Nella sentenza n. 15304 del 17 luglio 2020 la Corte di Cassazione chiarisce quale sia l'onere probatorio a carico dell'appaltatore nel caso di recesso del committente dal contratto di appalto.
Giovedi 6 Agosto 2020 |
Il caso: Il Tribunale di Cuneo dichiarava che tra il Condominio beta e l'impresa Alfa era stato concluso un contratto di appalto dal quale il Condominio era receduto ex articolo 1671 c.c. e rigettava la domanda di condanna del Condominio al risarcimento del danno.
Contro la sentenza proponeva appello l'impresa Alfa lamentando che il Tribunale non aveva provveduto alla liquidazione equitativa del danno ex articolo 1226 c.c., dal medesimo patito; si costituiva in giudizio il Condominio, assumendo che l'impresa non aveva dimostrato ne' le spese sostenute, ne' i lavori eseguiti, ne' il mancato guadagno.
La Corte d'Appello accoglieva in parte l'appello e, nello specifico, accoglieva la domanda di indennizzo per lucro cessante: per la Corte di merito è notorio che la parte contrattuale che subisca l'interruzione di un rapporto in essere venga privata dell'utile che dall'esecuzione del contratto le sarebbe derivato, ove controparte non dimostri (come nella specie) un aliunde perceptum; riconosceva quindi in favore dell'impresa la percentuale del 10% del corrispettivo imponibile dell'appalto, e cio' analogamente a quanto previsto in materia di appalti pubblici.
Il Condominio ricorre in Cassazione per la riforma della sentenza di secondo grado, lamentando:
- violazione delle norme che regolano l'onere della prova;
- nonche' violazione del principio di vicinanza della prova ex articolo 2697 c.c., in relazione all'affermazione secondo cui sarebbe stato onere di parte convenuta dimostrare l'aliunde perceptum dell'impresa.
Per la Suprema Corte il motivo è fondato: in materia di appalto è orientamento costante che:
a) in ipotesi di recesso unilaterale del committente dal contratto d'appalto, ai sensi dell'articolo 1671 c.c., grava sull'appaltatore, che chiede di essere indennizzato del mancato guadagno, l'onere di dimostrare quale sarebbe stato l'utile netto da lui conseguibile con l'esecuzione delle opere appaltate, costituito dalla differenza tra il pattuito prezzo globale dell'appalto e le spese che si sarebbero rese necessarie per la realizzazione delle opere, restando salva per il committente la facolta' di provare che l'interruzione dell'appalto non ha impedito all'appaltatore di realizzare guadagni sostitutivi ovvero gli ha procurato vantaggi diversi;
b) la Corte distrettuale ha, viceversa erroneamente affermato, mediante l'apodittico richiamo al fatto notorio, che la (non altrimenti provata) sussistenza dell'an del pregiudizio dovrebbe ritenersi dimostrata non gia' in ragione della prova offerta dall'appaltatore, bensi' della mancata allegazione da parte del committente dall'aliunde perceptum.