La Corte di Cassazione con la sentenza n. 24236 del 30 agosto 2025 affronta nuovamente la problematica dei criteri di ripartizione delle spese tra il venditore e il compratore di un immobile posto all'interno di un edificio condominiale.
Mercoledi 3 Settembre 2025 |
Il caso: Tizio conveniva avanti al Tribunale i sig.ri Caio e Mevia per sentirli condannare in solido al pagamento in favore dell'attore della somma di euro 3.335,83, oltre agli accessori e alle spese del giudizio a titolo di rimborso di quanto l'attore aveva dovuto versare al condominio, in parte a titolo di oneri condominiali non versati e in parte a titolo di quota per spese straordinarie per la sostituzione della caldaia dell’impianto di riscaldamento centralizzato dell’edificio condominiale.
La Corte d’appello, in parziale accoglimento dell’impugnazione di Caio, nella resistenza di Tizio e in contumacia di Mevia, stabiliva che la condanna dei venditori disposta dal primo giudice doveva essere pro quota e non in solido, e per il resto confermava la decisione di primo grado e condannava Caio al pagamento di 4/5 delle spese del giudizio di appello, con compensazione del resto.
La Corte distrettuale motivava la decisione, con particolare riferimento alla spesa della caldaia, evidenziando che “la contribuzione straordinaria, ai fini del riparto delle spese condominiali tra venditore e compratore, deve essere individuata con riferimento ai condòmini che hanno preso parte o potevano prendere parte all’assemblea che ha deliberato gli interventi: quando l’assemblea ha deliberato la spesa, l’atto di vendita (datato 27/12/2005) non era ancora stato stipulato”.
Caio ricorre in Cassazione, che, nel rigettare l'impugnazione e nel confermare la correttezza della decisione della Corte d'appello, ribadisce i seguenti principi:
a) è orientamento consolidato che, in tema di riparto delle spese condominiali per l’esecuzione di lavori consistenti in innovazioni, straordinaria manutenzione o ristrutturazione sulle parti comuni, laddove, successivamente alla delibera assembleare che abbia disposto l’esecuzione di tali interventi, sia venduta un’unità immobiliare sita nel condominio, i costi di detti lavori gravano, secondo un criterio rilevante anche nei rapporti interni tra compratore e venditore, su chi era proprietario dell’immobile compravenduto al momento dell’approvazione di detta delibera, la quale ha valore costitutivo della relativa obbligazione, anche se poi le opere siano state, in tutto o in parte, realizzate in epoca successiva all'atto traslativo;
b) di conseguenza l’acquirente ha diritto a rivalersi nei confronti del proprio dante causa, per quanto pagato al condominio in forza del principio di solidarietà passiva ex art. 63 disp. att. c.c., salvo che sia diversamente convenuto tra venditore e compratore, pur rimanendo comunque inopponibili al condominio i patti eventualmente intercorsi tra costoro;
c) peraltro è acclarato che l’art. 63 comma 2 disp. att. c.c., nel regime previgente rispetto alla legge n. 220 del 2012, delinea, a carico dell’acquirente, un regime di responsabilità solidale per il pagamento degli oneri condominiali dovuti dall’alienante, limitata al biennio antecedente all’acquisto, che opera solo nei rapporti esterni con il condominio, ma non anche nel rapporto interno tra acquirente e alienante, sicché, in tale rapporto, salvo che non sia diversamente convenuto dalle parti, l’acquirente risponde soltanto delle obbligazioni condominiali sorte successivamente al momento dell’acquisto e, qualora sia chiamato a rispondere di quelle sorte in epoca anteriore, ha comunque diritto di regresso nei confronti del suo dante causa.