ispezioni e verifiche
(...omissis...) 5. I libri, registri, scritture e documenti di cui è rifiutata l'esibizione non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell'accertamento in sede amministrativa o contenziosa. Per rifiuto di esibizione si intendono anche la dichiarazione di non possedere i libri, registri, documenti e scritture e la sottrazione di essi alla ispezione. (...omissis...)
DECRETO LEGISLATIVO 18 dicembre 1997, n. 472
Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie
Vigente al: 04-06-2017
Art. 8 - Intrasmissibilità della sanzione agli eredi
1. L'obbligazione al pagamento della sanzione non si trasmette agli eredi.
DECRETO-LEGGE 30 settembre 2003, n. 269
Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici.
Vigente al: 04-06-2017
Art. 7 - Riferibilità esclusiva alla persona giuridica delle sanzioni amministrative tributarie
1. Le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica.
2. Le disposizioni del comma 1 si applicano alle violazioni non ancora contestate o per le quali la sanzione non sia stata irrogata alla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. Nei casi di cui al presente articolo le disposizioni del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, si applicano in quanto compatibili.