Con la Riforma Cartabia è stato introdotto dal D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150,dopo l’art. 129 cod. proc. pen., un ulteriore articolo, vale a dire l’art. 129-bis cod. proc. pen., volto a regolare l’accesso ai programmi di giustizia riparativa.
Mercoledi 6 Settembre 2023 |
a. La norma introdotta
1. In ogni stato e grado del procedimento l'autorità giudiziaria può disporre, anche d'ufficio, l'invio dell'imputato e della vittima del reato di cui all'articolo 42, comma 1, lettera b), del decreto legislativo attuativo della legge 27 settembre 2021, n. 134, al Centro per la giustizia riparativa di riferimento, per l'avvio di un programma di giustizia riparativa.
2. La richiesta dell'imputato o della vittima del reato di cui all'articolo 42, comma 1, lettera b) del decreto legislativo attuativo della legge 27 settembre 2021, n. 134, è proposta personalmente o per mezzo di procuratore speciale.
3. L'invio degli interessati è disposto con ordinanza dal giudice che procede, sentite le parti, i difensori nominati e, se lo ritiene necessario, la vittima del reato di cui all'articolo 42, comma 1, lettera b), del decreto legislativo attuativo della legge 27 settembre 2021, n. 134, qualora reputi che lo svolgimento di un programma di giustizia riparativa possa essere utile alla risoluzione delle questioni derivanti dal fatto per cui si procede e non comporti un pericolo concreto per gli interessati e per l'accertamento dei fatti. Nel corso delle indagini preliminari provvede il pubblico ministero con decreto motivato.
4. Nel caso di reati perseguibili a querela soggetta a remissione e in seguito all'emissione dell'avviso di cui all'articolo 415 bis, il giudice, a richiesta dell'imputato, può disporre con ordinanza la sospensione del procedimento o del processo per lo svolgimento del programma di giustizia riparativa per un periodo non superiore a centottanta giorni. Si osservano le disposizioni dell'articolo 159, primo comma, numero 3), primo periodo, del codice penale, e dell'articolo 344 bis, commi 6 e 8, nonché, in quanto compatibili, dell'articolo 304.
5. Al termine dello svolgimento del programma di giustizia riparativa, l'autorita' giudiziaria acquisisce la relazione trasmessa dal mediatore.
b. La Relazione illustrativa
A commento della norma introdotta dal decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, la Relazione Illustrativa chiarisce che la disposizione introdotta prevede che, quando è in corso un procedimento penale, deve essere l’autorità giudiziaria ad avviare lo svolgimento di un programma di giustizia riparativa alle parti che ne abbiano interesse: l’imputato e la vittime di reato.
La sede naturale per collocare la disciplina è parsa dunque il libro secondo e, in particolare, il capo dedicato ai provvedimenti del giudice: se l’articolo 129 prescrive al giudice di attivarsi, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo, per il proscioglimento dell’imputato, il nuovo articolo 129 bis stabilisce che il giudice debba, su richiesta o anche di propria iniziativa, inviare i soggetti interessati – ossia l’imputato o l’indagato e la vittima del reato, ove individuata – al Centro per la giustizia riparativa di riferimento (cioè quello del luogo o altro indicato dal giudice stesso)
Tale invio può essere disposto anche nel corso delle indagini preliminari e,in questa fase, la valutazione viene affidata al pubblico ministero, che è l’unico a disporre del fascicolo e a poter attivarsi d’ufficio.
Proprio per evitare qualsiasi dubbio interpretativo con riguardo ai momenti di passaggio, si è introdotta apposita previsione – l’art. 45 ter – nelle disposizioni di attuazione che individua il giudice competente in ordine all’accesso alla giustizia riparativa.
Con riguardo al procedimento, la norma prevede che il giudice, in seguito all’emissione dell’avviso di cui all’articolo 415 bis – e, durante le indagini, il pubblico ministero – senta necessariamente le parti e i difensori nominati e, solo ove lo ritenga necessario, la vittima del reato definita nella disciplina organica (!!!)
La scelta si giustifica con la necessità di non appesantire eccessivamente il procedimento onerando il giudice della ricerca della vittima e della sua audizione (!!).
L’autorità giudiziaria dovrà disporre l’invio – con provvedimento motivato – al Centro per la giustizia riparativa quando reputi che lo svolgimento di un programma di giustizia riparativa possa essere utile alla risoluzione delle questioni derivanti dal fatto per cui si procede e non comporti un pericolo concreto, sia per gli interessati, che per l’accertamento dei fatti.
In quest’ottica, andrà escluso l’accesso alla giustizia riparativa quando la prova non sia stata ancora cristallizzata, ad esempio perché la vittima del reato è una fonte di prova dichiarativa decisiva, che rischierebbe di essere alterata proprio dal confronto con l’imputato.
Nei soli casi in cui il procedimento abbia ad oggetto un reato perseguibile a querela soggetta a remissione,si prevede un meccanismo sospensivo a richiesta dell’imputato.
La sospensione del procedimento ex articolo 129 bis comma 4 c.p.p. deve essere comunque richiesta dall’imputato – anche perché determina la sospensione del decorso del termine di prescrizione – e potrà essere disposta quando il giudice accerti che vi sono effettivamente le condizioni per uno svolgimento proficuo del programma di giustizia riparativa.
Viene peraltro fissato un termine massimo di sospensione pari a centottanta giorni.
All’esito del programma, l’autorità giudiziaria deve acquisire la relazione redatta dal mediatore di cui dovrà tener conto in ambito processuale, nei limiti di utilizzabilità stabiliti nella disciplina organica.
c. Un approfondimento sintetico della norma
La norma introdotta si commenta da sé e merita un approfondimento.
Nel primo comma è disposto che, in “ogni stato e grado del procedimento l’autorità giudiziaria può disporre, anche d’ufficio, l’invio dell’imputato e della vittima del reato al Centro per la giustizia riparativa di riferimento, per l’avvio di un programma di giustizia riparativa”.
Orbene, per “vittima di reato” deve intendersi “la persona fisica che ha subito direttamente dal reato qualunque danno patrimoniale o non patrimoniale, nonché il familiare della persona fisica la cui morte è stata causata dal reato e che ha subito un danno in conseguenza della morte di tale persona”,
L’autorità giudiziaria può disporre l’invio dell’imputato e della vittima del reato al Centro per la giustizia riparativa di riferimento dalle indagini preliminari sino al giudizio di cassazione” (M. GIALUZ, Per un processo penale più efficiente e giusto. Guida alla lettura della riforma Cartabia. Profili processuali, 2/11/2022, in sistema penale.it, p. 16) e nel “primo caso, procederà il pubblico ministero, per la semplice ragione che è il soggetto che conosce il fascicolo e può dunque effettuare la valutazione sulla sussistenza dei presupposti indicati nel terzo comma” (M. GIALUZ, op. cit., p. 16) mentre, durante il processo, la competenza spetta al “giudice che procede, il quale viene opportunamente specificato dal nuovo art. 45-ter disp. att. c.p.p.: a seguito dell’emissione del decreto di citazione diretta a giudizio sarà il giudice per le indagini preliminari fino a quando il decreto, unitamente al fascicolo, non è trasmesso al giudice a norma dell’articolo 553, comma 1, c.p.p.; dopo la pronuncia della sentenza e prima della trasmissione degli atti a norma dell’art. 590 c.p.p., provvede il giudice che ha emesso la sentenza; durante la pendenza del ricorso per cassazione, provvede il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato” (M. GIALUZ, op. cit., p. 17).Quanto appena esposto, infine, può avvenire pure d’ufficio, e quindi non è necessariamente richiesta un’apposita istanza di parte.
Quindi, ove la richiesta – affinché l’imputato e la vittima del reato siano avviati al Centro per la giustizia riparativa di riferimento per l’avvio di un programma di giustizia riparativa – sia formulata da uno di questi, nel caso in cui sia prospettata dal legale di costoro, non è sufficiente la nomina, essendo per contro necessario il conferimento di un’apposita procura speciale, “venendo in rilievo un diritto personale, rispetto al quale la parte – sia essa la vittima o la persona indicata come autore dell’offesa – è chiamata a esprimere dinanzi al mediatore, e non all’Autorità giudiziaria, un consenso personale, libero, consapevole, informato ed espresso in forma scritta, da raccogliere prima di avviare il programma” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, Rel. n. 2/2023 del 5/01/2023, p. 319).
Il comma terzo dispone che l’“invio degli interessati è disposto con ordinanza dal giudice che procede, sentite le parti, i difensori nominati e, se lo ritiene necessario, la vittima del reato di cui all’articolo 42, comma 1, lettera b), del decreto legislativo attuativo della legge 27 settembre 2021, n. 134, qualora reputi che lo svolgimento di un programma di giustizia riparativa possa essere utile alla risoluzione delle questioni derivanti dal fatto per cui si procede e non comporti un pericolo concreto per gli interessati e per l’accertamento dei fatti” (primo periodo), fermo restando che nel “corso delle indagini preliminari provvede il pubblico ministero con decreto motivato” (secondo periodo).
Dunque, compete al Giudice(o al Pubblico Ministero)“valutare, in positivo, se il programma di giustizia riparativa sia utile alla risoluzione delle questioni derivanti dal fatto di reato ed escludere, in negativo, che l’invio possa comportare pericolo concreto per gli interessati o frustrare l’acquisizione della prova in funzione dell’accertamento dei fatti” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 321), fermo restando che, stante il principio di tassatività delle impugnazioni, non è possibile proporre alcun rimedio impugnatorio avverso siffatto provvedimento atteso che il precetto normativo in esame non ne prevede alcuno.
Ad ogni modo, a “dispetto dell’apparente perentorietà dell’invio, non si tratta (…) che di un’autorizzazione, posto che la vittima e l’imputato possono senza dubbio rifiutarsi di iniziare il programma: in attuazione di consolidati principi internazionali, il d.lgs. n. 150 chiarisce, per un verso, che il consenso alla partecipazione ai programmi di giustizia riparativa si atteggia a canone fondamentale (art. 43, comma 1, lett. d) e, per altro verso, che esso è «personale, libero, consapevole, informato ed espresso in forma scritta», nonché «revocabile anche per fatti concludenti» (art. 48, comma 1)” tenuto conto altresì del fatto che, “in forza della clausola di chiusura generale dell’art. 58, comma 2, d.lgs. n. 150, «la mancata effettuazione del programma, l’interruzione dello stesso o il mancato raggiungimento di un esito riparativo non producono effetti sfavorevoli nei confronti della persona indicata come autore dell’offesa»” (M. GIALUZ, op. cit., p. 17).
Sempre contando su una amichevole composizione,nel successivo comma,la norma dispone che, nel “caso di reati perseguibili a querela soggetta a remissione e in seguito all’emissione dell’avviso di cui all’articolo 415-bis, il giudice, a richiesta dell’imputato, può disporre con ordinanza la sospensione del procedimento o del processo per lo svolgimento del programma di giustizia riparativa per un periodo non superiore a centottanta giorni”.
Va da sé che la norma in esame presuppone che il giudice abbia già deciso di avviare le parti presso i centri di riferimento e sia stato già individuato un programma da svolgere, sulla bontà del quale, evidentemente, il giudice non si pronuncia” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 323).
Ad ogni modo, la “sospensione del procedimento ex articolo 129-bis comma 4 c.p.p. deve essere comunque richiesta dall’imputato – anche perché determina la sospensione del decorso del termine di prescrizione – e potrà essere disposta quando il giudice accerti che vi sono effettivamente le condizioni per uno svolgimento proficuo del programma di giustizia riparativa” (così: la relazione illustrativa).
Infine la stess norma stabilisce che al “termine dello svolgimento del programma di giustizia riparativa, l’autorità giudiziaria acquisisce la relazione trasmessa dal mediatore”...“di cui dovrà tener conto in ambito processuale, nei limiti di utilizzabilità stabiliti nella disciplina organica” (così: la relazione illustrativa), fermo restando che siffatta acquisizione si pone “in linea con quanto previsto, più in generale, nella disciplina organica della giustizia riparativa agli artt. 57 e 58 del d.lgs. n. 150 del 2022, laddove si stabilisce che, al termine del programma, viene trasmessa all’Autorità giudiziaria procedente una relazione redatta dal mediatore contenente la descrizione delle attività svolte e dell’esito riparativo raggiunto” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 324)
Nella fase di prima applicazione della nuova normativa, la Suprema Corte ha sancito,in senso restrittivo,che “L’omesso avviso in ordine alla facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa contemplato dall’art. 419, comma 3-bis, cod. proc. pen. non è motivo di nullità del procedimento” (v Corte di Cassazione -sez. VI pen.- sentenza n. 25367 del 9-05-2023).
All’imputato, su sua richiesta, veniva applicata una pena a norma dell’art. 444 e seguenti cod. proc. pen.
Avverso il provvedimento con cui era applicata la pena appena menzionata, proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato il quale deduceva la nullità conseguente alla violazione degli artt. 129~bis e 419, comma 3-bis, cod. proc. pen., sostenendo all’uopo che, che a seguito delle modifiche apportate dalla riforma “Cartabia“, il giudice avrebbe dovuto valutare la possibilità di disporre l’avvio di un programma di giustizia riparativa,facoltà esercitabile anche d’ufficio in base alla nuova previsione contenuta all’art. 129-bis cod.pen., fermo restando che, in ogni caso, l’imputato avrebbe dovuto ricevere l’avviso in ordine alla facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa.
Il ricorso proposto è stato ritenuto dalla Suprema Corte manifestamente infondato.
In particolare, gli Ermellini, dopo avere fatto presente che le nuove previsioni contenute all’art. 129-bis e 419, comma 3-bis, cod. proc. pen. non contemplano alcuna ipotesi di nullità nel caso di mancata applicazione, evidenziavano come l’art. 129-bis cod. proc. pen., nel prevedere la possibilità che il giudice disponga d’ufficio l’invio delle parti ad un centro per la mediazione, si limiti a disciplinare un potere – essenzialmente discrezionale – riconosciuto al giudice, senza introdurre espressamente un obbligo di attivarsi, atteso che l’opzione circa la sollecitazione del procedimento riparativo è dettata da una serie di valutazioni che attengono alla tipologia del reato, ai rapporti tra l’autore e la persona offesa, all’idoneità del percorso ripartivo a risolvere le questioni che hanno determinato la commissione del fatto, trattandosi di una valutazione che non impone al giudice di avvalersi del richiamato potere, né di motivare la sua scelta.
In conseguenza,nel caso di mancata attivazione del percorso ripartivo, non è configura bile alcuna nullità, né speciale, né di ordine generale, non essendo compromesso alcuno dei diritti e facoltà elencati all’art. 178, lett. c), cod. proc. pen..
Sempre per i giudici di piazza Cavour, ad analoghe considerazioni si deve pervenire pure in relazione all’omesso avviso in ordine alla facoltà di accedere ai programmi eli giustizia riparativa contemplato dall’art. 419, comma 3-bis, cod. proc. pen. visto che siffatta norma non prevede alcuna nullità speciale per il caso in cui l’avviso venga omesso, né può ritenersi che l’omissione vada a ledere il diritto dell’imputato di accedere a tale forma di definizione del procedimento, tanto più se si considera che l’avviso ha solo una finalità informativa e, peraltro, si inserisce in una fase in cui l’imputato beneficia dell’assistenza difensiva, con la conseguenza che dispone già del necessario presidio tecnico finalizzato alla migliore valutazione delle molteplici alternative processuali previste dal codice, ivi compresa quella di richiedere l’accesso al programma di giustizia riparativa.
La Cassazione ha anche aggiunto che la deduzione della nullità della sentenza per una violazione intervenuta prima della formulazione della richiesta di patteggiamento, esuli dalle ipotesi rispetto alle quali l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. consente la proposizione del ricorso in Cassazione.
In definitiva,pur riconoscendo che l’art. 419, co. 3-bis, cod. proc. pen. dispone che l’“imputato e la persona offesa sono altresì informate che hanno facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa”,la Cassazione ha chiarito ,in mnaiera lapidaria, che siffatta norma non prevede alcuna nullità speciale per il caso in cui l’avviso venga omesso, né può ritenersi che l’omissione vada a ledere il diritto dell’imputato di accedere a tale forma di definizione del procedimento.
In conseguenza il ricorso è stato dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
d. Conclusioni
Sin qui una norma destinata a suscitare ampi commenti ed interpretazioni spie in relazione al potere discrezionale dei Magistrati di consentire all’imputato l’accesso ai programmi di Giustizia Riparativa.
Va,comunque,sottolineato il ruolo marginale e non essenziale assegnato dalla norma introdotta alla Vittima di Reato ai fini della decisione dell’A.G. di procedere ad una mediazione penale nell’ambito della lesione dei propri diritti ma ancor più che l’intero procedimento è privo di parametri di valutazione del danno e di calcoli tabellari per stabilire,nella trattativa con l’imputato, se sussistano ed in quale misura i margini di una qualche disponibilità ad una Giustizia veramente Riparativa e non pretesto per inutili quanto dolorose discussioni.