Le condotte riparatorie a sostegno della estinzione del reato

Le condotte riparatorie a sostegno della estinzione del reato

La Riforma Cartabia ha apportato importanti innovazioni per quanto concerne la possibilità di ottenere la estinzione del reato sulla base di condotte riparatorie poste in essere dall’imputato in favore delle Vittime di reato grazie al consenso manifestato dinanzi ai Mediatori nei Centri di Giustizia ripartiva, sebbene ancora istituendi..

Martedi 24 Settembre 2024

Il passaggio dall'ottica punitiva e riabilitativa a quella riparativa corrisponde,di fatto, ad una nuova concezione delle risposte sanzionatorie che, pur mantenendo intatti gli aspetti di rinvio alla responsabilità personale, rimandano anche ad una serie di proposte e di opportunità che il soggetto può cogliere per il proprio cambiamento e, nel contempo, ad una migliore considerazione degli interessi della Vittima del reato, persona singola o società

In quest'ambito si colloca la Giustizia Riparativa con la Mediazione penale tra reo e vittima che,con l’ausilio dei Mediatori Esperti, realizzano l'opportunità di prendere parte ad una gestione del conflitto causato dal fatto reato,anziché limitarsi a sottostare ad un giudizio pronunciato da altri.

Il nuovo Istituto processuale,come emerge dai numerosi contributi dottrinali,può,quindi, essere definito come un modello alternativo di giustizia ordinaria che coinvolge la vittima, il reo e la Comunità nella ricerca di soluzioni per promuovere la riparazione del danno, la riconciliazione tra le parti e il rafforzamento del senso di sicurezza collettivo (1)

La riparazione si differenzia in modo netto dal risarcimento poiché, quest'ultimo compensa il danno materiale e morale causato alla vittima mentre la riparazione restituisce alla vittima fiducia, autostima, senso di sicurezza e legami sociali.

Dall’analisi della Riforma emerge che le maggiori criticità non riguardano le strutture necessarie per l’avvio dell giustizia riparativa, bensì quelle relative al necessario coordinamento con il nuovo sistema processuale introdotto dal Legislatore utilizzando anche le precedenti esperienze avviate che ne costituiscono il fondamento logico-giuridico.

L’incertezza sui tempi di attuazione,i criteri di accesso e gli effetti che la partecipazione a un programma riparativo può, in concreto, produrre sull'esito finale del processo penale potrebbero ,tuttavia,scoraggiare il ricorso alla giustizia ripartiva,soprattutto nelle prime fasi del nuovo procedimento.

Anche la norma procedurale che regola la materia,introdotta dall’art.129-bis,comma 4,CPP,appare non meno esente da critiche, per quanto si dirà oltre, poichè le uniche certezze derivano dalla possibilità di fare ricorso al procedimento riparatorio per quanti attiene ai reati procedibili a querela di parte la cui remissione può determinare la estinzione del reato che potrebbe avere un effetto deflattivo dell’attuale carico dei giudizi in corso ed assicurare un risarcimento “congruo” per le Vittime di Reato anche in conformità della Direttiva Europea 2012/29 UE che ha ispirato il Legislatore ad avviare una Riforma epocale del processo penale.

a) I precedenti normativi

Occorre, tuttvia, effettuare una breve disamina dei precedenti normativi delle nuove disposizioni introdotte.

In Italia, soprattutto nella seconda metà degli anni 90, la Giustizia minorile ed i servizi sociali hanno iniziato a sperimentare la Mediazione penale attraverso i Tribunali per i minorenni,come sancito dal DPR del 22/9/1988 n.448.sebbene la finalità perseguite in proposito siano modulate sulle specifiche esigenze rieducative e di reinserimento del minore,che costituiscono le caratteristiche peculiari della Mediazione penale minorile.

In materia tale sperimentazione è stata,di fatto, affidata alla discrezionalità dell'A.G. nell'ambito dei poteri ad essa conferiti dalla normativa che regola tale processo.

la Legge istitutiva,infatti,ha consentito di avvalersi degli esiti della Mediazione /riparazione, come previsto dall’art.27 dela normativa per i minor,ai fini del proscioglimento degli stessi per irrilevanza del fatto,nei casi di tenuità del fatto,di occasionalità del comportamento derivante dal possibile pregiudizio che la prosecuzione del processo potrebbe arrecare alle esigenze educative del minore.

Va,comune evidenziato che con la stessa normativa è stata avviata l’apertura di Centri di Giustizia ripartiva per i minorenni per l’avvio di programmi riparatori,così tracciando un solco per il Legislatore per altre iniziative similari.

Nonostante ciò,secondo la Dottrina (2),il Legislatore è sembrato distratto ed ha dedicato un’attenzione molto marginale al raccordo tra la giustizia riparativa e il rito previsto per i reati commessi dai minorenni.

Infatti,l’unico intervento più rilevante ha riguardato l’art. 28 del DPR citato che prevede che,nell’ordinanza di sospensione del processo e messa alla prova, del minore, il Giudice, da una parte, affidi il minore ai servizi minorili dell’amministrazione della giustizia per lo svolgimento,anche in collaborazione con i servizi sociali,delle opportune attività di osservazione, trattamento e sostegno mentre dall’altro,impartisca prescrizioni volte a riparare le conseguenze del reato e a promuovere la conciliazione con la persona offesa,sia con l’invito a partecipare a un programma di giustizia riparativa,ove ne ricorrano le condizioni nei Centri al’uopo istituiti.

b) Le condotte riparatorie dinanzi al GdP

Il successivo D.Lgs n.274/2000,istitutivo delle nuove competenze penali del Giudice di Pace,ha aperto un’ulteriore percorso nell’ambito della Mediazione penale per i reati commessi da adulti.

La Legge ha il merito riconosciuto di avere introdotto,per la prima volta nel processo penale alcune norme relative alla “Mediazione Penale”,intesa come modalità extragiudiziale di soluzione dei conflitti, e alla “riparazione”,intesa come meccanismo estintivo dei reati, che costituisce un effetto “premiale” delle condotte poste in essere dell’ imputato nei confronti delle Vittime,come era già avvenuto per la giustizia penale per i Minori . .

Pertanto,alla luce delle norme dell’art.29,comma 4 ed i successivi artt. 34 (estinzione per particolare tenuità del fatto) e 35 (condotte riparatorie) è stata introdotta la definizione alternativa del procedimento in presenza delle condizioni ivi previste.

Va sottolineato che il Legislatore, per adeguare la normativa in vigore alla Riforma,l’art 29, 4 comma,è stato in parte modificato e prevede che “ll giudice, quando il reato è perseguibile a querela, promuove la conciliazione tra le parti

In tal caso, qualora sia utile per favorire la conciliazione, il Giudice può rinviare l'udienza per un periodo non superiore a due mesi e ove occorra, può avvalersi anche dell'attività dei Centri per la giustizia riparativa presenti sul territorio”.

Allo stesso comma è stato aggiunto,inoltre, che “In ogni caso, le dichiarazioni rese dalle parti nel corso dell'attività di conciliazione non possono essere in alcun modo utilizzate ai fini della deliberazione” in analogia del principio generale contenuto della disciplina della nuova Giustizia Riparativa(art..58 D.Lgs150/2022, Valutazione dell’esito del programma di giustizia riparativa) in base al quale l’A.G.,per le determinazioni di competenza, valuta lo svolgimento del programma riparatorio,anche per le finalità dell’art 133 del C.P., in base all’eventuale “esito ripartivo” raggiunto con tale procedimento.

Anche per il GdP, la mancata effettuazione del programma, l’interruzione dello stesso o il mancato raggiungimento di un esito ripartivo,non producono effetti sfavorevoli nei confronti della persona indicata come autore del reato..

Invero,nelle modifiche apportate dal D Lgs 31/2024,correttivo della Riforma Cartabia,è mancato,per il procedimento dinanzi al GdP, l’adeguamento del termine più ampio previsto dall’art.129-bis CPP che,al quarto comma, dispone che ”Nel caso di reati perseguibili a querela soggetta a remissione, il Giudice, a richiesta dell'imputato,può disporre con ordinanza la sospensione del processo per un periodo non superiore a centottanta giorni, al fine di consentire lo svolgimento del programma di giustizia ripartiva”,che appariva motivato proprio dalla necessità di avviare la Mediazione Penale .nei Centri istituendi in tempi più risicati ( 2 mesi).

Non si i comprende, quindi,la ragione di una tale differenziazione,pur avendo il GdP gli stressi poteri di sospensione del procedimento del Giudice Ordinario e le Parti il diritto a rivolgersi ai Centri sul territorio per il programma di Mediazione Penale che, nel caso di reati a querela di parte rimettibile, genera la estinzione del reato come in base al citato art.129.bis CPP.

Inoltre con la Riforma è stato modificato anche l’art.17 del D Lgs 274/2000 nel senso cheIl pubblico ministero presenta al giudice di pace richiesta di archiviazione quando la notizia di reato è infondata,nonché nei casi previsti dagli articoli 408 e 411 del codice di procedura penale ((...)),nonché dall'articolo 34, commi 1 e 2 del presente decreto.”

Tuttavia se “Il giudice,se accoglie la richiesta,dispone con decreto l'archiviazione, altrimenti restituisce, con ordinanza, gli atti al pubblico ministero indicando le ulteriori indagini necessarie e fissando il termine indispensabile per il loro compimento ovvero disponendo che,entro dieci giorni,il P.M. formuli l'imputazione.

La scarna giurisprudenza in merito a tale procedimento ha stabilito che le condotte da porre in essere, ai fini dell'estinzione dello stesso,ai sensi dell’art 35 del D. Lgs citato vadano,comunque,rapportate ad una valutazione oggettiva del danno rimessa all’esame del Giudice procedente e non alla richiesta della parte offesa..

D’altro canto,se fosse ammessa la tesi opposta del necessario consenso della Vittima all'offerta risarcitoria,si svuoterebbe di significato l’esistenza stessa dell’art. 35,poiché risulterebbe evidente che,nella totalità dei casi di reati procedibili a querela, un risarcimento totale del danno reclamato condurrebbe direttamente ad una remissione di querela senza ricorrere al procedimento riparatorio..

Sul punto,è stato osservato dalla Dottrina che, subordinare la procedura a tale assenso, costituirebbe un vero e proprio incoraggiamento a condotte processuali “sleali” in quanto tendenti a strumentalizzare la natura del processo penale, che diverrebbe un vero e proprio strumento coercitivo nei confronti dell’imputato.(!!)

E’ evidente che una tale procedura possa riguardare solo i casi di reati di minore gravità e,come tali, perseguibili a querela ,mentre,,nei casi di reati gravi.il consenso della Vittima o dei suoi familiari,se deceduta,sarebbe essenziale all’avvio del procedimento riparatorio.

c) Le condotte riparatorie nella Riforma Cartabia

A questo punto,appare opportuno ricordare che l’istituto, introdotto dall’art.35, sia alla base dei criteri ispiratori dell’intero D. Lgs 150/2022,che disciplina la nuova Giustizia Riparativa, rispondendo ad un’evidente finalità di deflazione e di “velocizzazione” dei procedimenti esistenti.

In particolare è stato ritenuto,a commento della Riforma che,solo nei casi minori,sia possibile per il Giudice sospendere il procedimento in corso di svolgimento.

Tale obiettivo sarebbe oltremodo contraddetto laddove si accedesse ad una indiscriminata concessione della sospensione,non motivata dal riscontro di precisi precedenti ostacoli alla effettuazione delle condotte riparatorie (3)

Inoltre,la necessità di accelerare i tempi dei procedimenti, sempre secondo la Dottrina,avrebbe indotto il Legislatore ad estendere il regime della procedibilità del reato a querela di parte (3).

Sul punto,appare chiaro,dalla selezione operata dei reati soggetti o meno alla mediazione,che siano state determinanti le possibilità di definire anticipatamente i processi attraverso soluzioni risarcitorie o riparatorie, con la remissione della querela e la conseguente estinzione del reato. Come pure con l’attivazione della causa estintiva di cui all’art. 162-ter CP.,

Inoltre, la possibilità di concludere il procedimento ai sensi dell’art. 162-ter CP rappresen terà,dunque,una sorta di controspinta all'utilizzazione della giustizia ripartiva,agevolando il dialogo tra le parti,in quanto il querelante sarà portato ad evitare di alzare troppo la posta in gioco, mentre il querelato sarà più disponibile a farsi carico anche dei danni, come quelli psichici,che generalmente non vengono computati ai fini del risarcimento.

Con la c.d. restorative justice, in particolare, sarà possibile prendere in considerazione anche “piccole cose di valore non quantificabile”non legate ad una mera attività materiale,ma anche con azioni di tipo simbolico.

Tanto genererebbe una maggiore soddisfazione da parte delle vittime,non sempre interessate ad una somma di denaro, ed una maggiore responsabilizzazione dell’imputato,il cui impegno andrà oltre il mero risarcimento del danno, aprendosi ad accogliere il vissuto e, dunque, la sofferenza cagionata.

Si tratterebbe, comunque, di nuove forme riparatorie non previste dalle vacchia legge per il GdP ma introdotte ex nove dal Legislatore in base alle considerazioni evidenziate.

L’avvenuta estensione dei casi dei reati rimettibili a querela di parte alimenta la possibilità di ricorrere alla Giustizia ripartiva ai fini dell' estinzione del reato ed il bisogno segnalato di accelerare la conclusione dei procedimenti pendenti,

Nella stessa ottica il Legislatore ha esteso,con la modifica dell’’art 35, l’ambito di operatività delle condotte riparatorie a tutti i reati divenuti di competenza del GdP penale,sebbene la norma,nella attuale formulazione,presenti problemi interpretativi in mancanza di un efficace intervento legislativo,analogamente a quanto accaduto con la Riforma Cartabia,di cui si discute in Dottrina..

In proposito,l’art.17 lett.h) della Legge Delega 468/1999,aveva imposto al Governo la “previsione di ipotesi di estinzione del reato conseguenti a condotte riparatorie o risarcitorie del danno” senza che la norma dell’art.35 abbia mai individuato le ipotesi di reato nelle quali risulta applicabile il meccanismo estintivo.

Anzi,nella stesura originaria,l’ambito di operatività della causa estintiva era limitato ai soli reati perseguibili d’ufficio,con ciò escludendo i reati minori procedibili a querela di parte per i quali era apparso più opportuno il ricorso alla rimessione della querela,come conseguenza delle attività di conciliazione svolta dal Giudice nel corso della udienza di comparizione.

In tale quadro, in una recente sentenza del Giudice di Pace di Lanciano (5)era stato a affermato che “le condotte consistenti nella riparazione del danno e nell'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato ai fini dell'estinzione dello stesso ai sensi dell’art 35 del D.Lgs n 274/2000 vanno rapportate ad una commisurazione oggettiva del danno,rimessa in ultima analisi alla stima del giudice che procede e non alla valutazione e alla richiesta della parte offesa “.(5)

A tal fine,secondo la decisione richiamata “le condotte riparatorie devono avere,oltre che ad altri requisiti, quello della “personalità” in quanto compete al Giudice ac­certare se le attività risarcitorie sono sta­te idonee a soddisfare esigenze di riprovazione del fatto e di prevenzione,sicché la condotta non può che essere compiuta personalmente dall’impu tato ma va accertata attraverso la “Mediazione Penale”.

Per tale ragione, il Legislatore avrebbe introdotto con la Riforma un nuovo concetto di “giustizia ristorativa”,dal contenuto spiccatamente non patrimoniale, nella prospettiva di ristabilire lo status quo ante e di compensare, sul piano economico, gli effetti dell’illecito.

La decisione risulta di grande importanza perché sarebbe posta a salvaguardia anche della esigenza di conservare la natura afflittiva della pena e preventiva di ulteriori reati in quanto il Giudice può pronunciare l’estinzione del reato solo se le condotte poste in essere dall’imputato siano state idonee a soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e di prevenzione.

d) Altri casi di estinzione per condotte riparatorie

Anche nel giudizio ordinario, l’srt 162-ter,quanto alle condotte riparatorie, prevede come termine ultimo per perfezionare queste fattispecie di estinzione del reato la dichiarazione di apertura del dibattimento e la stessa norma, del tutto analoga a quella censurata dalla Corte Cost, stabilisce, al primo comma,che «nei casi di procedibilità a querela soggetta a remissione il Giudice dichiara estinto il reato,sentite le parti e la persona offesa, quando l’imputato ha riparato interamente,entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento,il danno cagionato dal reato anche con un’ offerta reale,ai sensi dell’art. 1208 e seguenti del codice civile,«formulata dall’imputato e non accettata dalla persona offesa, ove il giudice riconosca la congruità della somma offerta a tale titolo».

Come afferma la Dottrina(8),la causa estintiva introdotta nel D,Lgs 274/2000,ha costituito uno strumento di profonda innovazione del sistema penale,in quanto alle condotte di tipo riparatorio, fino a quel momento, era stato attribuito rilievo ai soli fini dell’attenuazione della pena per avere «prima del giudizio» riparato interamente il danno mediante il suo risarcimento (art. 62, numero 6, CP.) o come presupposto per ottenere alcuni benefici, anche relativi alla pena,quali la sospensione condizionale (art.165 CP.) e la liberazione condizionale (art. 176 CP.), ma non anche al fine del proscioglimento dell’imputato.

Successivamente,una speciale causa di estinzione del reato per aver riparato interamente il danno «prima del giudizio»è stata prevista dall’art.341-bis CP.,introdotto dall’art. 1, comma 8, L. 94/2009,(Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), con riferimento al reato di oltraggio a pubblico ufficiale.

In seguito,l’art. 168-bis CP.,introdotto dall’art. 3, comma 1, L 67/2014, nel prevedere la sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato, l’ha condizionata alla prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato,nonché al risarcimento del danno dallo stesso cagionato.

In epoca più recente è stato inserito nella parte generale del Codice Penale un nuovo istituto,disciplinato dall’art.162-ter CP,introdotto dall’art. 1, comma 1, L. n. 103 del 2017, che prevede la «Estinzione del reato per condotte riparatorie»,modellato proprio sulla fattispecie di cui all’art.35 del D.Lvo n. 274/2000.

Tale effetto estintivo del reato. previsto,in origine nel processo innanzi al Giudice di Pace, ha conservato anche nella Riforma Cartabia la sua peculiarità in ragione della finalità di favorire la deflazione del carico giudiziario coniugata all’esigenza di verifica che la condotta riparatoria sia anche idonea a soddisfare le «esigenze di riprovazione del reato» e «quelle di prevenzione», come già accennato.come prevede l’art 239 bis CPP..

d) La rilevanza della congruità dell’offerta risarcitoria

In definitiva,tanto confermerebbe l’opinione dottrinale che il risarcimento in funzione riparatoria non possa essere assimilato tout court alla mera soddisfazione della richiesta proveniente dalla parte offesa,ma costituirebbe piuttosto un comportamento attivo dell'imputato,successivo al commesso reato,suscettibile di apprezzamento del Giudice.

Vi è anche un altro elemento,non trascurabile,nell'arti.35,ossia la possibilità’ di opporsi da parte della persona offesa,la quale viene semplicemente "sentita" prima della pronuncia estintiva,come stabilito anche dal più recente art 129 bis.

Sul punto,infatti,tale norma non prevede alcun potere di veto della persona offesa (e dell'imputato) come sancito,invece,dall'art 34,comma 3,del D.Lgs 274/2000 per l'esclusione della procedibilià nei casi di particolare tenuità’ del fatto.

In conseguenza.si deve ritenere più in generale,che la valutazione di idoneità’ da parte del Giudice delle attività svolte in favore della Vittima non può essere intesa come mera presa d'atto che il risarcimento richiesto é stato effettuato bensì come verifica del Giudice che"le attività’ risarcitorie e riparatorie siano idonee a soddisfare le esigenze di riprova zione del reato e quelle di prevenzione,abbiano avuto esecuzione in concreto”(6).

Ne è riprova una conforme sentenza della Cassazione Penale in tema di applicazione della norma estintiva nel caso di guida in stato di ebrezza (6).

La Suprema Corte ha ritenuto,ad es.,che la guida sotto l'influenza dell'alcool (art. 186 Cod. Strad.),così come la guida in stato di alterazione per l'uso di sostanze stupefacenti (art. 187 Cod. Strad.),sono qualificabili come reati di pericolo astratto,per i quali l'eventuale sottoposizione del reo ad un trattamento socio-terapeutico non costituisce un "actus contrarius" rispetto alla condotta incriminata né può integrare una qualche forma di "riparazione"della parte offesa,con la conseguenza che sussiste incompatibilità tra la modalità di estinzione prevista dall'art.35 e la natura dei reati commessi..

Ne consegue che il fatto che l’imputato ponga in essere le condotte riparatorie,non è, di per sé,sufficiente,in quanto è necessario,per la sentenza di proscioglimento,che il Giudice ne valuti anche l’idoneità a «soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e quelle di prevenzione»,come ha sancito la stessa Cassazione (7)

Il Legislatore ha attribuito al Giudice di Pace un potere di verifica della “congruità” delle attività risarcitorie poste in essere,anche superando l’eventuale dissenso della parte offesa mentre non altrettanto si ravvisa nelle norme della Riforma Cartabia laddove il principio dominante è costituito dall’esito ripartivo dalla Mediazione Penale svolta..

Pertanto, solo al Giudice di Pace è consentito di sindacare la “congruità” e “idoneità” della condotta riparatoria,in relazione non solo agli adempimenti risarcitori sul piano patrimoniale ma pure in relazione alla personalità dell’imputato, che soddisfino anchele esigenze di riprovazione e prevenzione del reato,perseguendo l’obbiettivo della composizione non conflittuale della controversia anche se relativa a reati di minore gravità ,

Prima della recente sentenza della Corte Cost, intervenuta sul termine ultimo per la effettuazione delle condotte riparatorie, questa generale causa di estinzione del reato poteva operare, solo se l’adempimento avvenisse prima dell’udienza di comparizione»ex l’art.29, D.Lgs. 274/ 2000,di norma deputata alla verifica della ritualità della citazione a giudizio e della convocazione delle parti

Orbene,se pure possa ammettersi,in via ipotetica,che il termine di due mesi,ora voluto dall’art.35,sia sufficiente a“obbligare” il responsabile del reato alla definizione alternativa del procedimento,tale termine risulta non sufficiente in tutti i casi in cui il meccanismo risarcitorio è affidato dalla Legge a terzi,come ,ad es.,nel caso delle lesioni derivanti da sinistro stradale.

In tali casi,il termine “breve” voluto dal Legislatore finirebbe con l’addossare all’autore del reato le conseguenze derivanti da un risarcimento non sollecito e,comunque,legato alla guarigione dalle lesioni della vittima oltreché agli accertamenti peritali compiuti dalla Compagnia Assicurativa conseguenti alla richiesta risarcitoria ricevuta dalla Vittima.,

La norma,sotto tale profilo,è apparsa,alla Corte delle Leggi, del tutto carente specie in base a principio ontenuto nell’art.2,comma 2 del D Lgs 274/2000,che afferma che il compito assegnato al GdP penale è quello di “favorire,per quanto possibile,la conciliazione tra le parti”-.

Il ruolo di mediatore,affidato dalla norma al Giudice di Pace, risulta rilevante in tali casi, in quanto interviene,come ricordato,a prescindere dalla volontà punitiva della vittima del reato che viene sostanzialmente estromessa nella valutazione della congruità della condotta riparatoria dell’imputato,a differenza di quanto previsto dall’art.34.

Anzi,si sostiene in Dottrina che lo sbarramento temporale fissato per l'esecuzione delle attività’ riparatorie, finirebbe con il legittimare l’abuso del diritto della persona offesa di persistere nelle proprie pretese risarcitorie ponendo in essere comportamenti processuali contrari alla prestazione risarcitoria o ripristinatoria, ostacolandola,di fatto. allo scopo di celebrare il dibattimento.

Pertanto,in tali casi,laddove non si raggiungesse un accordo extragiudiziale,la prima udienza di comparizione si risolverebbe solo in una mera formalità’ burocratica essendo limitata,di regola,a dar atto della mancata volontà del querelante di rimettere la querela, senza attivarsi per cercare la transazione per fissare il quantum debeatur o per evitare pretese risarcitorie delle volte eccessive,con conseguenze devastanti per l’applicazione della giustizia riparativa voluta dal Legislatore.

In conseguenze,sebbene la Riforma, con la modifica apportata all’art 35, abbia affidato alla Mediazione Penale lo stesso compito,resterebbe al GdP l’esercizio di un potere decisorio ove ritenga che l'offerta dell’imputato non venga accolta dalla parte offesa che rifiuti di rimettere la querela per ottenere un risarcimento più elevato, ma che il Giudice ritenga “congrua” ai fini del proscioglimento.(8)

e) Il termine utile per le condotte riparatorie

Resta ancora un punto notevole da chiarire ossia il termine ultimo per porre in essere le condotte riparatorie volute dal Legislatore (9)

Con sentenza n.45 del 21 marzo 2024, la Corte Costituzionale è intervenuta sul termine entro il quale procedere alla riparazione del danno nel giudizio dinanzi al Giudice di Pace.

Come innanzi ricordato,il Giudice di Pace può disporre,«la sospensione del processo se l’imputato chiede nell’udienza di comparizione di poter provvedere» ai predetti adempi menti, dovendo però dimostrare «di non averlo potuto fare in precedenza, analogamente a quanto previsto dall’art 129-bis CPP della Riforma.

In tal caso,il Giudice può imporre specifiche prescrizioni» e,ove venga concessa tale sospensione,secondo il disposto del comma 4,deve fissare una nuova udienza ad una data successiva al termine del periodo di sospensione(2 mesi) per l’effettivo svolgimento delle attività riparatorie dinanzi ai Mediatori Penali in base alle modifiche apportate al procedimento dal Decreto correttivo della Riforma della Giustizia.

Inoltre,ove tali attività abbiano avuto esecuzione,è previsto,al comma 5,che «il Giudice, sentite le parti,dichiara con sentenza estinto il reato enunciandone la causa nel dispositivo».

Con la sentenza innanzi della Corrte Cost.in commento,tale disposizione è stata dichiarata illegittima poiché,al fine dell’estinzione del reato, le condotte riparatorie possono essere realizzate“prima dell’udienza di apertura del dibattimento,,in base alle motivazioni esposte nella decisione a cui si rinvia (v.in calce).

All’udienza di comparizione l’imputato può presentare domanda di oblazione «prima della dichiarazione di apertura del dibattimento»,come prescrive il comma 6 del citato art. 29, in analogia con l’analoga previsione, nel giudizio ordinario, degli artt. 162 e 162-bis C.P..

Quanto alle contravvenzioni punite rispettivamente con l’ammenda o con pene alternative, in entrambe le ipotesi,la domanda di ammissione all’oblazione deve esser avanzata «prima dell’apertura del dibattimento».

Pertanto all’udienza di comparizione, ma sempre prima dell’apertura del dibattimento,il GdP potrà accertare l’avvenuta «riparazione del danno»,ove l’imputato dimostri di averla già fatta in precedenza, e ne valuterà l’adeguatezza e l’idoneità ai fini della estinzione del reato.

f) Conclusioni

Per concludere, anche in base alle considerazioni esposte,sarebbe auspicabile un sollecito intervento legislativo che consenta l’estensione delle condotte riparatorie, in casi partico lari,all’intero giudizio, ampliando il termine risicato previsto per adeguarlo ai 180 giorni sancito i dall’art.129 bis CPP della Riforma per avviare la mediazione penale.

Laddove i tempi siano chiaramente definiti,il procedimento verrebbe sospeso come pure la prescrizione (art. 159 CPp.) e così i termini di improcedibilità dell’azione (art. 344-bis, commi 6 e 8, CPP).

Inoltre,l’accesso ai programmi di giustizia ripartiva potrebbe esssere consentito anche prima della presentazione della querela ai fini della sollecita definizione della controversia.

Infine, segnalato che,in tali casi,sebbene l’art. 129-bis, comma 4, CPP. si riferisca in generale al Giudice,nella fase delle indagini preliminari, il ricorso alla Giustizia Riparativa dovrebbe essere disposto dal Pubblico Ministero per tutelare la necessaria terzietà del Giudicante rispetto al procedimento da celebrare..

L’avvenuto ampliamento dei reati perseguibili a querela e, soprattutto, l’implementazione della giustizia riparativa potrebbero, poi, essere d’aiuto a rivitalizzare le potenzialità di una procedura innovativa quale quella prevista per i procedimenti di competenza del Giudice di Pace.

In tale direzione depone anche la concreta possibilità per il Giudice di pace di avvalersi dell’apporto dei Centri di Giustizia riparativa al fine di facilitare un accordo in ordine alla remissione della querela e alla sua accettazione da parte del querelato, superando,in tal modo,le perplessità manifestate dalla Dottrina sulla previgente disciplina che aveva portato i Giudici di pace a sovrapporre la conciliazione alla mediazione sulla base di una ritenuta fungibilità fra le stesse.

In conseguenza la conciliazione svolta dal Mediatore come terzo neutrale alle Parti coinvolte, pur non avendo potere decisionale,avrebbe un ruolo attivo nella risoluzione del conflitto,avolgendo una importante funzione nel promuovere la conciliazione e nel controllare ed orientare la discussione sugli elementi utili alla risoluzione della controversia.

Infine,la perseguibilità a querela ritrattabile,nella maggioranza dei casi,di competenza del Tribunale monocratico,potrebbe trovare un’applicazione positiva nella nuova udienza di comparizione pre-dibattimentale,in cui il Giudice deve accertare se il querelante è disposto a rimettere la querela, come previsto dall’art. 554-bis,comma 4,CPP, snche in base all’accordo già intervenuto tra le Parti.

Tuttavia, nella stessa sede,dovrebbe essere consentito anche accertare la disponibilità delle Parti ad intraprendere un percorso ripartivo volto alla rimessione della querela, cosdì evitando di avviare il pocesso ,.

In questa direzione occorrerebbe evitare il rischio che alla domanda non corrisponda un’adeguata offerta a causa di un numero di mediatori inferiori alle richieste di interven to. ed è chiaro che su questo peseranno la quantità e qualità dei Centri di Giustizia riparativa che verranno istituiti sul Territorio e le capacità dei Mediatori Penali ad essi preposti.

Solo in tal caso le condotte riparatorie, comunque formulate, potranno avere un senso compiuto e concorrere alla estinzione dei procedimenti penali.

NOTE

  1. v.G. Mannozzi-Le giustizia senza spada – Giuffrè 2004

  2. v. A Ciavola L'estinzione del reato per condotte riparatorie

  3. così,Abbamonte, Speciale tenuità del atto e condotte riparatorie, in Penale.it

  4. v. Agata Ciavola,articolo cit.

  5. Giudice di Pace di Lanciano,sentenza 15/3/2004, in Altalex .it

  6. v. Abbamonte,op.cit.

  7. v Cass. pen.,SS UU 23 aprile-31 luglio 2015, n. 33864.

  8. v.Natalini,Condotte riparatorie,superabile il veto della persona offesa, in Litis.it

  9. v G Molfese, Il dies ad quem perfezionare le condotte riparattorie

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