Con l'ordinanza n.25410/2024 la Corte di Cassazione fa chiarezza in merito alla ripartizione dell'onere della prova tra committente e appaltatore che chiede il pagamento del corrispettivo
Martedi 22 Ottobre 2024 |
Il caso: Tizio conveniva avanti al Tribunale Caio per chiedere la restituzione della somma di £ 54.680.000, che deduceva di aver corrisposto al convenuto per la fornitura e messa in opera di piante ornamentali, lamentando che il lavoro non era stato completato e che alcune piante non erano attecchite; nel contempo Caio otteneva un decreto ingiuntivo per ottenere il saldo del pagamento per i medesimi lavori, producendo le relative fatture; concesso il decreto ingiuntivo,Tizio proponeva opposizione, sostenendo che le prestazioni non erano state eseguite.
Riuniti i due procedimenti, il Tribunale adito accoglieva l’opposizione proposta da Tizio, revocando il decreto ingiuntivo opposto.
La Corte d’appello di Firenze, in parziale accoglimento del gravame proposto da Caio, condannava Tizio al pagamento in favore dell’appellante della somma di € 17.016,87 a titolo di saldo per le prestazioni svolte, ritenendo che:
il contratto si era risolto consensualmente tra le parti;
non era chiaro il contenuto delle obbligazioni contrattuali e, in difetto di prova di un comportamento colpevole dell’appaltatore, il committente era tenuto a corrispondere il compenso per le opere eseguite dall’appaltatore.
Tizio ricorre in Cassazione, deducendo la violazione e la falsa applicazione degli artt. 116 c.p.c., 2697 c.c., 1453 c.c., 1176 c.c., in relazione all’art.360, comma 1, n. 3 c.p.c.:
- la Corte d’appello ha apoditticamente affermato che non vi era prova del comportamento colpevole dell’appaltatore, condannando il committente al pagamento dell’intera prestazione;
- la decisione sarebbe contraria al principio sull’onere della prova statuito dalle Sezioni Unite, con sentenza n. 13533/2001, in applicazione del quale, graverebbe sull’appaltatore l’onere della prova del corretto adempimento: nel caso di specie, Caio non avrebbe fornito la prova dell’adempimento della prestazione, né dell’impossibilità sopravvenuta della sua esecuzione.
La Cassazione, nel ritenere fondate le censure, osserva quanto segue:
a) le conclusioni della Corte d’appello non sono coerenti con l’affermazione dell’assenza di chiarezza delle prestazioni perché, solo dopo l’individuazione dell’obbligo contrattuale, è possibile accertare se sussista o meno inadempimento;
b) dette conclusioni si pongono, inoltre, in contrasto con il principio generale che governa il contratto con prestazioni corrispettive, secondo cui la parte che chiede in giudizio l'esecuzione della prestazione a lui dovuta non deve essere a sua volta inadempiente, ma deve offrire di eseguire la propria prestazione, se le prestazioni debbono essere eseguite contestualmente, ovvero deve dimostrare di avere esattamente adempiuto la propria obbligazione, se essa, come avviene per l'appaltatore, precede l'adempimento di pagamento del corrispettivo cui la controparte è tenuta;
c) da quanto premesso discende il seguente principio di diritto: “L'appaltatore che agisca in giudizio per il pagamento del corrispettivo pattuito ha l'onere di provare di avere esattamente adempiuto la propria obbligazione, cioè di avere eseguito l'opera conformemente al contratto ed alle regole dell'arte, integrando tale adempimento il fatto costitutivo del diritto di credito oggetto della sua pretesa”.