Nell'ordinanza n. 32443/2022 la Corte di Cassazione chiarisce la natura dell' espressione contenuta in una domanda di risarcimento danni - “o al pagamento di quella maggiore o minore somma che sarà accertata in corso di causa” - ai fini della liquidazione delle spese di lite a carico dell'attore soccombente.
Martedi 8 Novembre 2022 |
Il caso: La carrozzeria Delta, cessionaria da Caio del credito per risarcimento dei danni subiti da un veicolo all’esito di un sinistro stradale, chiedeva al Giudice di pace di Roma la condanna solidale di Mevio e della Compagnia di Assicurazioni S.p.A., al pagamento della somma di euro 3.394,94, oltre interessi, ovvero di «quella maggiore o minore somma che sarà accertata in corso di causa».
Il GdP rigettava la domanda, che veniva riproposta in appello: il Tribunale respingeva l'impugnazione e condannava l’appellante alla rifusione delle spese di lite in favore della Compagnia di Assicurazioni liquidate in euro 8.000 (ottomila) per compensi, oltre accessori di legge.
L'appellante soccombente ricorre in Cassazione, contestando la liquidazione delle spese, per i seguenti motivi:
a) il valore della domanda formulata è pari ad euro 3.394,94, sicché il quantum statuito si pone immotivatamente al di sopra del compenso massimo liquidabile in base al d.m. n. 55 del 2014; (b) la domanda non può considerarsi di valore indeterminabile, avendo l’attore puntualmente specificato l’importo richiesto a titolo risarcitorio ed essendo l’istanza di pagamento della «maggiore o minore somma che sarà accertata in corso di causa» clausola di mero stile, ininfluente ai fini di stabilire il valore della lite;
(c) in ogni caso, l’attore aveva dichiaratamente limitato la domanda entro la competenza per valore del Giudice di pace in materia di risarcimento danni prodotti dalla circolazione di veicoli (pari, nel massimo, ad euro 20.000), per cui la somma oggetto di condanna eccede gli importi massimi liquidabili facendo applicazione del relativo scaglione tariffario.
Per la Cassazione la doglianza è infondata: al riguardo osserva che:
- ai fini della determinazione dello scaglione degli onorari di avvocato per la liquidazione delle spese di lite a carico della parte la cui domanda di pagamento di somme o di risarcimento del danno sia stata rigettata, il valore della causa, che va determinato in base al disputatum, deve essere considerato indeterminabile quando, pur essendo stata richiesta la condanna di controparte al pagamento di una somma specifica, vi si aggiunga l’espressione “o di quella maggiore o minore che si riterrà di giustizia” o espressioni equivalenti;
- ai sensi dell’art. 1367 cod. civ., applicabile anche in materia di interpretazione degli atti processuali di parte, non può ritenersi a priori che la suddetta espressione sia solo una clausola di stile senza effetti, dovendosi, al contrario, presumere che in tal modo l’attore abbia voluto indicare solo un valore orientativo della pretesa, rimettendone al successivo accertamento giudiziale la quantificazione;
- ben correttamente, dunque, il Tribunale di Roma, adito con una domanda caratterizzata dalla trascritta precisazione, ha reputato la controversia di valore indeterminabile e, per l’effetto, parametrato i compensi dovuti alla parte vittoriosa in entità corrispondente.