Una cagnolina viene sottoposta a sterilizzazione praticata in regime di day hospital. Subentrano complicazioni post-operatorie cui segue un severo peggioramento delle condizioni di salute dell’animale che hanno come epilogo la scelta dell’eutanasia.
Giovedi 10 Luglio 2025 |
Il proprietario della cagnolina chiede i danni al veterinario che ha eseguito la sterilizzazione. Il veterinario non avrebbe eseguito una accurata visita pre-operatoria; avrebbe omesso l’acquisizione del consenso-informato e della predisposizione della scheda riguardante la procedura anestesiologica e chirurgica; non avrebbe cooperato con i veterinari che si sono succeduti nelle cure dell’animale; avrebbe sbagliato nella somministrazione dei farmaci post-operazione oppure nel cambio di terapia.
Dal canto suo il veterinario sostiene l’assenza del nesso causale tra il proprio operato e il decesso della cagnolina.
Il Tribunale di Lodi con la sentenza n.300/2025 affronta questioni rilevanti e soprattutto oggi ricorsive nei contenziosi riferibili alla malpratica veterinaria. A partire dal consenso informato ritenendo la giurisprudenza riferita alla medicina umana, per analogia dei presupposti e dei beni giuridici tutelati, applicabile anche in medicina veterinaria. A parere di chi scrive un punto sicuramente importante avere riconosciuto tale analogia.
Come anticipato, il proprietario della cagnolina tra le rivendicazioni ha quella della violazione del consenso informato non specificando se tale violazione avesse inciso sotto il profilo del pregiudizio alla salute o della violazione del diritto all’autodeterminazione. Come noto, nel primo caso il proprietario dell’animale, se correttamente informato, avrebbe evitato di far sottoporre il proprio animale all'intervento subendo le conseguenze invalidanti.
Si tratta di una autonoma fonte di responsabilità qualora dall'intervento scaturiscano effetti lesivi per l’animale, per cui nessun rilievo può avere il fatto che l'intervento medesimo sia stato eseguito in modo corretto. Sarà il proprietario dell’animale a dovere necessariamente dimostrare che se fosse stato adeguatamente informato avrebbe rifiutato quel determinato intervento.
Nella seconda ipotesi - violazione all’autodeterminazione- a causa del deficit informativo il proprietario dell’animale subisce un pregiudizio diverso dalla lesione del diritto alla salute concretizzatosi nel non aver potuto adeguatamente e liberamente autodeterminarsi. A causa dell’omessa o incompleta informazione non ha potuto scegliere, in modo meditato, se eseguire l’intervento, se scegliere di sopportare le conseguenze derivanti dalla scelta di non effettuare alcun intervento, il luogo ove eseguire l’intervento chirurgico poi effettuato, i medici dai quali farsi operare, i tempi dell’intervento nonché la possibilità di elaborare la necessità del predetto intervento.
Chiarisce il Tribunale che in tale ipotesi la mancanza di consenso può assumere rilievo a fini risarcitori benché non sussista lesione della salute o se la lesione della salute non sia causalmente collegabile alla lesione di quel diritto.
Laddove il proprietario dell’animale dovesse eccepire la violazione del consenso informato sarà il veterinario a dovere provare di aver fornito un’informazione completa ed effettiva sul trattamento sanitario e sulle sue conseguenze.
Tornando alla vicenda esaminata dal Tribunale di Lodi emerge come il proprietario della cagnolina pur lamentando una violazione del consenso informato non abbia precisato se rivendicasse un pregiudizio alla salute o della autodeterminazione. Non solo.
Il Tribunale chiarisce che pur in presenza di un’informazione sicuramente non adeguata da parte del veterinario non avendo questi dimostrato di aver fornito al proprietario della cagnolina formazioni relative ai rischi dell’intervento, circostanza non sanabile dal fatto che l’intervento sia stato regolarmente eseguito, non può ritenersi risarcibile alcun danno in re ipsa, pena una illegittima e non consentita sovrapposizione tra evento di danno e conseguenza dannosa risarcibile. Invero la proprietaria della cagnolina non avrebbe dimostrato che conosciuti i rischi dell’intervento di ovarioisterectomia (tra questi la a morte del proprio animale) con certezza si sarebbe astenuta dal prestare il proprio consenso.
La domanda della ricorrente è però carente sotto altri profili. Emerge infatti dalla istruttoria espletata che la cagnolina era stata sottoposta ai necessari interventi pre-operatori. Parimenti appare superata la contestazione concernente la mancata predisposizione della scheda chirurgica/anestesiologica. Inficiata per testi la circostanza dedotta dalla ricorrente secondo cui il veterinario avrebbe negato la propria collaborazione ai colleghi che si sono succeduti nelle cure della cagnolina.
Dunque il Tribunale afferma che anche volendo considerare l’inadempimento del veterinario la domanda risarcitoria non è meritevole di accoglimento in ragione della assoluta genericità delle allegazioni concernenti il profilo del nesso di causalità nonché della mancanza di prova circa la stessa sussistenza di tale nesso.
Ed è questo il punto più importante della sentenza che ci permette di riprende un concetto assai utile in tema di azioni volte a fare accertare una malpratica veterinaria (o medica in generale).In questi casi il danneggiato (qui il proprietario della cagnolina) deve dimostrare l’esistenza del nesso causale tra la condotta del medico ed il danno di cui chiede il risarcimento, onere che va assolto dimostrando con qualsiasi mezzo di prova che la condotta del sanitario è stata, secondo il criterio del “più probabile che non”, la causa del pregiudizio alla salute.
Nel caso in esame la proprietaria delle cagnolina scrive che non è dato sapere se il veterinario abbia sbagliato ad effettuare l’intervento ovvero abbia sbagliato nella somministrazione dei farmaci post-operazione, ovvero nel cambio di terapia chiedendo a tale fine una CTU che però il Tribunale ritiene esplorativa.
Infatti, si legge in sentenza, che la ricorrente non ha rilevato nelle analisi pre-operatorie la presenza di valori ostativi all’intervento di sterilizzazione o tali da richiedere un diverso approccio terapeutico; non ha contestato la correttezza delle terapie pre e post operatoria somministrate alla cagnolina; l’ecografia eseguita presso il P.S. veterinario non ha rilevato anomalie nel quadro addominale; manca una diagnosi precisa della patologia; tra l’esecuzione dell’operazione da parte del veterinario e l’evento morte è intervenuta l’attività di altri veterinari sicché non è possibile escludere che nella sequenza causale sia intervenuto un elemento autonomamente idoneo a determinare l’evento.
Le considerazioni svolte portano ad un rigetto della domanda risarcitoria con condanna alla rifusione delle spese legali del veterinario.