Reato di spaccio di lieve entità: sì alla messa alla prova

Reato di spaccio di lieve entità: sì alla messa alla prova

La Consulta, con la sentenza n. 90, depositata lo scorso primo luglio, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 168-bis cod. pen., nella parte in cui non consente la sospensione del procedimento con messa alla prova, per il reato di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti, qualificato di lieve entità, previsto dall'art. 73, comma 5, del T.U., stupefacenti.

Venerdi 4 Luglio 2025

Le questioni che hanno portato alla sentenza de qua, sono state sollevate dai Tribunali di Padova e di Bolzano che hanno censurato, in combinato disposto, l'art. 168-bis, primo comma, cod. pen., l'art. 550, secondo comma, cod.proc.pen., e l'art. 73, comma 5, del Testo Unico stupefacenti, come modificato dal D.L. n. 123 del 2023, il quale ha innalzato le sanzioni per il reato di piccolo spaccio, prescrivendo la reclusione da sei mesi a cinque anni, in luogo dei quattro anni previsti in precedenza. In tal modo, si è fissato un massimo edittale superiore alla soglia richiesta per l'ammissione alla messa alla prova previsto dall'art. 168-bis cod. pen.

Ricordiamo brevemente che la messa alla prova prevede la sospensione del procedimento penale nella fase decisoria di primo grado per i reati puniti con la pena massima di quattro anni di reclusione, trasformando la pena base, su richiesta dell'interessato, in attività riparative del danno commesso alla comunità. Terminato il periodo di prova, se l'esito è positivo, il reato si estingue altrimenti il procedimento riprende.

Il Decreto Caivano, innalzando le sanzioni per il reato di piccolo spaccio ha precluso, per i “piccoli” spacciatori, la possibilità di evitare il carcere. Per i Tribunali rimettenti, l'effetto preclusivo sotteso alle norme censurate violerebbe, anzitutto, la finalità rieducativa della pena perchè non consentirebbe, all'imputato, di riparare alla propria condotta attraverso un programma appositamente elaborato che riduca il pericolo di reiterazione dell'illecito.

Inoltre, vi sarebbe una ingiustificata disparità di trattamento rispetto al reato di istigazione dell'uso illecito di sostanze stupefacenti ( di cui all'art. 82 del T.U. stupefacenti), il quale nonostante sia sanzionato con una pena detentiva maggiore, rispetto al piccolo spaccio, rientra tra le fattispecie per cui può essere disposta la messa alla prova, essendo inserita tra i “ casi di citazione diretta a giudizio”, di cui al comma secondo dell'art. 550 cod. proc.pen.

La Corte Costituzionale chiarisce, anzitutto, che i giudici rimettenti censurano, nel combinato disposto con gli artt. 168-bis, primo comma, cod. pen. e 550, comma 2, cod. proc. pen., anche l'art. 73, comma 5, T. U. stupefacenti ma, quest'ultima disposizione, è estranea e non pertinente al contenuto delle questioni in esame, che non riguardano l'entità sanzionatoria del reato di piccolo spaccio in sé considerata.

Né il Tribunale di Padova né quello di Bolzano, infatti, contestano la conformità a Costituzione della "nuova" cornice edittale dello spaccio di lieve entità, ma solamente la conseguenza che, dall'innalzamento del massimo edittale della pena detentiva per esso prevista, ne è derivata: vale a dire la preclusione della messa alla prova. Di conseguenza, le questioni aventi ad oggetto l'art. 73, comma 5, T.U. stupefacenti sono quindi inammissibili, perché non è su questa norma che i rimettenti dirigono le loro censure di illegittimità costituzionale. Entrambi i giudici ritengono che l'esclusione della messa alla prova per il reato di piccolo spaccio integri un vulnus agli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost., rimediabile con una pronuncia additiva, che aggiunga, alla lettera c) dell'art. 550, comma 2, cod. proc. pen., il riferimento allo spaccio di lieve entità accanto al reato di istigazione all'uso illecito di sostanze stupefacenti, stante la presunta omogeneità tra le due fattispecie delittuose.

Tuttavia, osserva la Consulta, l'accoglimento delle questioni così come formulate, renderebbe applicabile alla fattispecie criminosa in questione l'intera disciplina processuale del rito semplificato della citazione diretta a giudizio, in luogo del solo istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova: “il petitum è, quindi, eccedente rispetto alla reale portata delle questioni sollevate dalle ordinanze di rimessione”, si legge in sentenza. Come più volte precisato dalla giurisprudenza costituzionale, il petitum dell'ordinanza di rimessione “ha la funzione di chiarire il contenuto e il verso delle censure”, ma non vincola la Corte, la quale, “ove ritenga fondate le questioni, rimane libera di individuare la pronuncia più idonea alla reductio ad legitimitatem della disposizione censurata” (ex multis, sentenze n. 138, n. 90 e n. 12 del 2024).

L'intervento che consente di rimuovere il denunciato vulnus costituzionale consiste in una pronuncia additiva che inserisca il riferimento al reato di spaccio di lieve entità nella norma che prevede, in via generale, i limiti di applicabilità dell'istituto della messa alla prova (l'art. 168-bis, primo comma, cod. pen.), a cui va, pertanto, limitato l'oggetto delle questioni sollevate.

Per la Consulta, il sovvertimento della scala di disvalore segnata dalle comminatorie edittali, considerato che si tratta di ipotesi di reato omogenee in rapporto ai beni protetti, è privo di giustificazione alla luce della finalità dell'istituto della messa alla prova ( la quale disegna un percorso rieducativo e riparativo, alternativo al processo) e della funzione della fattispecie attenuata dello spaccio di lieve entità. Di conseguenza, l' ammissibilità alla messa alla prova per il più grave reato di istigazione all'uso illecito di sostanze stupefacenti e non per quello di piccolo spaccio si traduce in una violazione dell'art. 3 Cost.

Va, dunque, dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 168-bis, primo comma, cod. pen., nella parte in cui non consente la sospensione del procedimento con messa alla prova per il reato di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti qualificato di lieve entità.

Allegato:

Corte Costituzionale sentenza 90 2025


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