La domanda con la quale un soggetto chieda il risarcimento dei danni a lui cagionati da un dato comportamento del convenuto, senza ulteriori specificazioni, si riferisce a tutte le possibili voci di danno originate da quella condotta, compreso il danno non patrimoniale.
Lunedi 21 Ottobre 2024 |
In tal senso si è espressa la Corte di Cassazione nell'ordinanza n.23233/2024.
Il caso: Tizio conveniva innanzi al Tribunale di Pistoia Mevio, per sentirlo condannare all’eliminazione dei difetti (tracce di umidità, rigurgito di acque nere con conseguente allagamento del seminterrato) presenti nell’immobile acquistato dall’attore, alla corresponsione della differenza tra il prezzo d’acquisto e il minor valore dell’immobile, nonché al risarcimento dei danni; il venditore si costituiva chiedendo l’autorizzazione alla chiamata in causa della società costruttrice del fabbricato, Immobiliare Alfa srl
Il tribunale adito condannava Mevio al pagamento di €. 24.208,69 a titolo di riduzione del prezzo; escludeva la responsabilità della società costruttrice, sia perché il convenuto si era limitato a chiedere di essere da questa manlevato, senza tuttavia esperire una vera e propria azione ex art. 1669 cod. civ., sia perché era comunque trascorso il decennio dall’ultimazione dell’opera.
Su impugnazione principale di Mevio la Corte Distrettuale, in riforma parziale della sentenza di primo grado:
in accoglimento dell’appello incidentale, condannava Mevio anche al risarcimento dei danni patrimoniali (€. 3.942,66) e non patrimoniali (€. 10.000,00) in favore dell’acquirente; sul punto la Corte rilevava che
in accoglimento dell’appello principale, condannava Immobiliare Alfa s.r.l. a tenere indenne Mevio da tutte le conseguenze economiche della condanna del venditore, oltre alla rifusione delle spese legali.
La Immobiliare Alfa srl ricorre in Cassazione, censurando, per quel che qui interessa, la sentenza di secondo grado nella parte in cui ha riconosciuto alla parte attrice la possibilità di specificare le voci di danno solo in comparsa conclusionale: invece, l’attore aveva il dovere di indicare e allegare i fatti materiali che assume come fonte di danno.
Per la Suprema Corte la doglianza è infondata: sul punto la Corte osserva che:
a) la domanda con la quale un soggetto chieda il risarcimento dei danni a lui cagionati da un dato comportamento del convenuto, senza ulteriori specificazioni, si riferisce a tutte le possibili voci di danno originate da quella condotta;
b) pertanto, a fronte di una domanda di risarcimento pure generica, che utilizzi formule: «danni tutti, patrimoniali e non patrimoniali, patiti e patiendi»; danno «subìto e subendo», come nel caso di specie, ed in assenza di ulteriori allegazioni, deve riconoscersi anche la voce di danno non patrimoniale;
c) resta fermo che la domanda introduttiva di un giudizio di risarcimento del danno, poiché ha ad oggetto un diritto c.d. eterodeterminato, esige che l'attore indichi espressamente i fatti materiali che assume essere stati lesivi del proprio diritto, a pena di nullità per violazione dell'art. 163, n. 4, cod. proc. civ.;
d) nel caso di specie, i fatti materiali generatori del danno sono stati allegati e sono rimasti immutati (episodi di tracimazione e rigurgito di acque nere nel seminterrato).