L’esito dei programmi riparativi ai fini delle attenuanti della pena

L’esito dei programmi riparativi ai fini delle attenuanti della pena

La Legge Delega n.134/2021 che ha dato origine alla Riforma della Giustizia Riparativa,istituita con il Decreto attuativo n.150/2022,prescrive che“l'esito favorevole dei programmi di Giustizia Riparativa possa essere valutato nel procedimento penale e in fase di esecuzione della penae che “l'impossibilità di attuare un programma di giustizia riparativa o il suo fallimento non producano effetti negativi a carico della vittima del reato o dell'autore del reato nel procedimento penale o in sede esecutiva”.

Lunedi 14 Ottobre 2024

In conseguenza,la disciplina del nuovo Istituto processuale,da una parte,ha introdotto una definizione dello stesso all’art.42 e ss,ne sancisce i principi e gli obiettivi con l’art.43,ne regola menta le modalità del percorso riparativo agli artt.44 e ss.,mentre,dall’altra, ha individuato alcuni riferimenti alle norme applica bili del Codice Penale,che consentono di dare rilevanza giuridica all’esito del procedimento ripartivo ai fini della pena da comminare al responsabile dell’offesa arrecata alla Vittima. .

In particolare,l’avvenuta riparazione del danno ha assunto notevole rilevanza ai fini dell’applicazione della modifica apportata all’attenuante contenuta nell’art. 62 n.6, ultima parte,del C.P. nei casi in cui l’imputato abbia partecipato ad un pro gramma riparativo conclusosi con un esito positivo.

Per contro,la mancata effettuazione del programma ovvero l’interruzione di esso ed il mancato raggiungimento di un esito favorevole,non producono effetti sfavorevoli nei confronti della persona indicata come autore dell’offesa (art 58,secondo comma)il quale in tal caso,può,comunque, beneficiare della valutazione discrezionale del Giudice in ordine alla gravità del reato,alla capacità a delinquere e alla condotta del reo conseguente al reato ai fini della graduazione della pena in base all’art.133 CP-

Pertanto,nel primo caso,il Giudice,una volta accertato,attraverso la relazione finale ricevuta dal Mediatore,che l’imputato abbia svolto un programma riparativo dall’esito positivo, deve valutarlo, unitamente agli atti e documenti acquisiti nel procedimento,ai fini della applicazione dell’attenuante obbligatoria della pena da irrogare prevista dall’art.62 n.6 CP,come pure dagli artt.56,57e 58 del D.Lgs attuativo... .

In tal caso,infatti,l’applicazione dell’attenuante non consente al Giudice alcuna valutazione discrezionale ove lo stesso abbia accertato l“esito ripartivo”positivo della mediazione raggiunto dalle Parti coinvolte,anche nel caso in cui potrebbe consistere nell’assunzione,da parte dell’imputato,di impegni comportamentali che appaiano meritevoli della diminuzione della pena qualora gli stessi,oltre ad essere stati da lui assunti all’esito del programma riparativo, siano stati anche rispettati ,come precisa,sul unto,la Relazione Illustrativa al D.Lgs. 150/2022,,innanzi richiamata.

Invero,prima delle modifiche apportante in tal senso dal Legislatore all’’art 62 n.6 CP,la norma contemplava la riparazione integrale del danno mediante il risarci mento di esso o mediante le restituzioni (parte prima)e,fuori dai casi di recesso attivo,l’essersi adoperato spontaneamente ed efficacemente per l’eliminazione o l’attenuazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato (parte seconda).

Con la modifica,le prime,costituiscono le prestazioni integranti l’esito riparativo materiale (art.56,c.3 D.lgs.150/2022)che,ove perfezionate,divengono anche il presupposto dell’applicazione della circostanza attenuante.

Nel secondo caso,il risarcimento integrale del danno,l’elisione o l’attenuazione delle conseguenze del reato potranno,comunque,essere valutate dal Giudice, sia ai sensi dell’art. 62 n.6 CP,parte prima o parte seconda,per quanto si dirà infra,sia ai sensi dell’art. 62bis CP, ma anche come circostanza impropria ex art. 133,c.2 n.3. CP ai fini della graduazione della sanzione,nel caso di esito sfavorevole o di interru zione del programma attuato.

Inoltre,va ricordato che la ragione principale della Riforma è costituita dalla introduzione del programma ripartivo,esterno al procedimento penale,che permette alle Parti coinvolte,imputato e Vittima del reato,la risoluzione delle questioni derivanti dal reato secondo uno schema diverso da quello proprio della giustizia punitiva (art 53 D..Lgs) poiché dispiega i suoi effetti per entrambe.

Il programma,infatti,tende a porre in relazione le Parti del processo penale ma non si pone in alternativa ad esso,con la conseguenza che,in termini di prevenzione generale,si sviluppa in armonia con i principi costituzionali posti a tutela della persona e della sanzione dei comportamenti contra legem,mentre,in termini di prevenzione speciale,prende in considerazione la necessità di contenere la pena nei confronti di chi ha riparato integralmente l’offesa arrecata alla Vittima.

a. L’Esito Riparativo

In effetti,nelle intenzioni del Legislatore, l’esito favorevole del procedimento, riparativo, come definito dall’art.42,primo comma lett.e),è il risultato di un accordo raggiunto tra le Parti del processo penale per la riparazione dell’offesa, con il riconoscimento reciproco e la ricostruzione della relazione tra di esse,anche avvvalendosi della ’attività svolta,a tal fine,dai Mediatori,secondo le modalità previste in dettaglio dall’art.56 ed in assenza dei difensori,salvo nelle ipotesi sancite negli artt.54,c, 2, e 56, c.5 D. Lgs.

Al termine del programma,gli stessi Mediatori trasmettono al Giudice una Relazione, ai sensi dell’art.57, in base alla quale compete ad esso valutarne l’esito ai fini della remissione della querela o per la graduazione della pena,in base alla nuova attenuante introdotta ovvero degli artt.133 e 163, ult. Comma C.P.,ma anche per quanto concerne la particolare tenuità del fatto o la messa alla prova,come pure per l’applicazione dei benefici penitenziari per i condannati che si avvalgano di un analogo procedimento,come sancito dal nuovo art.15bis dell’Ord. Peniten ziario. ..

Tutto quanto avvega nell’ambito della Mediazione è contraddistinto da riservatezza e dalla segretezza, fatte salve le eccezioni di cui all’art.50,comma 1,allo scopo di favorire il possibile e proficuo contatto tra le Parti per la eliminazione del conflitto tra di esse ed il raggiungimento di un accordo utile ad entrambe..

La successiva trasmissione della relazione,che deve avvenire con le stesse garan zie previste per lo svolgimento del programma,consente al Giudice,che,non può conoscere quanto accaduto in precedenza,di valutare l’esito ripartivo raggiunto dal programma,traendone le conseguenze processuali ai fini dell’applicazione della attenuante alla pena da irrogare..

A tal fine la Riforma ha pure previsto che il programma riparativo possa essere condotto anche direttamente tra autore dell’illecito e la Vittima aspecifica o surrogata, coinvolgendo anche la Comunità,ed, in tal caso, si ritiene che possa essere utile,ai fini della pena,anche un esito riparativo simbolico,proprio della Restora tive Justice, che consente,anche in tal caso,l’applicazione dell’attenuante dell’art. 62 n.6 CP, contrariamente a quanto sostenuto da una parte della giurisprudenza di legittimità in ordine al contenuto della riparazione,di cui si dirà oltre...

La Riforma,nel disciplinare il percorso ripartivo introdotto nell’Ordinamento,ha individuato anche quali siano i soggetti legittimati a partecipare ai programmi di ricomposzione della lite, adottando un criterio selettivo diverso da quello con cui il Codice penale individua la persona offesa ai fini processuali.

In tale contesto,l’esito ripartivo rientra a pieno titolo nel paradigma del diritto penale c.d..”premiale”,che riguarda gli istituti attenuanti od estintivi della pena, consentendo di collegare la punibilità,come conseguenza giuridica del reato, all’offesa del bene giuridico protetto,ove intervenga una riparazione del danno nelle forme previste dalla normativa istitutiva..

In effetti,.attraverso la concessione della attenuante, il Legislatore tenta di rendere quanto più possibile aderente il diritto al fatto in una materia in cui,più che in ogni altra,era urgente introdurre una disciplina giuridica più conforme alla realtà, attraverso un percorso ripartivo il cui esito trova proprio nell’art. 62 n.6 CP un giusto corrispettivo poiché esso prevede una diminuzione “premiale”della pena,nella misura massima di un terzo,ex art. 65 CP,di cui beneficia l’imputato che ha partecipato con ls Vittima ad un programma conclusosi positivamente..

La nuova attenuante,inoltre,si aggiunge a quelle già previste dalla stessa norma in commento,che riguardano la riparazione integrale del danno mediante il risarcimento di esso e le restituzioni,e quella della spontanea ed efficace elisione o attenuazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato,che può realizzarsi fuori dai casi di recesso attivo o del procedimento ripartivo.

b. L’orientamento della Cassazione

La Cassazione,sezione quarta,chiamata a pronunciarsi sul riconoscimento della attenuante introdotta e se la stessa possa essere riconosciuta nel caso in cui il programma ripartivo sia in corso e non ultimato,ha stabilito,con la sentenza n.655/2024 (non ancora pubblicata) che “il riconoscimento dell’attenuante prevista dall’art.62, n.6,CP. può avvenire all’esito del positivo completamento del programma ripartivo” e che la stessa “può essere riconosciuta,oltre che in caso di integrale eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, anche per l’avere partecipato ad un programma di giustizia riparativa con la vittima del reato, concluso con un esito ripartivo”. .

Tuttavia “Qualora l’esito riparativo comporti l’assunzione da parte dell’imputato di impegni comportamentali,tale circostanza è valutata solo quando gli impegni assunti siano stati rispettati»”..

Pertanto,“la deduzione difensiva inerente alla possibilità di riconoscere la predetta attenuante anche in caso di programma di giustizia riparativa ancora in corso di esecuzione e non ultimato,deve ritenersi infondata”atteso che “in base del nuovo testo dell’art.62,n.6, C.P.,il dato della necessaria conclusione del programma si evince dalle parole «avere partecipato a un programma di giustizia ripartiva” e dall’uso della locuzione «concluso con un”esito ripartivo”.

Peraltro,secondo la Corte, l’impugnazione, sul unto,risultava generica,non avendo il ricorrente dedotto lo stato e la progressione del richiesto programma di giustizia riparativa e tanto meno allegato elementi documentali valutabili.(!!)

La Suprema Corte,nel rigettare il ricorso e sempre ai fini della decisione ripercor re, nella sentenza,alcuni passaggi della disciplina dell’art.62 n.6,prima parte, C.P., soffermandosi su due aspetti essenziali..

In primo luogo,ribadisce che la valutazione dell’integralità del risarcimento non è rimessa alle Parti in quanto «essa si riflette sulla misura della pena, comportando un positivo giudizio di resipiscenza dell’autore» posto che “il Giudice,nell’esercizio del suo potere discrezionale,può prescindere dal fatto che il danneggiato si dichia ri soddisfatto dell’ammontare del risarcimento ricevuto”.

In secondo luogo, la Corte afferma che “nel caso in cui l’offerta (sebbene congrua) avanzata alla Vittima dall’imputato,non venga accettata,essa deve essere definitiva e non revocabile e rispetti le modalità che non possono che essere se non quelle dell’offerta reale».

Muovendo da quest’ultimo assunto,la Cassazione ha escluso,quindi,che,nel caso di specie,l’offerta formulata fosse efficace in quanto,dopo il rifiuto dell’offerta reale da parte del danneggiato,l’imputato non si era curato di effettuare il deposito previsto dall’art.1210 CC. poiché «è solo con il deposito che si rende valida l’offerta reale (…), essendo l’atto con il quale la somma offerta esce dalla disponibilità del debitore,purché egli non lo ritiri prima dell’accettazione del creditore, favorendo la libera accettazione dell’offerta in qualsiasi momento».

La Cassazione ricorre all’istituto civilistico dell’offerta reale e dei suoi successivi adempimenti,alla luce dell’orientamento della giurisprudenza in materia,della natura oggettiva ovvero soggettiva dell’attenuante in questione e delle relative conseguenze applicative..

Invero,in precedenza,la circostanza attenuante di cui all’art. 62 n.6,prima parte, CP. era stata inquadrata,nella prassi giudiziaria,nell’ambito delle circostanze soggettive poiché era stato ritenuto che la riparazione del danno dovesse provenire dall’imputato e rappresentarne una manifestazione di resipiscenza dello stesso a fronte del reato compiuto..

Per tale ragione,la Giurisprudenza aveva escluso che l’autore del reato potesse giovarsi del risarcimento del danno effettuato da un terzo,ai fini della diminuzione della pena,sebbene altre decisioni ammettevano,invece,che il risarcimento effet tuato dal terzo potesse autorizzare l’applicazione della attenuante.

Il quesito della efficacia della risarcibilità del danno in base alla natura oggettiva o soggettiva ell’attenuante, era stato affrontato anche dalla Consulta con la sentenza interpretativa di rigetto n.138 del 23 aprile 1998, relativa ad un caso di sinistro stradale.

Nella decisione,la Corte delle Leggi aveva negato che l’attenuante del risarcimento del danno fosse improntata al ravvedimento del reo,poichè,anche nella ’ipotesi di inequivocabile resipiscenza,come nel caso della cessione di tutti i beni al danneggiato,la diminuzione della pena fosse sempre subordinata all’integrale risarcimento del danno.

In sostanza, secondo la sentenza, l’attenuante non poteva che essere ricondotta ad una natura oggettiva della stessa,incentrata sull’adempimento dell’obbligazione risarcitoria da reato anziché sulla diminuzione della capacità a delinquere, dell’imputato.

A riprova di tale opinione,anche le Sezioni Unite avevano confermato l’impostazione della Consulta circa l’assenza della necessità di ravvedimento ai fini della concessione dell’attenuante pur negando che la riparazione effettuata da un terzo concorrente del reato giovasse automaticamente anche agli altri correi, ritenendo in tal caso inapplicabile la disciplina enunciata dall’art. 118 CP. in base al fatto che l’attenuante opera in un momento successivo alla consumazione del reato collettivo.

In conseguenza,le Sezioni Unite hanno sancito la irrilevanza dell’avvenuto risarci mento da parte di terzi sul presupposto della natura soggettiva della circostanza attenuante.

Tuttavia,in epoca successiva,si è assistito ad una nuova valorizzazione giurisprudenziale delle componenti soggettivistiche rintracciabili nell’art.62 n.6 prima parte CP,nonostante i punti fermi precedentemente posti dalle Sezioni Unite e, soprattutto,dalla Corte Costituzionale.

In un tale contesto va letta,dunque,la sentenza n.655/2024,innanzi citata, che valorizza la natura soggettiva dell’attenuante in questione,in linea con il nuoovo procedimento ripartivo che,in quanto tale, non può essere demandato a terzi a meri fini risarcitori..

In tal modo la decisione si pone,in diretto contrasto con quella assunta dalla Corte Costituzionale che,come innanzi esaminato,aveva escluso che la ratio sottostante all’art. 62 n.6 prima parte C.P..fosse quella del ravvedimento del colpevole,optando,invece,per una natura oggettiva dell’attenuante legata al risarcimento integrale del danno..

In primo luogo,la sentenza,afferma che la valutazione dell’integralità del risarci mento del danno è compito del Giudice poiché comporta anche un giudizio di resipiscenza idoneo ad incidere sulla quantificazione della pena.

Pertanto esclude una lettura oggettivistica dell’attenuante anche in relazione ad un altro aspetto che emerge chiaramente dalla decisione del ricorso dell’imputato, ossia l’inapplicabilità della diminuzione di pena nel caso in cui il danno non possa essere riparato per rifiuto del danneggiato,con l' interruzione del programma ripartivo,mentre,in precedenza,la stessa Corte aveva assunto un duplice atteggiamento poiché,da un lato,era stata reputata sufficiente l’offerta informale di una somma ritenuta congrua mentre,dall’altro,richiedeva la procedura di convalida dell’offerta reale ex art. 1209 ss. CC.

Ne consegue che la sentenza in commento annette importanza all’esito positivo del procedimento ripartivo,escludendo dalla concessione del’attenuante prevista ogni altra ipotesi benché riaffermi che un esito sfavorevole non abbia alcun riflesso sul procedimento penale in corso.

c. Gli effetti della sfavorevole conclusione del programma riparativo

Tuttavia,come afferma sul punto la Dottrina,la possibilità di godere della diminu zione della pena,in caso di rifiuto della Vittima,non comporta un reale abbandono della concezione oggettivistica dell’attenuante poiché,in concreto,il reo che offre una somma congrua pone in essere il comportamento richiesto dall’attenuante in questione,al punto da superare la mancata collaborazione del danneggiato(v M Passione,Programmi ed esiti di G.R,, in Riv Sistema Penale).

La Cassazione,a questo proposito,aveva sancito in precedenza che il Giudice può intervenire«prima ancora della stessa celebrazione del processo (essendo previsto a pena di decadenza quale termine per l’operatività della condotta ripara toria o comunque dell’offerta reale la dichiarazione di apertura del dibattimento) al fine di valutare nel contraddittorio fra le parti,ove tra le stesse non vi sia accordo,a fronte di una condotta di concreta disponibilità dell’imputato alla riparazione,la congruità della somma versata od offerta nelle forme di cui all’art.1208 c.c.».

In conclusione,secondo la Giurisprudenza,quando il risarcimento integrale del danno appare idoneo,la contraria volontà del danneggiato può essere superata dall’effettuazione di un’offerta reale da parte dell’autore del reato mentre,se la riparazione serva solamente a ridurre la pena,è richiesto al responsabile del danno un comportamento maggiormente oneroso,quale il deposito dell’offerta avanzata ed il successivo promovimento del giudizio civile di convalida che si concluda favorevolmente per il danneggiante/imputato..

Concorda,in tale senso,anche la già citata Relazione illustrativa della Legge Delega n.134/2021 nella quale invitata il Legsilatore delegato a “prevedere che l’impossibilità di attuare un programma di giustizia riparativa o il suo fallimento non producano effetti negativi a carico della vittima del reato o dell’autore del reato nel procedimento penale o in sede esecutiva” pur senza indicare gli effetti sulla pena da comminare.

In base a tale assunto ed in mancanza di una norma specifica,si può presumere che il comportamento tenuto dall’imputato nei confronti della Vittima possa avere,comunque,una rilevanza ai fini della diminuzione della pena,prescindendo da un esito positivo raggiunto dalle Parti attraverso la Mediazione svolta(!!)..

Tuttavia,per completezza,occorre anche tenere conto di quanto è emerso dai primi provvedimenti di rigetto delle richieste di ammissione ad un programma di giustizia riparativa, in cui è stato affermato (ad es,per un delitto concernente lo spaccio di sostanze stupefacenti) che“non è ontologicamente ipotizzabile un dialogo di alcun tipo,mancando la parte con cui intrattenere tale dialogo”,come sostenuto dalla CdA di Milano,ma anche dalla Cassazione(v.Sez.VI,sent 623/23)secondo cui “l’opzione circa la sollecitazione del procedimento riparativo è dettata da una serie di valutazioni che attengono alla tipologia del reato,ai rapporti tra l’autore e la persona offesa,all’idoneità del percorso ripartivo a risol vere le questioni che hanno determinato la commissione del reato”.

L’importanza di tali decisioni consiste nell’ave introdotto,di fatto,nella norma procedurale dell’art.129 bis, la necessità di una valutazione preliminare della richiesta di accesso al procedimento riparativo che,in altri casi,è mancata (v Caso Maltesi)nonostante l’opposizione del P.M. e della Vittima aspecifica(i Fami liari della Vittima).

Inoltre tali decisioni rivelano che l’applicazione dell’art. 62 n.6 CP,ai fini delle conseguenze sanzionatorie,costituirebbe solo uno degli elementi che concorrono alla valutazione complessiva della gravità del reato,come la capacità a delinquere ex art.133 CP e la condotta del reo conseguente al reato,che consentono una diminuzione fino ad un terzo della pena base (artt.63,co.1 e 65 n.3 CP) così impedendo l’accesso ai programmi riparativi per il ristoro dei danni sofferti dalla Vittima.che costituisce,per contro,per il Legislatore la ragione primaria del nuovo Istituto,come innanzi ricordato..

Nondimeno,occorre ribadire che la graduazione della sanzione in base all’esito positivo raggiunto dalle Parti, proprio nell’ottica della Riforma,ha assunto un maggior rilievo rispetto a quella impropria di cui all’art 133 CP, stante il beneficio assicurato dall’applicazione obbligatoria della’attenuante da parte del Giudice..

Pertanto,quando l’esito del programma può essere definito ripartivo,sussiste un obbliga per il Giudicante di procedere alla diminuzione della pena ex art.59,co.1 CP,.sebbene l’art.58,primo comma,precisi che l’Autorità Giudiziaria può decidere, comunque,di ridurre la pena da comminare se il programma abbia avuto un con esito sfavorevole,ricorrendo ai criteri sanciti dall’’art.133 CP.

Tale previsione potrebbe,tuttavia,rientrare nell’alveo dell’’attenuante dell’art 62,come modificata dal Legislatore,nella parte in cui essa prescrive che “il mancato raggiungimento dell’esito riparativo non produce effetti sfavorevoli per l’imputato” laddove derivi da condizioni che esulano dalla volontà redibitoria della persona indicata quale autore dell’offesa,come,ad esempio,nel caso in cui vi sia l’ostinazione della vittima a non voler procedere ulteriormente con la mediazione avviata .rifiutando un’offerta congrua e satisfattoria delle sue richieste..

Avulsa dal contesto riparativo in tale ipotesi,il potere discrezionale del Giudice consentirebbe,comunque,di applicare l’attenuante quando,con la partecipazione al programma riparativo l’eventuale risarcimento del danno (totale o parziale),anche tramite un’offerta reale,la riparazione dell’offesa nelle forme dell’attenuazione o dell’elisione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato e tutto quanto emerga a favore dell’imputato,potrebbe essere riconosciuto ai fini della pena.

In caso contrario,la graduazione della pena potrebbe derivare dalla applicazione sia della circostanza impropria (art. 133 CP)oppure dalla circostanza propria (ossia quale una delle altre due ipotesi di cui all’art.62 n.6 CP)oppure come circostanza indefinita (art.62bis CP).

Da ultimo va sottolineato che,allo scopo di incoraggiare il ricorso ai programmi riparativi,il Legislatore ha previsto che “l’accesso ai programmi di giustizia riparativa è assicurato ai soggetti che vi hanno interesse con le garanzie previste dal presente decreto ed è gratuito” (art.43, comma 3) e che (comma 4) “l’accesso ai programmi di giustizia riparativa è sempre favorito, senza discriminazioni e nel rispetto della dignità della persona. Può essere limitato soltanto in caso di pericolo concreto per i partecipanti, derivante dallo svolgimento del programma”.

A tal fine,nella norma procedurale dell’art.129 bis CPP, è previsto che,ai fini dell’invio ai Centri per la giustizia ripartiva,Il Giudice valuti, per un verso,che (se) lo svolgimento di un programma di giustizia riparativa possa essere utile alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato per cui si procede e, al contempo, il rischio che il programma possa comportare un pericolo concreto per gli interessa ti e per l’accertamento dei fatti.

Infine,con una previsione analoga in ambito penitenziario,la normativa ha previsto,all’art 44, primo comma D.Lgs, che “il programmi di giustizia riparativa disciplinati dal presente decreto sono accessibili senza preclusioni in relazione alla fattispecie di reato o alla sua gravità”,ma anche “prima dell’eventuale proposi zione di querela,durante l’esecuzione di una pena o misura di sicurezza, dopo la loro esecuzione o l’eventuale intervenuta causa estintiva” (art.44, commi 2 e 3).

Conclusioni

In definitiva,sebbene la valutazione del Giudice non imponga allo stesso di avvalersi del richiamato potere di diniego né di motivare la sua scelta, in caso di mancata attivazione del percorso ripartivo,non si verifica per il procedimento ripartivo alcuna nullità,né speciale né di ordine generale,non essendo compromesso alcuno dei diritti e delle facoltà elencati all’art.178, lett. c) CPP.

Tuttavia,nel silenzio della legge,non essendo stato espressamente previsto l’accesso al programma quale diritto assoluto delle Parti,occorrerebbe introdurre l’impugnabilità dell’Ordinanza di diniego,oggi esclusa dalla Suprema Corte, anche sul piano della legittimità della norma dell’art.129 bis a causa della disparità di trattamento delle Parti,che costituisce il vero ostacolo alla piena attuazione della Riforma della Giustizia Riparativa.


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