Nella sentenza n. 25164/2020 la Corte di Cassazione affronta nuovamente le problematiche del risarcimento del danno biologico e del danno morale quale categoria autonoma e dei presupposti per la personalizzazione del danno.
Mercoledi 30 Dicembre 2020 |
Il caso: Tizio conveniva dinanzi al Tribunale di Trieste la societa' di Assicurazione, quale impresa designata dal Fondo di garanzia per le vittime della strada, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patiti in conseguenza di un sinistro stradale nel quale l'attore, mentre circolava a piedi, veniva investito da un autoveicolo poi risultato rubato ed il cui conducente non era stato identificato.
Il Tribunale rigettava la domanda attorea, che la Corte d'Appello, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva e, sul piano del quantum debeatur,
liquidava il danno alla persona applicando le tabelle di Milano;
aumentava l'importo riconosciuto per invalidita' permanente del 25 per cento, a titolo di personalizzazione del danno, sul presupposto della "indubbia impossibilita' (per la vittima) di cimentarsi in attivita' fisiche";
infine, accordava un'ulteriore somma a titolo di danno morale, ritenendo che le "sofferenze di natura del tutto interiore e non relazionale" fossero "meritevoli di un compenso aggiuntivo al di la' della personalizzazione prevista per gli aspetti dinamici compromessi" e liquidando equitativamente 20.000,00 Euro, "valutate le circostanze del caso e l'indubbia sofferenza derivata".
La società assicuratrice ricorre in Cassazione, lamentando:
a) la violazione degli articoli 1223, 1226, 2056 e 2059 c.c.. in quanto la Corte d'Appello erroneamente ha accordato alla vittima la c.d. personalizzazione del risarcimento del danno alla salute in assenza di qualsiasi circostanza di fatto che la giustificasse e in violazione dei principi stabiliti dalla giurisprudenza di legittimita';
b) la violazione degli articoli 1223, 1226, 2056 e 2059 c.c.: in quanto erroneamente la Corte di Appello ha accordato all'attore l'importo di 20.000,00 Euro a titolo di danno morale, in assenza dei presupposti stabiliti dalla giurisprudenza di legittimita' per la liquidazione di questo tipo di danno: in particolare, la sentenza impugnata ha liquidato il danno alla salute in base alle tabelle milanesi, che sono tuttavia fondate su un sistema che "incorpora" nel valore monetario del singolo punto di invalidita' anche il pregiudizio morale, si' che la Corte territoriale ha finito per liquidare quest'ultimo due volte.
La decisione della Cassazione.
Quanto al motivo di cui sub a), la Corte, nel ritenere fondato il motivo di impugnazione, osserva quanto segue:
1) la "personalizzazione" del risarcimento del danno alla salute consiste in una variazione in aumento (ovvero, in astratta ipotesi, anche in diminuzione) del valore standard del risarcimento, per tenere conto delle specificita' del caso concreto; la L. n. 124 del 2017 - che ha modificato gli articoli 138 e 139 Codice delle assicurazioni private-discorre espressamente di incidenza rilevante su specifici aspetti dinamico- relazionali;
2) questi ultimi devono consistere in circostanze eccezionali e specifiche, sicche' non puo' essere accordata alcuna variazione in aumento del risarcimento standard previsto dalle "tabelle" per tenere conto di pregiudizi che qualunque vittima che abbia patito le medesime lesioni deve sopportare, secondo l'id quod plerumque accidit, trattandosi di conseguenze gia' considerate nella liquidazione tabellare del danno;
3) la personalizzazione del danno quindi deve trovare giustificazione nel positivo accertamento di specifiche conseguenze eccezionali, ulteriori rispetto a quelle ordinariamente conseguenti alla menomazione, e non puo' quindi costituire lo strumento per ovviare alla carenza di prova in punto di danno alla capacita' lavorativa, tanto piu' che la lesione alla capacita' di lavoro generica e' ricompresa nell'ambito delle conseguenze ordinarie del danno alla salute;
4) peraltro, l'evidenziata impossibilita' di compiere determinati atti fisici a causa dell'invalidita' residuata al sinistro costituisce proprio l'ubi consistam del danno biologico "standard”.
Quanto al motivo di cui sub b), la Corte, nel ritenere il motivo parzialmente fondato, osserva:
- gia' da tempo è stato affermato da questa Corte, il principio della autonomia del danno morale rispetto al danno biologico, atteso che il sintagma "danno morale" 1) non e' suscettibile di accertamento medico-legale; 2) si sostanzia nella rappresentazione di uno stato d'animo di sofferenza interiore, che prescinde del tutto (pur potendole influenzare) dalle vicende dinamico-relazionali della vita del danneggiato;
- pertanto, in caso di positivo accertamento dell'esistenza (anche) del danno morale, il giudice dovrà determinare il quantum risarcitorio applicando integralmente le tabelle di Milano, che prevedono la liquidazione di entrambe le voci di danno, ma erroneamente pervengono all'indicazione di un valore monetario complessivo (costituito dalla somma aritmetica di entrambe le voci di danno).
Decisione: la sentenza viene cassata con decisione nel merito, riconoscendo al danneggiato la complessiva somma di 162.815,00 Euro a titolo di danno biologico e di danno morale (di cui Euro 46.476,00 per inabilita' temporanea ed Euro 116.339,00 per invalidita' permanente), in applicazione delle tabelle milanesi,alla luce dei criteri sinora indicati, con conseguente eliminazione delle poste di danno relative alla personalizzazione (Euro 29.084,75), perche' non spettante, e al danno morale (Euro 20.000,00), poiche' gia' ricompreso, quest'ultimo, nel valore monetario indicato dalle suddette tabelle.
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