Il proprietario non ritira il cane e non paga il centro cinofilo: conseguenze

Il proprietario non ritira il cane e non paga il centro cinofilo: conseguenze

Mevio si rivolge a Caio (titolare di un Centro cinofilo) perché curi l’addestramento dei suoi due cani di razza concordando il corrispettivo dell’addestramento in € 4.000,00 (, comprensivo del costo della pensione degli animali per il periodo strettamente necessario all’addestramento), ed un ulteriore corrispettivo per ogni giorno di permanenza degli animali, successivo all’addestramento, presso la pensione del Centro Cinofilo, a titolo di pagamento del sostentamento quotidiano e dell’igiene dei cani.

Lunedi 7 Luglio 2025

Caio comunica telefonicamente a Mevio di avere terminato il periodo di addestramento invitando Mevio a ritirare i cani e a corrispondere il corrispettivo pattuito. Mevio ritira solo uno dei due cani lasciando l’altro cane presso il Centro Cinofilo per mesi, rendendosi irreperibile e facendo ritirare anche il secondo cane quasi un anno dopo senza ancora pagare il corrispettivo richiesto. Inevitabile la chiamata in giudizio da parte di Caio.

Mevio nel costituirsi in giudizio eccepisce che il prezzo concordato per l’addestramento era pari a € 2.000 ( non a 4000) e che non era stato pattuito un importo per l’eventuale soggiorno degli animali al di fuori del periodo di addestramento. Non solo. Mevio contesta un inadempimento contrattuale di Caio (addestratore) poiché i cani non risultavano addestrati.

Il Tribunale di Teramo (sent. n.653/2025) accoglie la domanda dell’addestratore. Nessun dubbio si palesa in virtù delle allegazioni ed escussione testi, circa il quantum dell’importo pattuito e non corrisposto da Mevio che è quello lamentato dall’addestratore cinofilo.

Rimane da accertare l’eccepito inadempimento di quest’ultimo come eccepito dal cliente Mevio. Il Tribunale sottolinea come in spregio ad un principio di buona fede la giustificazione del rifiuto di versare il corrispettivo viene resa all’addestratore cinofilo solo in occasione del giudizio e non in occasione dell’attività posta in essere allo scopo di conseguire l’esecuzione spontanea del contratto e sul punto vi è giurisprudenza a conforto (Cass. n. 36295/2023; Cass. n. 22353/2010; Cass. n. 7528/2009; Cass. n. 10506/1994).

Non risulta che Mevio abbia mai formulato contestazioni o riserve sull’attività svolta dal centro cinofilo e dunque dall’addestratore Caio il quale, invece, a fronte dell’allegazione tardiva di inesattezza della prestazione, fornisce o adeguata prova contraria.

Un passaggio importante della sentenza è il richiamo ad alcune deposizioni testimoniali dalle quali emerge come sia stata rappresentata la necessità per il proprietario Mevio di svolgere non solo un periodo di affiancamento insieme all’addestratore ma di proseguire nell’addestramento di quanto appreso anche in epoca successiva a quanto fatto presso il centro Cinofilo onde evitare la perdita delle nozioni acquisite. Sul punto il cliente (Mevio) nulla ha potuto dedurre e non ha dimostrato di aver posto in essere tali raccomandazioni.

Disattesa quindi l’eccezione di inadempimento sollevata dal cliente Mevio, questi viene condannato al pagamento della somma di € 11.2000 (di cui € 4.000 per l’attività di addestramento e € 7.200 per ulteriore permanenza di un animale presso il centro). Le spese di lite seguono la soccombenza.

Una personale considerazione.

La vicenda fa tornare alla mente, senza volere fare alcun accostamento al caso deciso dal Tribunale di Teramo, le non infrequenti ipotesi di cani “abbandonati” presso allevamenti, pensioni, canili, pubblici o privati, e mai più ritirati. Vicende che dovrebbero riguardare anche il codice penale in taluni casi.

In altre parole, “lasciare” un cane davanti ad un canile o comunque presso un luogo istituzionalmente deputato a prendersene cura può configura una ipotesi di reato e in particolare quella di cui all’art. 727 del codice penale? O dovrebbe prevalere l’argomentazione per cui proprio la consegna del cani a chi se ne può prendere cura dimostrerebbe l’assenza di un ritenuto abbandono rilevando anzi, al contrario, un sentimento di empatia e una sensibilità lodevole?

Ebbene la Corte di Cassazione penale ha avuto modo di affermare (sentenza n. 49471/2022 ) che la condotta dell’abbandono dell’animale domestico si sostanzia nel distacco volontario dell’animale che, specie se trattasi di cane e in particolare di giovanissima età, rischia di mettere a repentaglio la possibilità di sopravvivenza del cane stesso. L’elemento soggettivo del reato sarebbe da individuarsi nella libera e cosciente volontarietà dell’abbandono, rilevatrice di indifferenza verso l’animale da parte di chi lo ha abbandonato. Personalmente -come ho già avuto modo di affermare- tali affermazioni le riconduco, con il massimo rispetto, ad una sorta di ormai anacronistico catechismo giuridico.

Andando più indietro nel tempo troviamo un caso nel quale l'imputata aveva affidato due cani di sua proprietà presso una struttura privata, pagando le prime mensilità contrattualmente previste sospendendo i successivi pagamenti ignorando le sollecitazioni a ritirare i cani. Sempre per la Corte di Cassazione penale l'abbandono si configura quando l'animale si trovi sprovvisto di custodia e cura ed esposto a pericolo per la sua incolumità. E' evidente che questa situazione di abbandono non può ravvisarsi nel solo comportamento del proprietario che affidi il suo cane ad una struttura o allevamento privato, il quale, sulla base di uno specifico contratto oneroso, assuma verso il proprietario l'obbligazione di custodire e curare l'animale e di evitare i pericoli per la sua incolumità, provvedendo anche, in caso di bisogno, alle necessarie prestazioni sanitarie ed ai mezzi terapeutici. E neanche la sospensione del pagamento del corrispettivo o il non avere ritirato il cane possono fare ipotizzare l’abbandono. Si tratta unicamente di inadempimento contrattuale che non autorizza la struttura affidatario ad abbandonare il cane a se stesso.

Argomentazioni quelle della Corte giuridicamente corrette laddove si consideri ancora un cane come un oggetto. Auguriamoci che il nuovo e tanto ammirato assetto normativo penale porti a conclusioni differenti.

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