Si segnala l'ordinanza del 17 marzo 2021 con cui il Tribunale di Palermo ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale degli articoli 74, comma 2, e 75, comma 1, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), nella parte in cui non prevedono che sia assicurato il patrocinio ai non abbienti nel procedimento di mediazione, quando il suo esperimento è condizione di procedibilità della domanda e il processo non viene poi introdotto per essere intervenuta conciliazione delle parti.
Giovedi 22 Aprile 2021 |
Il caso: L'avv. Tizio presentava istanza per la liquidazione dei compensi per l’attività da lui svolta in qualità di difensore dei sigg.ri D.B. e C.V. n.q. di esercenti la potestà genitoriale sul minore D.B.A., provvisoriamente ammessi al patrocinio a spese dello Stato giusta provvedimento del C.O.A. di Palermo, nell’ambito del procedimento di mediazione obbligatoria in materia di diffamazione e lesione dell’identità personale svoltosi dinanzi all’Organismo di Mediazione “Ass. M.” e conclusosi positivamente con verbale di conciliazione.
Il Tribunale sul punto, osserva preliminarmente che:
a) il più recente specifico arresto della Corte di Cassazione (sez. II, n. 18123 del 2020) esclude la possibilità di liquidare l'attività professionale svolta dall’Avvocato in ambito mediatorio allorquando alla stessa non sia seguita la proposizione di domanda giudiziale, atteso che gli artt. 74 e 75 d.P.R. 30.5.2002, n. 115 limitano l'operatività del patrocinio a spese dello Stato all'ambito del “processo” sia penale che civile ed a tutte le procedure “comunque connesse” ad un processo, ed escludono perciò dal novero delle attività suscettibili di essere svolte con oneri a carico dell’Erario tutta l’attività stragiudiziale (nell’ambito della quale va inquadrata quella svolta in ambito di mediazione) non seguita da instaurazione di un processo;
b) nell’occasione, la Corte di legittimità ha anche osservato che il limite in questione non può essere superato dal giudice neanche con attività d'interpretazione, posto che in tal modo lo stesso verrebbe ad incidere sulla sfera afferente alla gestione del pubblico denaro ed alle disposizioni di spesa, così interferendo su materia riservata al Legislatore e presidiata da precisi dettami costituzionali.
Alla luce di tali assunti, il Tribunale solleva d'ufficio la questione di legittimità costituzionale degli articoli 74, comma 2, e 75, comma 1, del D.P.R. 30 maggio2002, n. 115, in relazione:
all’art. 3 Cost., nella parte in cui tende a rimuovere ogni ostacolo di ordine economico e sociale che limiti la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, nonché sotto il profilo della violazione del principio di uguaglianza che verrebbe compromesso ove professionisti che abbiano effettuato identiche prestazioni in sede di mediazione vengano poi trattati differentemente, sul piano del compenso, a seconda del raggiungimento o meno dell’accordo, tra l’altro riservando un trattamento deteriore a coloro i quali abbiano operato con maggiore efficacia nella prospettiva segnata dall’istituto della mediazione;
all’art. 24 Cost., che assicura ai non abbienti i mezzi per agire e difendersi davanti a ogni giurisdizione;
all’art. 36 Cost., solitamente ritenuto non applicabile direttamente all’attività libero professionale, e tuttavia intaccato là dove, prevedendo la corresponsione di retribuzioni adeguate alla qualità e quantità del lavoro prestato, esclude da qualsiasi tutela i liberi professionisti che abbiano prestato attività lavorativa obbligatoria gratuitamente.