La produzione di corrispondenza tra Colleghi contenente proposte transattive - seppur sollecitate dal Giudice - comporta la sanzione disciplinare della censura
Nota a Cassazione n. 21109/17 udienza 6.6.2017 depositata 12.9.17
Mercoledi 20 Settembre 2017 |
Un Legale ha proposto ricorso per Cassazione avverso la decisione del Consiglio Nazionale Forense di respingere il gravame nei confronti del proprio Ordine professionale che gli aveva inflitto la sanzione disciplinare della censura in conseguenza della produzione in giudizio di corrispondenza contenente proposte transattive intercorse con il Collega di controparte.
Il CNF confermava, infatti, l'interpretazione dell'art. 28 del Codice Deontologico ante riforma del 2014 come previsione di assoluto divieto di esibizione in giudizio di corrispondenza contenente ipotesi transattive con il Collega, non escluso dal fatto che fosse stato il Tribunale stesso ad invitare ad una conciliazione.
Con il primo motivo il procedente lamenta che nè in primo nè in secondo grado sarebbe stata svolta un'adeguata indagine ermeneutica del contenuto della corrispondenza in oggetto: detta censura è stata però dichiarata improcedibile in assenza di mancata produzione della lettera ai sensi e per gli effetti dell'art. 369 c. 2 n. 4 c.p.c.
Secondariamente il ricorrente si duole del fatto che la corrispondenza sarebbe stata prodotta a seguito dell'invito del Giudice a transigere, comportamento processuale sul quale poi, ai sensi degli articoli 91 e 96 c.p.c., avrebbe inciso la decisione finale: secondo il professionista, infatti, l'unico modo per consentire al Giudice di valutare la condotta processuale delle parti sarebbe stato proprio quello di mettergli a disposizione la relativa corrispondenza, strategia processuale corroborata dal fatto che poi la sentenza definitiva aveva deliberato la compensazione delle spese di lite nonostante la soccombenza di una parte; per tale ragione l'interpretazione dell'art. 28 data e dal Consiglio dell'Ordine e dal CNF sarebbe stata penalizzante nei confronti della predetta finalità.
Gli Ermellini, sul punto, hanno però rilevato l'inammissibilità della produzione della sentenza ai sensi dell'art. 372 c.p.c. in quanto non attinente nè alla nullità della decisione stessa nè tantomeno all'ammissibilità del ricorso ma se mai al solo merito non sindacabile in quella sede; del resto, ad abundantiam, nella decisione neppure si accennava ad alcuna proposta conciliativa.
In terzo luogo si sottolinea che il Giudice può, al più, solo sollecitare le parti a conciliarsi formulando ipotesi che solo le stesse potranno o meno decidere di adottare ed infatti il meccanismo che l'art. 91 c.p.c. intende promuovere fa ricadere gli effetti dell'addebito delle spese processuali sulla parte che ingiustificatamente rifiuta una ragionevole e vantaggiosa proposta; è infine altresì vero che, ai fini di cui sopra non c'è nessuna necessità di divulgare la corrispondenza poichè la proposta conciliativa deve comunque essere formulata in giudizio ed è in quella stessa sede che si valuterà l'adesione o meno delle parti con le conseguenze del caso, senza alcun bisogno di divulgare la corrispondenza da cui tale proposta è maturata neppure essendo necessaria la produzione per giustificarne il rifiuto.